Stampa cannibale, testo prevedibile
"Prima pagina", di Ben Hecht e Charles Mac Arthur, sulla stampa cinica: cose risapute e battute vorticose ma inconsistenti. Ed è un peccato, perchè gli attori (Gianmarco Tognazzi e la Compagnia delle Indie Occidentali) offrono una buona prova.
Si ricomincia, in un Auditorium rifatto, quasi, a nuovo. E viste le modifiche strutturali consistenti, i primi ad esultare saranno gli allergici. Niente più moquette su poltrone e pavimenti, niente più raffiche di starnuti galeotti nel bel mezzo di un drammatico monologo. Pavimenti di elegante parquet, poltroncine sobrie e notevoli vantaggi per schiena e acustica.
Si comincia dicevamo. Con tanta leggerezza. In cartellone c’è “Prima pagina”, commedia con velleità sociologiche scritta da Ben Hecht e Charles Mac Arthur. Gianmarco Tognazzi, giornalista cinico ma non troppo, e Bruno Armando, nevrotico redattore di giornale, sono i due attori protagonisti della pièce ambientata nella Chicago del ’29.
La commedia ruota attorno al mondo del giornalismo cannibale fatto di ricerca ossessiva dello scoop e di nessuna considerazione per sentimenti e persone. Tutto questo è cosa risaputa, oggi così come nell’America depressa del 1929. E neppure gli altri temi trattati, l’anticomunismo feroce e la connivenza di stampa e potere, rappresentano una novità. E alla fine il vero problema di tutta la faccenda risulta essere proprio il testo di Hecht & Mac Arthur, che appare più datato degli stessi temi trattati.
La trama, poco più che un pretesto, gira a vuoto in un vortice di battute spesso inconsistenti e banalotte. Ed è un peccato, perché gli attori ce la mettono tutta per dare corpo al testo e al sottostesto. Gianmarco Tognazzi, figlio di cotanto padre, è efficace nei panni del reporter Hildy Johnson, personaggio cinico e baro ma che riesce a conservare ancora tracce di candore e ingenuità e Bruno Armando, esilarante redattore accecato dal sacro fuoco dello scoop e nevrotico al punto giusto, ruba spesso la scena agli altri attori, usando in modo magistrale voce e corpo. Stereotipata, nei dialoghi e nella resa scenica, risulta invece la figura del giornalista omosessuale interpretato da Roberto Tesconi. Sicuramente buona risulta la prova corale degli attori, a cui si aggiungono una scenografia vivace che non prevede cambi di scena e un abile gioco di luci. Voto: 6+