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QT n. 7, luglio 2020 Cover story

L'acqua è nostra e la gestiamo noi!

Centrali idroelettriche: acquistarle o darle in concessione? Su questa scelta cruciale il dibattito politico è quasi inesistente. Le posizioni di due consiglieri di opposizione e il silenzio della Giunta.

Il lago di Santa Giustina

Eppur si muove, verrebbe da dire rispetto al dibattito politico non proprio vibrante sulla grande questione delle concessioni idroelettriche.

Abbiamo cercato tra i politici trentini coloro che in qualche modo si sono espressi sulla materia e, magari per nostra svista di cui chiediamo anticipatamente scusa, ne abbiamo trovati solo due.

Sono Alessio Manica del Pd e Alex Marini del Movimento 5 stelle.

Con entrambi abbiamo provato ad approfondire la questione. Abbiamo ovviamente cercato anche l’assessore competente, Mario Tonina, unico ad avere in mano tutte le carte, in senso metaforico e pratico, per poter discutere questo tema. Tonina però ci ha risposto che preferisce parlare dell’argomento solo dopo che il Consiglio provinciale avrà approvato la legge sulle concessioni. Ad oggi non si sa quando il Consiglio potrà discuterne. La legge doveva essere discussa il 31 marzo. Tutto sospeso per l’emergenza Covid. Al momento si dice che se ne dovrebbe parlare a settembre, ma senza una data.

In ogni caso abbiamo provato a spiegare all’assessore-vicepresidente che le nostre domande di fatto prescindevano da quella legge, ma senza successo.

In realtà la domanda era, per il momento, una sola: la Giunta ha preso in considerazione un modello di gestione dell’acqua e dell’energia diverso da quello della concessione?

Torneremo a chiederlo all’assessore quando la legge sarà approvata. Perché non è la legge lo snodo cruciale in questa storia: è la decisione se acquistare o meno le centrali idroelettriche. Solo così possiamo superare l’obbligo di andare in concessione previsto dalle norme europee sulla concorrenza.

Avevamo detto nel giornale del mese scorso che abbiamo tempo fino al 31 dicembre di quest’anno per prendere questa decisione. In realtà si è chiarito ormai che lo stop dato dal virus ha finito per prorogare tutti i termini e quindi avremo sette mesi in più su ognuna delle scadenze del percorso originariamente previsto. Per le centrali il d-day è il 31 luglio del 2021.

Proroga per le concessioni?

Alessio Manica

A questo si aggiunge un altro tassello. Ci dice Alessio Manica: “A livello nazionale il Pd aveva presentato un emendamento da inserire nel Cura Italia, col quale di fatto si prorogavano le attuali concessioni per qualche anno. Per dare tempo alle Regioni di organizzare gli investimenti necessari e per dare certezza alle finanze locali. Emendamento che contrastava con le normative europee (l’Europa da tempo è insofferente del nostro continuo prorogare concessioni, n.d.r.) e quindi ritirato. Ma che potrebbe tornare, visto che anche a Bruxelles si stanno allentando vincoli che prima del Covid era impensabile toccare”.

Noi aggiungiamo che per tutte le Regioni, tranne le nostre Province autonome, la proroga delle concessioni significa allontanare il momento in cui metteranno le mani sui soldi dell’energia, visto che in tutte gli impianti idroelettrici principali sono ancora in mano Enel o simili. E quindi, com’era prevedibile, l’alfiere degli interessi delle Regioni del nord, la Lega, si è opposta fin dal primo momento.

Al contrario, per la nostra situazione, questo emendamento vorrebbe dire accucciarsi comodamente nel presente e allontanare il momento in cui Dolomiti Energia potrebbe perdere il controllo dell’energia idroelettrica trentina.

Io penso - afferma Manica - che l’ipotesi di proroga non sia stata abbandonata a livello nazionale e quindi la dilazione dei tempi di discussione della nostra legge provinciale sia motivata anche dal fatto che la Giunta vuole capire se a livello nazionale si apre lo spazio per la proroga”.

Le domande che abbiamo rivolto a Manica virano al pratico, perché un suo recente intervento su L’Adige ha chiarito la sua propensione per la proprietà pubblica dell’intera filiera idroelettrica. In particolare gli abbiamo chiesto se la sua è una posizione personale o del suo partito. “Quello che ho scritto sul giornale è una mia posizione - risponde - anche se ne abbiamo già discusso, ma non abbiamo ancora preso una posizione come partito. Credo che lo faremo prima di andare in aula a settembre. A mio modo di vedere gli snodi della situazione sono due. Primo: alla Giunta interessa perseguire la strada della proprietà pubblica? Secondo: per l’acquisto delle centrali, se c’è un problema finanziario, ci si può rivolgere al territorio. In Trentino si calcola che ci siano circa 10 miliardi di risparmi nelle banche: possiamo pensare ad una forma di azionariato diffuso o altre formule simili. Ma l’approccio della Giunta mi pare molto diverso. Si punta a massimizzare il ricavo che verrà dal canone di concessione e attribuire così più soldi agli enti locali. Per questo si pensa di aumentare i cosiddetti sovracanoni che vanno ai Comuni e ai BIM. Quando ne abbiamo parlato in modo informale, Tonina ha detto che lo stato di manutenzione e di aggiornamento tecnologico dei nostri impianti è ottimo e quindi non ha senso chiedere altre cose (come migliorie e adeguamenti, n.d.r) oltre al denaro”.

Secondo Manica, “l’impressione è che in questo momento di contrazione delle risorse la Giunta preferisca non impegnare i 3 o 400 milioni che servono a comprare le centrali e voglia tenersi le mani libere per altre spese. Inoltre la logica della maggioranza è a brevissimo termine: promettere soldi ai territori (una logica elettorale, più che di governo, n.d.r.). C’è infine una spinta iper-localista: ad esempio alcuni BIM, i bacini imbriferi montani, chiedono che la quota di energia gratuita, quella parte di kilowatt che la Provincia riceve gratuitamente come integrazione del canone dal concessionario, sia gestita direttamente dai territori”.

Quando però gli chiediamo se sia possibile una grande campagna per l’idroelettrico tutto pubblico, Manica pare un po’ scettico: “Pensiamo che la nostra strada verso un controllo totalmente pubblico dell’acqua abbia bisogno di tempo perché i cittadini la capiscano. Anche se è evidente il rischio dell’arrivo di concessionari che puntano solo al profitto. Cosa che poi crea problemi nella gestione di tutti gli altri usi dell’acqua. Per questo, ad esempio, nelle audizioni in commissione (la fase preliminare per la definizione del disegno di legge, n.d.r.) il professor Michele Andreaus aveva chiesto una cabina di regia permanente sul comparto. E sempre in quel contesto io ho visto un consenso trasversale sul fatto che l’attuale sistema, indirettamente pubblico, sia capace di ponderare meglio il rapporto col territorio”.

Un dibattito vitale

Alex Marini

Anche per Alex Marini, 5 stelle, quando si parla di acqua, pubblico è meglio. “L’acqua è un bene comune - esordisce -. L’acqua è legata alla civiltà umana: se pensiamo agli Assiri, ai Babilonesi o agli Egiziani e più tardi a Greci e Romani, tutte queste civiltà si sono sviluppate intorno all’acqua. Ma anche più tardi, al tempo delle potenze imperiali come Spagna, Portogallo o anche Inghilterra: hanno fondato il loro potere sugli oceani. E anche da noi, se andiamo a vedere le antiche Carte di Regola, non manca mai il riferimento all’acqua e alla sua gestione come una questione di vita e di morte. Purtroppo oggi mi pare che abbiamo perso la consapevolezza del valore dell’acqua. Il referendum del 2011 aveva suscitato un grande entusiasmo che oggi però mi pare un fuoco di paglia, se si esclude qualche esperienza isolata come Napoli. In pochi oggi difendono il diritto all’acqua. E l’acqua è collegata strettamente anche alle questioni sul cambiamento climatico: ci sono vari rapporti Onu che stimano che entro il 2030 ci sarà una riduzione delle risorse di acqua potabile del 30 o 40 per cento e tutto dipenderà da come l’acqua verrà gestita. Questo problema potrebbe riguardare direttamente anche il Trentino”.

Come si può intervenire nel processo di decisione sulla questione idroelettrica?

I tempi sono molto stretti, ma la dilazione creata dall’epidemia ci consente alcuni mesi per aprire davvero un dibattito. Io avevo chiesto al presidente del consiglio provinciale - ma mi è stato negato - un tavolo informativo sulla questione. Anche perché secondo me questa cosa va oltre le contrapposizioni maggioranza-minoranza o pubblico-privato. Bisognerebbe ragionare in una logica di gestione partecipata della risorsa idrica”.

Per partecipata Marini intende una partecipazione molto densa e stratificata: non solo i Bim o i Comuni, ma anche, ad esempio, i consorzi elettrici o le Asuc: “Queste ultime coprono il 60% del territorio trentino e hanno in mano la gestione di boschi e strade, ma sono state progressivamente definanziate e quindi non riescono a gestire bene”. A suo parere ci sono tra l’altro in Trentino alcuni ottimi esempi di quelle che chiama “infrastrutture democratiche” funzionanti. Cita il caso del Cedis, il Consorzio elettrico di Storo - forse il più longevo del Trentino perché data dal 1904 - nel quale i cittadini si identificano. Proprio quel consorzio, spiega, qualche anno fa fu il motore della prima cablatura del territorio locale che venne finanziata con i proventi della produzione idroelettrica. Inoltre ci parla delle “comunità energetiche”: “C’è una nuova direttiva dell’UE che le favorisce. E secondo i presidenti dei consorzi elettrici potrebbe essere self-executive, cioè applicabile direttamente”.

Marini si è occupato della questione idroelettrico anche dal punto di vista della trasparenza del processo decisionale. Ce lo spiega rispondendo alla nostra domanda se, come 5 stelle, appoggerebbero l’acquisto delle centrali idroelettriche: “In tutta onestà non posso rispondere. Per decisioni simili servono dati e valutazioni accurate sul potenziale danno ambientale e il possibile beneficio economico per la comunità. Io ho chiesto queste informazioni ma non mi sono ancora state fornite”. Marini si riferisce ad un’analisi commissionata lo scorso anno dalla giunta ad uno studio legale e tecnico di Milano che riguarda sia gli aspetti normativi che quelli economico-tecnici del comparto idroelettrico. I consulenti hanno consegnato un corposo rapporto e intascato per questo quasi 170mila euro. Marini ha presentato nel marzo scorso una richiesta formale di averli, ma finora non c’è stata risposta.

La domanda - riprende Marini - presuppone che io abbia dei dati e delle informazioni per poter analizzare e decidere. Ma nel momento in cui questi dati non li ho e non mi vengono consegnati, c’è un problema serio di democrazia. E si tratta di documenti di importanza strategica, fondamentali per la predisposizione dei bandi di gara. Tra l’altro chi è in possesso di quei dati può avere un vantaggio competitivo notevole perché riguardano i valori dei cosiddetti beni asciutti e i dati relativi a flussi, portate, eccetera. Da ultimo, ma molto importante, c’è il fatto che la messa a disposizione pubblica dei dati è anche presupposto per un controllo diffuso e un’azione civica dinamica che ritengo possa fare la differenza”.

La relazione nel cassetto

La diga di Costa Brunella nel Lagorai

L’anno scorso la Giunta provinciale ha ingaggiato un superstudio legale di Milano che si chiama CBA. Dal loro sito capiamo che si occupano di grandi affari per grandi committenti: multinazionali, fondi di investimento, big corporations. L’energia è tra i settori che citano tra le loro specializzazioni. Del loro lavoro, che è costato al contribuente trentino quasi 170mila euro, abbiamo quasi solo l’elenco delle riunioni svolte.

Sappiamo che la Provincia ha chiesto loro “assistenza e consulenza nelle seguenti materie: a) l’inquadramento giuridico della nuova concessione; b) gli aspetti collegati alla chiusura del rapporto in essere con il concessionario uscente; c) le regole di riassegnazione”.

Da marzo ad ottobre ci sono state riunioni, in persona o in video, tutti i mesi. L’elenco delle “prestazioni” (riunioni, consulenze, note giuridiche, presentazione di mappe e piani finanziari) è di 11 pagine fitte.

Non sappiamo chi si sia riunito con chi, anche se il documento cita APRIE (l’agenzia provinciale per le risorse idriche e l’energia) e Cassa del Trentino. Ad un certo punto dell’elenco compare una riunione fatta a Trento il 18 settembre 2019 in cui viene data consulenza per “implicazioni finanziarie della operazione di acquisto dei BNGD (le centrali idroelettriche, n.d.r.) da parte della PAT e successiva vendita al concessionario selezionato all’esito della procedura ad evidenza pubblica”.

Aggiungiamo che una parte dell’incarico è stata svolta da uno studio tecnico, Benedetti, Rossi & partners, specializzato nella valutazione di mercato di grandi impianti, infrastrutture o aziende. Più o meno dei periti valutatori di livello internazionale. Diamo per certo che abbiano valutato il costo di eventuale acquisto delle centrali.

La relazione finale dei consulenti è stata consegnata alla Provincia lo scorso autunno. Quella relazione che Marini ha chiesto di poter vedere già a marzo scorso, ma che ancora non viene consegnata.

Anche a noi piacerebbe vedere quella relazione.