Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 1, gennaio 2021 Seconda cover

Il Trentino a rischio

La ‘ndrangheta, il clientelismo, la politica: gli intrecci rivelati dall’operazione Perfido

NOTA PER IL LETTORE

In queste pagine vengono riportati ampi brani dell’ordinanza e stralci dalle intercettazioni. Per distinguere le fonti, abbiamo usato questi artifici grafici:

In tondo sono parole nostre.

In corsivo sono frasi del Gip o degli investigatori.

In corsivo grassetto sono intercettazioni come riassunte dai trascrittori.

In corsivo grassetto sottolineato sono parole come effettivamente pronunciate.

Un’ulteriore avvertenza: nelle intercettazioni ricorrono numerose, pesantissime, insultanti offese. Per rispetto alle persone coinvolte chiunque esse siano, abbiamo il più possibile mascherato gli insulti, compatibilmente con lo sforzo di riferire fedelmente il clima dei colloqui.

“Un progetto di inserimento criminale nel territorio trentino presuppone, oltre al controllo di importanti realtà economiche, anche quello dell’aggancio del potere politico”

Così scrive il Gip che ha rinviato a giudizio 19 presunti ‘ndranghetisti. Il giudice individua tre modalità di influenza politica: “il condizionamento delle votazioni, i contatti diretti con gli esponenti politici, il diretto inserimento (di ‘ndranghetisti) nelle amministrazioni locali”.

Secondo il Gip Marco La Ganga la locale trentina ha utilizzato tutti tre questi strumenti. E lo argomenta.

È un punto molto grave. La criminalità organizzata, nella società, è un cancro. Se riesce a condizionare il mondo politico, fino ad inserirsi al suo interno, di fatto controlla il corpo sociale; il cancro allora è arrivato alla metastasi. A che punto siamo giunti nel distretto del porfido? E nell’insieme del Trentino? Cerchiamo di rispondere a queste domande seguendo le indicazioni del giudice La Ganga. Partiamo dal primo punto, il condizionamento delle votazioni, e vediamo quelle locali, nel distretto del porfido.

Le indagini hanno platealmente messo in evidenza i condizionamenti in occasione del referendum sulla fusione dei comuni di Albiano e Lona Lases. Una votazione forse non importantissima, ma che i nostri intendevano cassare, probabilmente ritenendo di poter meglio controllare un territorio con amministrazioni frammentate. È Mario Nania, il “braccio armato” del gruppo, che fa “sentire la sua presenza unitamente ad altri soggetti calabresi nei pressi dei seggi elettorali per influenzare e indirizzare i voti”.

Fin dagli anni ‘80 alle elezioni comunali cembrane i cavatori, forti del loro potere economico, hanno sempre cercato di presentare una lista da loro controllata, in genere vincente. Questa prassi di per sé legittima, ma foriera di devastanti conflitti di interessi che da anni denunciamo (sono i Comuni che poi devono regolamentare le concessioni delle cave e le attività delle ditte), è stata in pieno assunta dai nostri ‘ndranghetisti. Giuseppe Battaglia (che abbiamo chiamato “l’amministratore delegato”, a capo della strategia economica della locale) e il fratello Pietro, sono stati consiglieri comunali e assessore (alle cave, naturalmente) in amministrazioni precedenti a quelle oggetto dell’indagine Perfido. L’indagine stessa approfondisce questi meccanismi e svela il passaggio dal punto uno (condizionamento delle votazioni) al due (contatti diretti con esponenti politici): in particolare l’ordinanza di La Ganga addebita a Roberto Dalmonego, diventato sindaco di Lona-Lases nel maggio 2018, lo scambio politico-mafioso sotteso alla sua elezione e gestito in prima persona da Pietro Battaglia. Così Battaglia discute con Mario Nania i vantaggi di diventare assessore con il sindaco Dalmonego: “Se si tratta di un ruolo per vedere i propri interessi, va bene, altrimenti non ne vale la pena…” Nania gli risponde “che può vedere anche l’interesse sulle altre cave”.

Peraltro con Dalmonego Battaglia discute anche della cosmesi della lista elettorale: “Ci sarebbe anche un suo cugino, ma non vorrebbe mettere nella lista tutti” (calabresi, spiega il trascrittore).

Il 27 maggio 2018 c’è il voto e viene eletto “proprio Roberto Dalmonego. Le intercettazioni evidenziano l’impegno di Battaglia Pietro nelle votazioni, tanto da prestarsi, anche nelle fasi immediatamente precedenti e durante le operazioni di voto, a convincere alcuni elettori, contattandoli nei bar e addirittura bussando alla porta di casa, ad andare a votare”.

Dopo l’elezione si passa all’incasso: il tecnico comunale Gualtiero Giovannini assicura che “il nuovo sindaco Dalmonego Roberto metterà a posto anche le robe di Pietro (riferendosi alla cava)”; Battaglia chiede un cambio di destinazione d’uso di un terreno per l’abitazione dei figli; si progetta una triangolazione Battaglia-Giovannini-Dalmonego per far avere a Giovannini una progettazione lavori di un appalto pubblico, e a Battaglia una commessa di cubetti di porfido; Giovannini e Battaglia, poi, si rivolgono a Dalmonego perché, per l’autorizzazione alle varianti dell’abitazione di un altro figlio di Battaglia, prema sul tecnico comunale Walter Gottardi (un tipo tranquillo, che non crea problemi assicura il sindaco). Giovannini dice che Gottardi gli ha assicurato che gli concederà tutto; chi sembra rimetterci è un confinante, tal Rino, cui verranno assegnati solo tre parcheggi, e i nostri auspicano che non rompa le balle.

Non c’è niente di particolarmente ‘ndranghetista in questi poco limpidi scambi? A nostro avviso questo è il problema: l’osmosi tra gli affiliati alla famiglia Serraino e le pratiche clientelari trentine sembra completa. Ed è il sottofondo da cui un’organizzazione criminale fa partire il controllo del territorio.

Quando il sindaco copre le brutalità mafiose

Più esplicito e brutale è il rapporto con il candidato, e poi sindaco di Frassilongo, Bruno Groff. Domenico Morello - “ufficiale di collegamento” della locale con Roma e la Calabria, nonché imprenditore dai modi spicci - e il suo sottoposto Demetrio Costantino, così mettono in chiaro le cose Una mano ve la diamo; però vedi che noi siamo tutti persone che hanno delle aziende, che possono avere delle necessità. Vedi che se poi, quando noi bussiamo, voi ci voltate le spalle, vedi che non va bene (e Morello, ricordiamolo, è stato intercettato mentre progetta pestaggi ed attentati per chi non rispetta le “sue” regole). Il sindaco Groff peraltro sa bene chi sia il suo grande elettore: Morello si vanta di aver prima minacciato con una pistola e poi averne scaricato tutti i colpi contro dei vicini per un litigio causato da motivi di parcheggio (!); quando il giorno dopo i Carabinieri sono andati da Groff, questi ha coperto Morello. Così quest’ultimo descrive il colloquio con il sindaco:

Groff: No! si sono lamentati, pure, (i carabinieri, ndr) che non è possibile che uno tiri fuori la pistola, e spara!.

Morello: E tu che gli hai detto?.

Groff: Che qua siamo in montagna!.

Morello commenta: Gli ha detto. Eh, eh, eh... (ride) .

Fa bene il ‘ndranghetista a ridere: ormai l’istituzione locale è prona ai metodi mafiosi.

Aprire le porte della politica

Ma ai nostri chiaramente non basta il Comune di Frassilongo. Così cercano di lanciare Groff in ambito provinciale, e Domenico Morello organizza una cena tra diversi affiliati e lo stesso Groff, in vista delle elezioni dell’ottobre 2018. In essa enuncia la strategia di penetrazione nel mondo politico, con il passaggio a quella che abbiamo definito la fase 3, “il diretto inserimento (di ‘ndranghetisti) nelle amministrazioni locali”. Queste le parole di Morello: È il caso di entrare nella politica… quando fanno feste nella zona di Frassilongo di non mancare, ora glielo diranno che loro hanno due giovanotti, se vorrà inserirli piano piano. (si tratta di Filippo Gioia e Vittorio Giordano, ritenuti ‘puliti’ e perciò ‘spendibili’ specifica in un altro passaggio l’ordinanza, peraltro per parte sua poco convinta della “pulizia” dei due giovani - 27 e 23 anni. Morello poi, così prosegue: Perchè si entra in un mondo, che veramente apre… di conoscenza, e veramente aprono tante porte.

Aprire le porte. Delle istituzioni, a tutti i livelli: cercare l’aggancio, la complicità. Questo il costante obiettivo dell’associazione criminale. Tralasciamo qui il versante romano, dove Morello, grazie anche a inquietanti collegamenti con la malavita locale (tra cui sodali del noto Massimo Carminati, tristemente celebre per la sua violenza, estrema eppur solo blandamente punita) cerca di rapportarsi con i piani alti della politica, su su fino alla presidenza della Regione Lazio (l’entourage di Zingaretti). Non abbiamo elementi per valutare la consistenza di questi rapporti.

Vediamo invece a livello provinciale, dove ovviamente non ci si limita ai progetti sui giovani rampolli e sul sindaco di Frassilongo, si tessono rapporti con gli esponenti attualmente in carica.

Quello più strutturato sembra con l’ex deputato del Basso Sarca Mauro Ottobre, che difatti figura tra gli indagati, come il sindaco Groff, per scambio elettorale politico - mafioso. Le intercettazioni documentano, nell’ottobre 2018, un incontro tra lui e il capo della locale, Innocenzio Macheda, cui chiede sostegno elettorale alle imminenti elezioni provinciali. Macheda così commenta: “Rossi (Ugo Rossi del Patt, già presidente della Provincia, ndr) si è rivelato molto deludente, nonostante “l’altra volta” e “noi abbiamo raccolto i voti per Mauro Ottobre” che aveva fatto una propria lista di nome AD” (Autonomia Dinamica, che però ha raccolto meno del 2%, mandando a vuoto l’interessamento di Macheda, ndr).

I voti dei calabresi. E quelli dei musulmani

Ma l’elemento della compagine calabrese che meglio si muove ai piani alti, è l’”eminenza grigia”, Giulio Carini, “vero e proprio faccendiere in grado, anche per livello professionale e culturale, di attrarre nella sua ragnatela personaggi di spicco”. Calabrese d’origine ma da lungo tempo residente ad Arco, Carini sa presentarsi, essere affabile, financo brillante, ci tiene a tenersi discosto dall’associazione, mentre invece, “pur dicendosene formalmente estraneo, è permeato di condotte ‘ndranghetiste” (viaggi in Calabria a riverire i boss, intimidazioni in Trentino verso chi lo ostacola).

Nel numero scorso lo abbiamo già visto all’opera nel tessere ampie relazioni con magistrati ed alte cariche dello Stato.

Qui lo vediamo con i politici. Con i quali mette sul piatto due pacchetti di voti, quelli dei calabresi (che gli interlocutori danno per scontato che siano da lui controllati) e - inopinatamente - degli islamici. È riuscito infatti a tessere un rapporto con Mohammed Medkouri, rappresentante della comunità islamica di Rovereto, al quale promette vantaggi per lui (il cambio dell’appartamento Itea) e per la comunità (la costruzione di un cimitero e di un centro culturale musulmano). E così anche le legittime richieste di una parte della cittadinanza finiscono nell’opaco gioco degli scambi. Emblematico un colloquio tra Carini e Medkouri del 27 settembre 2017, in cui si architetta un giro di reciproci favori: per avere commesse nella fornitura di materiali edili, Carini pensa di far convergere alle provinciali dell’anno successivo, i voti degli islamici su Pietro De Godenz (dell’Upt, il partito fondato da Dellai), con la promessa che il nuovo consigliere li aiuterà nell’acquisizione del terreno per il centro islamico: “Verso la metà di ottobre incontreranno il suo amico (De Godenz, nota del trascrittore) gli parleranno anche di questo e che sicuramente farà in modo di aiutarli, visto che poi loro lo aiuteranno alle prossime elezioni “tu devi prendere i tuoi amici per le orecchie e gli diamo il nome.

In un successivo incontro con Medkouri il numero di politici si allarga (Tiziano Mellarini e Lorenzo Dellai) e anche i toni di Carini si induriscono: “E noi facciamo così anche perché poi Mellarini sicuramente vuole andare a Roma, sicuramente. Dellai vuole andare a Roma. A noi che interessa è... c’è questo, questo, questo Piero (probabilmente De Godenz, ndr) e non so se c’è un altro che ci può interessare… Io ho bisogno di gente che se io a loro faccio un piacere poi loro devono essere pronti a risponderema guai a loro se mi dicono di no””Se tu puoi e non fai per me hai chiuso. Io sono così! E guarda che ho molti amici”.

Con De Godenz discute di strategia elettorale: “Carini è deluso da Dellai perché gli ha fatto un tiro della madonna” (non deve essergli venuto incontro in una delle sue richieste, ndr). De Godenz dice che Dellai è lassù e non laggiù con loro (zona Riva del Garda) e Carini ribatte che calabresi e musulmani ce ne sono anche su.

Altri due politici che Carini aggancia sono Mario Tonina (di Progetto Trentino, attuale vicepresidente della Giunta provinciale, assessore a Urbanistica e Ambiente) e Tiziano Mellarini (già consigliere e assessore provinciale, nonché presidente dell’Upt). Parlando con Giuseppe Tirone (primario di Chirurgia al Santa Chiara, che si è già premurato di diffidarci, tramite avvocato, dal diffondere false notizie su di lui, ma noi non possiamo non riportare ciò che è ripetutamente scritto nell’ordinanza), Carini si fa vanto “di avere contribuito all’elezione di Mellarini anche con l’aiuto dei voti dei calabresi, asserendo che potrebbe aiutarlo ancora con i voti dei musulmani di Rovereto”. A Mellarini e a Tonina Carini chiede, a più riprese, in vari incontri, due cose: che nel nuovo ospedale di Trento vengano impiegate particolari piastrelle antibatteriche da lui commercializzate; e che all’Fbk venga assunta in via definitiva sua nuora.

Le intercettazioni sollevano il velo su tentativi di corruzione sconfortanti: clientelismo spicciolo, miseri scambi voti-piaceri. Piccole illegalità, che sicuramente contribuirebbero al malfunzionamento dell’apparato pubblico; e preparerebbero l’humus per ulteriori, più gravi violenze alla legge.

Carini fa esplicite proposte corruttive: in macchina con Tirone, Tonina e Mellarini, dopo aver ancora caldamente raccomandato la nuora offre ai due politici “una casa a disposizione sul mare e precisa che in Calabria quando si dice sul mare non vuol dire vicino al mare ma che quando esci di casa tocchi l’acqua”. Tonina ringrazia e rifiuta l’invito “e dice che in questo momento non accetta”. L’offerta non è quindi accettata da nessuno dei due, ma nessuno dei due denuncia poi il tentativo di corruzione. “Carini specifica quindi a Mario che i rapporti personali sono rapporti personali e le altre cose si fa quel che si può”. I due politici poi scendono dall’auto e Carini nel salutarli rammenta il suo pacchetto di voti islamici.

Carini Giulio, rimasto solo con l’amico Tirone Giuseppe, lo esorta ad essere determinato con Simoni Andrea direttore di FBK - recita l’ordinanza: “Carini... chiede a Tirone di rompere i coglioni ad Andrea (Andrea Simoni, direttore dell’FBK, ndr) perché è importante, chiede a Giuseppe di dire ad Andrea che non... ”gli deve scassare il cazzo perché questi personaggi sono d’accordo, così guadagna qualcosa anche lui per il suo futuro. E cosa risponde il primario (quello che minaccia di querelarci)? Tirone acconsente dicendo che adesso lo farà parlare con Spinelli (l’assessore provinciale alla Ricerca, cui ora fa capo FBK, ndr) e gli parlerà anche lui, e via su questo registro, con vari insulti al direttore, cui il primario andrà a dire “di non fare il fesso e di non fare la vergine”.

Potremmo andare avanti molto ancora su questi rapporti tra il faccendiere “permeato di condotte ‘ndranghetiste” e la politica. Ma pensiamo che quanto riportato sia ampiamente sufficiente.

Probabilmente ci sarà chi non ne esce scandalizzato, e magari lo dichiara: suvvia, comportamenti del genere sono noti, e diffusi, di cosa stiamo parlando?

Per noi invece, proprio questo è il problema: è l’illegalità anche minore, ma pervasiva, accettata, da qualcuno anche difesa, l’habitat ideale per la penetrazione della grande criminalità. Le pagine dell’Operazione Perfido questo dicono: il Trentino è fortemente a rischio.