Metti una sera a Bolzano
Teatro: L’Otello di Autelli: ignorato a Trento, applaudito in Alto Adige
Capita sempre più spesso che per scoprire cosa si muove davvero nel teatro italiano ci si debba muovere al di fuori del Trentino. Le stagioni teatrali cominciano a volgere al termine, e i primi bilanci di pubblico e critica fanno pensare che la proposta non sia stata all’altezza delle aspettative. Specie se poi, a conti fatti, spettacoli validi o comunque interessanti li si debba cercare nei circuiti meno battuti o, come in questo caso, fuori provincia. E’ il caso, appunto, dell’Otello del giovane regista milanese Claudio Autelli, visto a metà febbraio al Teatro Studio dello Stabile di Bolzano: un lavoro senza sbavature, che usa il testo di Shakespeare come una leva potentissima per far esprimere al meglio i bravissimi attori, cinque, sempre in scena per le quasi due ore di spettacolo, in una regia che non lascia nulla al caso. Padronanza piena di tutti i linguaggi scenici, scavo intellettuale profondissimo sul testo e sui suoi temi di fondo, ma con chiavi di interpretazione e rilettura assolutamente originali. Quello che si dice uno spettacolo perfetto. Ma Autelli, passato dalle parti di Trento tre anni fa in occasione del Festival di regia teatrale Fantasio Piccoli – che ha vinto meritatamente -, sembra l’emblema di un Trentino teatralmente disattento, che propone nei suoi teatri più importanti lavori spesso mediocri, altri addirittura brutti, con rarissimi spunti di novità. Uno sguardo strabico sul teatro dei giorni nostri: non è un caso che le forze fresche più significative dei palcoscenici nazionali siano assenti dai cartelloni delle stagioni di Trento e Rovereto. E’ una colpa che si comincia a pagare: la sensazione è che il pubblico manchi dalle sale non tanto per stringere la cinghia, ma perché comincia a scegliere, e a fidarsi sempre meno di chi continua a propinargli un teatro superato, vecchio, e spesso fatto con sufficienza. Quello che non si è visto nemmeno da lontano nell’Otello di Autelli, accolto calorosamente dal numeroso e giovanissimo pubblico dello Stabile di Bolzano, e ignorato da Trento.