Laborfonds: la grande illusione
Il fondo pensione regionale, la differenza fra la rosea propaganda e la grigia realtà: era meglio il TFR
Nei Consigli Comunali di Trento e Bolzano non se n’è mai discusso, poco anche in quelli provinciali, eppure il problema riguarda decine di migliaia (122.000 iscritti) di famiglie che da Laborfonds si aspettano quella integrazione dalla quale dipenderà il loro benessere quando cesseranno di lavorare. Non mancano invece i comunicati trionfalistici di Pensplan, la società che gestisce i fondi pensione: “I rendimenti medi a lungo termine dei fondi pensione sono superiori alla rivalutazione del TFR! - hanno annunciato giulivi il presidente di PensPlan Tappeiner e l’assessora regionale Stocker - Il risparmio ai fini previdenziali conviene agli iscritti ai fondi pensione regionali”.
Ahimè, non è così. I nostri illustri rappresentanti giocano con le cifre. Che ci dicono invece un’altra realtà: se i lavoratori, invece di aderire al fondo regionale si fossero tenuti il Trattamento di fine rapporto (TFR), ci avrebbero guadagnato. “Il rendimento medio conseguito da Laborfonds dall’inizio ad oggi risulta pari al 3,18%, mentre la rivalutazione media del trattamento di fine rapporto è stata dell’1,86%” - specificano i due. Sbagliato. I nostri si confondono. I dati reali, ricavati dalle loro stesse pubblicazioni oltre che dall’annuario Istat, sono quelli che pubblichiamo in tabella.
Laborfonds Bilanciata | Prudente Etica | Dinamica | Garantita | Tfr | |
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31/03/08 | 12522 | 10000 | 10000 | 10000 | 12522 |
31/03/11 | 13599 | 10793 | 10434 | 10984 | 13579 |
rendimento composto | 2,8 | 2,6 | 1,44 | 3,18 | 2,74 |
Laborfonds Bilanciata | Tfr | |
---|---|---|
31/03/01 | 10525 | 10525 |
31/03/11 | 13599 | 14187 |
rendimento composto | 2,6 | 3,03 |
Come si vede, la linea bilanciata, che conta la stragrande maggioranza degli aderenti (79%), ha realizzato dall’inizio, cioè dal 2001, non il 3,18% come si pretende (vedremo poi da dove salta fuori questo dato), ma il 2,6%: nettamente inferiore alla rivalutazione del TFR garantita per legge, che nello stesso periodo è pari al 3,03% (indice inflazione più 1,5% di interesse annuo) e non 1,86% come sostengono Stocker e Tappainer. Ma chi glieli fa i calcoli?
Indicativo il fatto che a dieci anni il rendimento della linea bilanciata è inferiore a quello a tre anni, il quale addirittura abbraccia un periodo di crisi. Ciò corrisponde ad una tendenza che non si vuole ammettere, ma che è ampiamente provata dall’esperienza ormai pluriennale dei fondi comuni d’investimento: nel lungo termine i risultati degli investimenti mobiliari decrescono. E per le pensioni è il lungo termine quello che conta.
Solo se ci concentriamo (erroneamente) unicamente sugli ultimi anni, 2008-2011, vediamo che Laborfonds ha praticamente lo stesso rendimento del TFR, 2,8 contro 2,74.
Nelle tabelle poi sono riportati i rendimenti delle varie “linee” - dinamica, garantita, etica - in cui Laborfonds si è ulteriormente diversificata. Da pochi anni, per cui i risultati (riferiti al solo triennio 2008-2011) sono poco indicativi; ma su cui è possibile fare qualche ragionamento.
La linea dinamica dovrebbe essere quella che, al prezzo di un maggior rischio, punta a far ottenere la massima rivalutazione del capitale: obiettivo fasullo, come ampiamente dimostrato per i normali fondi comuni d’investimento. E anche Laborfonds/dinamica non fa eccezione: nell’ultimo triennio il rendimento è fallimentare: un misero 1,44%, di molto inferiore all’inflazione.
La linea prudente etica - sulla quale sono state alimentate speranze etico-ambientali che avrebbero dovuto far conseguire buoni risultati - consegue un rendimento del 2,6%, leggermente inferiore a quello della bilanciata.
E infine la linea garantita, cioè investimenti in prodotti finanziari (quasi) sicuri a breve periodo, scontando una redditività inferiore. E invece, con un rendimento del 3,18% nel triennio, si dimostra il più redditizio. Dunque il rischio può essere anche inversamente proporzionale al rendimento. La verità è che nell’investimento finanziario - soprattutto quando si attraversano periodi di crisi - regole certe non esistono.
A proposito, ecco da dove spunta il 3,18%: nel comunicato di Stocker-Tappainer sarebbe “il rendimento medio conseguito dagli aderenti al fondo pensione Laborfonds dall’inizio ad oggi”. Bravi! Prendono il rendimento per tre anni della linea (minoritaria) che ha conseguito il miglior risultato, e lo spacciano per rendimento medio per dieci anni dell’insieme del fondo. Complimenti.
Ho forse sbagliato i miei calcoli? O sono sbagliati i dati forniti da Pensplan? Ci vorrebbe una risposta convincente, perché dai dati forniti sorge spontanea una domanda: da questa gente chi comprerebbe - come si diceva una volta - un’auto usata? Mah... E chi gli affiderebbe i soldi della pensione?
La riforma pensionistica
Laborfonds nasce dalla (contro)riforma pensionistica della metà degli anni ‘90, che vietava l’investimento immobiliare ed obbligava la destinazione di tutti i contributi pensionistici nei mercati finanziari globalizzati, affidando esclusivamente a società di gestione internazionali la scelta degli investimenti.
Di fondi un po’ me ne intendo, sia per conoscenze professionali, sia per essere uno dei pochi che li ha seguiti dal1970 inpoi. Quando Laborfonds uscì, non potei che unirmi alla denuncia di coloro che sostenevano che i fondi integrativi costituivano la truffa finanziaria del secolo, il cui unico fine - alimentare in modo continuativo il circuito finanziario con redditi da lavoro per socializzare le perdite - non nulla ha a che fare con la previdenza complementare. I risultati, dopo 10 anni, sono quelli che abbiamo illustrato.
Eppure il mondo della finanza, come ovvio, tende a difendere questi suoi prodotti. Alla fine del 2010, Laborfonds è salito all’onore delle cronache per essere stato premiato quale miglior fondo italiano da una rivista finanziaria europea che si occupa di fondi pensione.
Dai dati visti emerge chiaramente che il premio come miglior fondo italiano non è stato dato certo per i rendimenti conseguiti, anche perché uno studio della Rivista Il Mondo, pubblicato il 10-12-2010 fra i 10 fondi pensionistici con patrimonio superiore ai 500 milioni di euro, vedeva Laborfonds piazzato all’ottavo posto.
Allora perché questo premio? La motivazione ufficiale è: “L’innovativo modello di gestione reso operativo da aprile2010”.
E vediamo in cosa consiste questo innovativo modello di gestione.
Black Rock
I gestori finanziari vengono ridotti da 6 a2. Ci sarà un gestore passivo e un gestore attivo. Il gestore passivo Eurizon Capital (gruppo Intesa) amministrerà il 60% del capitale e avrà lo scopo di replicare il benchmark. Vale a dire dovrà impegnarsi a conseguire i rendimenti medi di mercato.
Il gestore attivo-tattico, Black Rock, amministrerà invece il 40% del patrimonio da investire e il suo obiettivo sarà addirittura di battere i rendimenti del benchmark nella linea bilanciata e dinamica, la quale ultima gli sarà consegnata in esclusiva. Altro scopo di BlackRock, in netto contrasto con il primo, sarà di proteggere il patrimonio nei momenti difficili. Insomma alla multinazionale americana si chiede nello stesso tempo di rischiare e proteggere il capitale. Non occorre essere esperti finanziari per capire che questo modello innovativo non sta in piedi. Da una parte la drastica diminuzione dei gestori, se porterà ad un risparmio minimo delle commissioni, sarà controbilanciata da un aumento del rischio di gestione per il principio della diversificazione e dalla mancanza di concorrenzialità fra gestori.
Ma soprattutto la scelta del gestore aggressivo americano è altamente rischiosa e poco affidabile per un’analista non legato agli interessi di mercato come Mauro Bottarelli, scrittore e giornalista (Il Riformista) che nel suo Blog (ilsussidiario.net) scrive: “Lo stato dell’arte, al netto dell’ottimismo per il piano Geithner e i rimbalzi da gatto morto delle Borse, è il seguente: l’amministrazione Obama sta arricchendo a dismisura banche e fondi a spese dei contribuenti senza intervenire realmente verso quegli istituti i cui default potrebbero pregiudicare pesantemente l’intera economia mondiale.
Un esempio è quello di BlackRock, uno dei primi due enti privati che hanno aderito al piano di riacquisto degli assets tossici. Sapete qual è il motto di Blackrock? Aderire al piano Geithner per il bene dell’America e contemporaneamente scommettere contro la sua ripresa. Certo non lo troverete stampato sulla brochure informativa, ma è proprio questa la filosofia, tipica del fondo hedge, con cui Blackrock ha approcciato all’ultima mossa del Tesoro Usa per cercare di eliminare dai bilanci di banche e assicurazione gli assets (titoli) tossici che continuano a regalare perdite e svalutazioni a ogni trimestre, con conseguente necessità di intervento della Fed”.
Il pericolo del gestore unico l’ho constatato di persona come consulente di parte davanti al tribunale di Milano, dove rappresentavo un consumatore truffato da una SIM. Il gestore finanziario giornalmente esegue un grande numero di operazioni speculative in tutte le direzioni, cercando di sfruttare le tendenze del momento, in continua competizione con gli altri operatori. Alla fine della giornata fa il bilancio delle perdite e degli utili. Se il bilancio è positivo passa alla ripartizione, trattenendo la “parte del leone” come meritato compenso per sé e la società finanziaria dalla quale dipende. La fetta più grande dunque viene fatta vincere al fondo favorito (l’Alpha Fund per BlackRock - hedge fund che nel2008 haguadagnato il 41%). Il resto va nei fondi dei clienti in ordine d’importanza. le perdite vengono ripartite fra i clienti in ordine inverso.
Laborfonds per BlackRock è un piccolo cliente e niente più. Gli toccheranno le briciole degli utili. E per le perdite? Se si dovranno socializzare perdite speculative per salvare l’economia americana e rieleggere Obama, la cosa più logica è che finiscano a carico dei piccoli fondi. Come Laborfonds.
Queste sono le dure leggi della finanza. E l’esperienza ci dice che alla lunga distanza i fondi tendono a perdere non solo l’inflazione, ma anche parte del capitale. È la storia dei primi fondi lussemburghesi e quella recente dei fondi pensione americani finiti a zero. Basta un evento o un gestore truffaldino (sul mercato ce ne sono parecchi). BlackRock, a parer mio, è uno dei più pericolosi e rischiosi.
Elementi a favore
Ci sono però degli elementi a favore di Laborfonds, non a caso richiamati da Stocker e Tappainer: i vantaggi fiscali ed il contributo che il datore di lavoro versa ai propri dipendenti iscritti. Sono reali ma, in fin dei conti, bilanciati da altre spese. La tassazione c’è, eccome, è dell’11% (contro il 12,50% dei titoli) e graverà pesantemente sulla liquidazione. Oltre alla tassa ci sarà l’ulteriore aggravio (circa il 30%) in favore delle assicurazioni (su questo conta Unipol) per la conversione in pensione (a lato pubblichiamo in proposito la lettera di un pensionato). Queste due voci, purtroppo, taglieranno in gran parte i contributi dei datori di lavoro.
L’alternativa che non si è voluta
Il discorso di fondo è molto semplice. Si potevano risparmiare i costi di questi costosissimi fondi. Bastava dare ai futuri pensionati i BTP indicizzati che rendono il 100% dell’inflazione e il 2,5% d’interesse per garantire loro una buona pensione: in pratica l’1% in più del TFR rivalutato, che come abbiamo visto è già per conto suo migliore di Laborfonds. Si sarebbe sostituito l’INPS alle assicurazioni private. Ma non solo! In questo modo si sarebbe garantita una parte del debito pubblico dall’assalto della speculazione internazionale.
La cosa più semplice e meno costosa; ma in questo modo non si finanziavano i mercati finanziari e non si arricchivano i soliti noti.
La vita secondo Itas e Pensplan
“Gentilissimo Gabibbo e staff di canale 5, vi racconto quanto mi è capitato. Non lo faccio per me stesso (non posso far nulla per riavere il denaro investito), ma per mettere in guardia i giovani contro una truffa colossale, anche se apparentemente regolamentata.
Nel 1999 ho aderito al fondo pensionistico Pensplan Plurifonds, promosso dalla Regione Trentino Alto Adige, e per il quale era previsto uno stanziamento di fondi pubblici. Nel 2010 avevo raggiunto l’età (60 anni) e avevo i requisiti per andare in pensione. In questo periodo il fondo Pensplan mi spedì un documento col conteggio che riguardava l’ammontare della pensione da me accumulata fino al 31-12-2009. Fino allora avevo versato alla Pensplan circa 51.000 euro e, andando in pensione a 65 anni, l’importo a me dovuto dal fondo pensionistico era di circa 2.400 euro anni lordi. Compiendo una semplice divisone risulta che ci sarebbero voluti circa 21 anni per la restituzione dell’intero capitale da me versato (euro 51.000: euro 2.400 = 21 anni). Avrei quindi dovuto percepire la somma concordata col fondo pensionistico fino all’età di 86 anni, senza considerare gli interessi che il fondo aveva maturato sul capitale versato in 21 anni. Facendo questo ulteriore calcolo avrei dovuto arrivare a percepire il dovuto fino a circa 90 anni.
Ora, secondo l’ISTAT, un italiano di sesso maschile vive mediamente 78-79 anni. L’assicurazione ITAS di Trento, che gestisce il fondo Pensplan, calcola invece che per l’uomo la vita media sia di circa 90 anni, con 12 anni di differenza rispetto all’ISTAT!
Quando si contrae un’assicurazione sulla vita non c’è mai certezza rispetto ai futuri accadimenti. L’assicurazione che però, senza dirlo chiaramente, non si rifà all’ISTAT ma definisce la durata della vita media secondo criteri personali, pecca quantomeno di scarsa trasparenza.
Ormai io non posso fare nulla per me stesso, se non ritirare il capitale investito, perdendo peraltro molto denaro, ma, attraverso la vostra voce, vorrei avvertire i giovani che potrebbero farsi abbagliare da questa offerta rimettendoci il TFR.”
Lettera firmata