E navigar m’è dolce in questo mare...
Andrea Castelli in “Parole incrociate”
Arriva un momento della vita in cui ci si siede su una sdraio in riva al mare, in compagnia selezionata, e si lascia andare il pensiero in giro per il mondo circostante, vicino e lontano, presente, passato e futuro. È il momento delle “parole incrociate”, un dialogo pregno di domande e risposte, gravido di definizioni, enigmi svelati, che genera un effetto catartico in chi lo conduce, ma anche in chi si trova nei pressi, ad origliare. Avere davanti il “mare”, l’infinito, mobile e sempre uguale, un serbatoio di energia smisurata, aiuta a riflettere sulla finitezza e sull’imperfezione umana, sulla limitatezza dei pensieri e degli atti che ci caratterizzano, dialoganti e origlianti.
Una coppia di “antichi” sposi, scherza e ragiona, di fronte al mare, in una conversazione che si snoda placidamente, al ritmo della risacca, infrangendosi in cento rivoli sulla battigia della memoria: le perplessità dell’educatore (tale è l’insegnante impersonato da Castelli) lambiscono temi importanti e seri per la società contemporanea, ai quali la coniuge (in arte e nella vita) aggiunge i suoi commenti ora arguti ora di alleggerimento.
Un pubblico affezionato, al teatro Cuminetti, disposto a ridere sin dall’inizio, accetta e infine applaude fragorosamente uno spettacolo inusuale, privo di “azione”, scevro di ammiccamenti alla violenza verbale che imperversa dentro e fuori dai mass-media, agli antipodi di un reality-show per tonalità, arguzia e finezza. Andrea e Nicoletta si prendono il loro e il nostro tempo, con grazia, con passione e dedizione, offrendoci lo spettacolo di una meditazione a due, rappresentazione certamente pedagogica di un rapporto comunicativo vivace e vivificante, come dovrebbe essere qualunque relazione umana, nel migliore dei mondi possibili, se esistesse.