Una risata vi riassumerà
"Questi fantasmi" di De Filippo rappresentato con piacevole professionalità (e con istanti da autentico manuale da teatro) dalla compagnia di Silvio Orlando.
Nel linguaggio critico più sofisticato, "mise en abime" indica un segmento narrativo testuale che, in qualche modo, rinvia alla struttura narrativa e semantica dell’intero testo, di cui fa parte. Può essere una "scena nella scena", come accade nell’Amleto, in cui i guitti convocati dal principe danese rievocano l’assassinio del re da parte del fratello usurpatore; oppure, ad esempio, spiega Lucien Dällenbach, le scene di marionette nel Wilhelm Meister (Goethe), così come la lettura rivolta a Roderick, nel Crollo della Casa Usher (Poe). Si tratta dunque di un compendio, di un concentrato tematico del testo, racchiuso e riflesso come in un frammento di specchio.
Nei venti secondi finali di Questi fantasmi! (1946), di Eduardo De Filippo, messo in scena da Armando Pugliese all’Auditorium di Trento, Silvio Orlando assume su di sé l’onere di ricapitolare l’intricato e contraddittorio agglomerato di sentimenti ed emozioni che animano l’azione drammatica, dall’inizio alla fine. Nella sua frammentata, composita, struggente risata finale l’attore riunisce in pochi attimi la speranza, la follia, la solitudine, la paura, il desiderio, l’avidità, che pervadono il personaggio da lui interpretato, così come anche gli altri e l’intera pièce eduardiana. Un vero e proprio cammeo, pochi secondi da manuale del teatro, ovviamente nel senso più nobile della definizione.
Eduardo De Filippo (1900-1984) è certamente il drammaturgo napoletano più importante del Novecento. Il suo nome si affianca a quello di altri autori ben noti, come suo padre Eduardo Scarpetta e Raffaele Viviani; ma sulla scena italiana e internazionale sembra quasi esistere solo lui, piaccia o no. Conversando con la gente di teatro, si ha infatti l’impressione che Eduardo risulti molto ingombrante, come se la sua importanza e la sua notorietà impedissero o frenassero la crescita, lo sviluppo e l’indipendenza di altri autori, di altre realtà artistiche, in campo teatrale. Probabilmente è un dato di fatto: al di fuori di Napoli e dintorni, i teatri che accolgono un autore napoletano si riempiono solo se si mette in scena un’opera di Eduardo; vale a dire che il fattore economico gioca a sfavore della scelta di programmazione. Eduardo forever, ecco il destino dell’attore teatrale napoletano, quasi una condanna. Per fortuna, nel rapporto di amore-odio, vi è anche - e molto - amore.
La versione televisiva di Questi fantasmi!, interpretata e diretta dallo stesso Eduardo per la RAI, gira ancora sia in TV che su supporto audiovisivo, e ciò rende inevitabile un confronto a distanza con qualunque successiva messa in scena. Ma insistere su un approccio comparativo costituisce un esercizio di dubbia utilità, ancorché interessante. La regia di Pugliese ha apportato alcuni ritocchi all’impostazione voluta dall’autore, a partire dalla suddivisione in due atti, e non più in tre. Del personaggio interpretato da Orlando s’è detto: va forse aggiunto che, rispetto all’interpretazione televisiva eduardiana - e rispetto al testo - la netta distinzione tra comico e drammatico, di stampo pirandelliano, sembra più sfumata, più umanizzata; ed anche le esplicite considerazioni filosofiche sulla condizione umana sembrano aver perso parte della loro carica ammonitrice, per limitarsi a rappresentare il dramma di un uomo ridotto a fantasma di se stesso, dalle difficoltà della vita, dalle smanie di agiatezza, dalla propria pochezza caratteriale.
"I fantasmi non esistono; i fantasmi siamo noi", dice Pasquale, rivolto al fantomatico prof. Santanna, suo dirimpettaio. Attraverso la sua voce disperata il testo spiega che la miseria economica può condurre alla miseria morale, alla credulità, all’incarognimento. E non vi sono vincitori: sia i personaggi maschili che quelli femminili escono massacrati dal frantoio drammaturgico, resi meschini dalla loro incapacità di decidere, dal loro annaspare per sopperire ai propri bisogni, materiali o affettivi.
In un’adeguata scenografia (Bruno Buonincontri), che tuttavia privilegia talora lo spettatore centrale rispetto a quelli laterali (accade non raramente, a teatro), da oltre un anno l’affiatato cast attoriale rappresenta con piacevole professionalità la tragicommedia di Eduardo: spicca il personaggio del portiere, impersonato dall’esperto ed efficace Tonino Taiuti, che per ragioni intrinseche al testo non di rado ruba la scena al protagonista. Meritano inoltre una menzione anche gli altri comprimari, il cui pregevole apporto appare fondamentale in una drammaturgia così particolarmente "sinfonica": Maria Laura Rondanini, inquieta ma misurata adultera; Daniela Marazita, nitida moglie ingannata; Francesco Procopio, immedesimato amante; Lello Radice, puntuale cognato; Mimma Lovoi, esilarante sorella scema del portiere; Carlo Di Maio, ben caratterizzato flemmatico facchino.