Alti e bassi nella rassegna "Trapassatoefuturo" della compagnia Emit Flesti: convincente sotto ogni aspetto il "Rosencrantz e Guildenstern sono morti"; forzato "Sarò padre" di e con Marco Berlanda.
Due atti unici di Raffaele Viviani rappresentano la magra sopravvivenza del popolo dei "bassi" partenopei: valido l'allestimento e ottima l'interpretazione di Tato Russo e la sua compagnia.
La rilettura della tragedia di Euripide ad opera di Giovanni Raboni: un'operazione colta, fatta di una scenografia minimale e un testo decodificabile solo cogliendone allusioni e reminiscenze. Uno spettacolo difficile ma poetico ed inquietante.
L'origine dell'universo e della vita, da un testo dell'astrofisica Margherita Hack. Poeticamente riusciti i video-interventi della stessa scienziata, il resto è spesso un'occasione mancata.
Buona l'idea della rivisitazione critica del romanzo di De Amicis: ma nonostante la buona recitazione tutto resta nel limbo delle buone intenzioni, senza filo conduttore e un minimo di chiarezza nel messaggio.
Il dramma di Eschilo, nell'allestimento del Teatro Stabile del Friuli, riproposto fedelmente eppur attualizzato: un vero evento, un momento di grande cultura.
"Gerusalemme, omaggio a Mario Luzi", una bella iniziativa, che su un tema impegnato ha attivato collaborazioni preziose, prima di tutte quella della mattatrice Anna Proclemer. Bene, anche se va rilevato che il risultato scenico non è stato sempre all'altezza.
Un continuo, intrigante, talora eccessivo rimando a Stanley Kubrick l'"Amleto in farsa tragedia" di Ugo Chiti. Grande talento del regista e della compagnia, in un lavoro che sarebbe esemplare se non fosse sovraccarico.
Nel ricordo della fabbrica della morte, l’elegia operaia di Andrea Brunello. In un Teatro Sociale colmo di pubblico commosso ma disertato dalle autorità.
Di forte impatto la coinvolgente traduzione anche multimediale (con musica e coro) del Faust di Goethe degli Stabili di Genova e del Veneto. Un miracolo teatrale, attoriale e pure tecnologico.
La Fondazione Teatro Due di Parma ripresenta il lavoro di Peter Weiss su Auschwitz: storie e testimonianze, ma soprattutto una discesa negli abissi dell'animo.
"Il ponte di San Luis Rey" visto da Poli: ovviamente dissacrante, smaliziato, financo cinico, con l'amarezza dietro l'angolo. A scapito dell'introspezione di Thornton Wilder: ma adattare è anche tradire.
"Questi fantasmi" di De Filippo rappresentato con piacevole professionalità (e con istanti da autentico manuale da teatro) dalla compagnia di Silvio Orlando.
Nonostante l'eccezionale bravura della compagnia, l'ultimo lavoro di Eimuntas Nekrosius, "La primavera", risulta deludente. Anzi noioso, quando non demenziale.
Caratterizzata dal grande, puntiglioso lavoro sulla lingua (italiano colto e toscano popolare), decisamente convince la versione del lavoro di Shaw da parte Teatro Stabile di Catania.
"La nave fantasma" su una delle tragedie delle carrette del mare: tanto impegno civico, ma al contempo eccessi di prolissità ed esuberanza anche clownesca.
Tirature 06. Milano, Il Saggiatore, 2006. Gigi Zoppello, La notte della Sloi. Trento, Obliquamente, 2005. Michela Marelli e Andrea Brunello, Sloi machine. Trento, UCT, 2005.
"Prima pagina", di Ben Hecht e Charles Mac Arthur, sulla stampa cinica: cose risapute e battute vorticose ma inconsistenti. Ed è un peccato, perchè gli attori (Gianmarco Tognazzi e la Compagnia delle Indie Occidentali) offrono una buona prova.
Il "Vuoti a rendere" di Maurizio Costanzo: una serie di banalità televisive, una carrellata di triti rimpianti. Propinati a Paolo Ferrari e Valeria Valeri, che si meriterebbero molto di meglio.
Pippo Delbono e la sua ultima, difficile sfida: trasferire nel cinema il suo teatro, fattp delle vicende e della presenza scenica di "attori" presi dalle strade e dai manicomi. Un azzardo; ma riuscito.
Il testo di Warren Adler dimostra i suoi limiti di scontatezza. E in questi casi, un'ottima messa in scena (di Ugo Chiti) e un'ineccepibile recitazione (Zanetti e Lattuada) possono ben poco...
Intenso, poetico lavoro di Castelli su storia e memoria, della propria famiglia e della guerra.. L'artista trentino, qui affabulatore originale (rispetto a Marco Paolini) ha raggiunto una piena maturità. Pubblico convinto e commosso.
"Musica, maestro" di Loredana Cont messa in scena dalla "Filogamar" di Cognola, un bell'esempio del tradizionale teatro amatoriale trentino: dispositivi comici più che collaudati, ma risultato fresco e vivace.
La riscrittura in chiave contadina della Bibbia della pur benemerita Arca Azzurra Teatro non convince. Al di là della stucchevole ricerca dello scandalo (da parte della stampa locale) per un seno nudo.
Il "Galileo" versione Antonio Calenda (regista) e soprattutto Franco Branciaroli (interprete) fa sempre riflettere su scienza e potere; un teatro della parola che comunque riesce ad avvincere lo spettatore.
Brachetti è attore e mago dilettante, bravo trasformista e straordinario teatrante di strada. E il suo spettacolo è molto leggero, se ne esce con il sorriso sulle labbra.
Leo Gullotta, dismessi i tristi panni del televisivo Teatro del Bagaglino, si dimostra, nel lavoro pirandelliano, attore colto e di talento. Buono questo lavoro del Teatro Eliseo: tutti bravi e simpatici. Forse troppo?
Da discutere se si tratta di teatro da stagione di prosa, per il resto "Infinita", spettacolo clownesco sull'infanzia e l'estrema vecchiaia, diverte, appassiona, commuove.
All'interno dello stimolante contro-festival dell'Economia, la messa in scena, ad opera del circolo Wallenda del racconto di Herman Melville "Bartlbey lo scrivano", efficace esempio di messaggio anti-produttivista.
“4.48” allo Spazio Off di Trento: per venti spettatori una riuscita via di mezzo tra performance e teatro, un esempio di spettacolo di nicchia che dovrebbe poter confrontarsi con le produzioni extra-regionali.