Aspettando rinforzi da oltreoceano
Mentre in Italia c’è penuria di personale medico, a Mar del Plata molti laureati in medicina sono senza lavoro.
"Vanno incentivate le nascite. Va costruito un welfare per consentire di lavorare a chiunque e avere una famiglia. Non possiamo arrenderci al tema della sostituzione etnica". Arrenderci cioè all’invasione dei “barbari”, dei lavoratori asiatici o neri. Queste le allucinanti parole del ministro dell’agricoltura e della sovranità alimentare Francesco Lollobrigida. Se osservata da questo punto di vista la questione della importazione dal Sudamerica di medici e infermieri in Trentino potrebbe apparire come un tentativo di sostituzione di immigrazione indesiderata. Ma non è così.
In primo luogo, da certi paesi storici dell’emigrazione trentina noi non avremmo soddisfazioni. Dal Brasile, secondo solo agli Stati Uniti per numero di immigrati trentini, Eraldo Stenico avvocato di Piracicaba (S. Paolo) e uomo della Trentini nel Mondo, sentito dall'Adige, ha risposto che il livello di vita dei giovani delle zone trentino-brasiliane è sufficientemente buono per non avere bisogno di emigrare. E comunque per dare la possibilità ai giovani di scegliersi i paesi in cui recarsi.
Gli stessi concetti ha espresso a noi Andrey J. Taffner Fraga, specialista in diritto costituzionale, tributario e commerciale, coordinatore dei Circoli trentini di Santa Catarina e Paranà: "Non credo che molti giovani verrebbero in Trentino a lavorare stagionalmente in agricoltura o nel turismo. C’è chi va in Irlanda, in Germania o in Spagna, ma con progetti personali".
Guarda altrove Armando Maistri, presidente della Trentini nel Mondo: "Posso fare l’esempio – ci dice – di un nostro associato che a Mar del Plata, Argentina, è preside della Facoltà di Medicina. Ci assicura che sfornano un numero di medici di cui una fetta non troverà posto sul mercato del lavoro". Maistri dice di aver contattato in Trentino Consolida, le cooperative di solidarietà che si occupano di anziani ed handicap ed anche la Cooperativa Vales di Rovereto che si sta occupando di servizi domiciliari. L’intento potrebbe essere quello di fare da tramite con la Cooperativa Soltrecha che si occupa di assistenza domiciliare nel Chaco, un centinaio di soci, quasi tutte donne. Ma certo la cosa non dovrebbe essere fatta come un tempo si era fatto coi progetti di sviluppo per le comunità trentino-brasiliane. Che erano sfuggiti di mano alla Provincia. "Di sicuro – conclude Maistri – la Provincia, per un discorso di ufficialità, dovrebbe muoversi attraverso l’Ufficio Emigrazione". Che però, ahimè, pare che il presidente Fugatti non abbia mai considerato troppo.
Dopo aver assicurato che la Provincia metterebbe a disposizione fondi per corsi di lingua italiana, il presidente ha fatto qualche passo per verificare le possibilità, ad esempio, di avvicinare lavoratori per il sistema sanitario trentino in Argentina o in altri paesi sudamericani? Il passaparola suggerisce che sarebbe in partenza un progetto multi-dipartimentale. Di cui però l’Ufficio Emigrazione e l’Associazione non sanno nulla. Una telefonata alla segretaria del dirigente provinciale che, dicono, sarebbe a capo del progetto: "È fuori per una decina di giorni" è la risposta. Se "è fuori" per cercare di approfondire questi temi, è da sperare si relazioni con entità adeguate. Che sono già interne alla macchina istituzionale.
Arriveranno comunque e per tempi lunghi gli immigrati “irregolari” in Italia ed Europa: perché impossibilitati a vivere con decenza nelle loro terre a causa di dittature, guerre, crisi climatica. Dobbiamo soccorrerli e inserirli, per quanto possibile, nel nostro sistema produttivo e nelle nostre comunità. Ma se la nostra società abbisogna di professionalità non presenti in quelle fasce di immigrazione, perché non cercare di creare i tanto citati corridoi di immigrazione legale e contrattata? Potremmo essere favoriti facendo leva su lavoratori i cui nonni e bisnonni partirono dal Trentino. Perché no?