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QT n. 21, 9 dicembre 2006 Servizi

Sessant’anni in scena

Presente e futuro del teatro amatoriale.

Albertina Pretto

Come è lo “stato dell’arte” del teatro in Trentino? In buona salute, ma non troppo. La crescita di pubblico avvenuta nel lustro 2000-2005 va sfiorendo, dicono gli esperti. L’offerta di spettacoli e di protagonisti teatrali va aumentando, ma il pubblico non cresce. E ancora: se in passato esistevano tipi diversi di pubblico, ora gli spettatori tendono a fluttuare da una realtà teatrale all’altra. Insomma, fra i teatranti nessuno sa più dire chi sia il suo pubblico: tutti inseguono gli spettatori che vagano da un teatro all’altro, come nomadi senza platea.

Parlare del teatro che popola i nostri teatri è indispensabile, visto che in buona misura l’intero sistema si regge sul finanziamento pubblico. Le Stagioni di prosa dei Comuni e le strutture teatrali vivono grazie all’80% circa di spesa pubblica; i festival estivi, il coordinamento provinciale, i centro servizi, i teatri di gruppo e le scuole di teatro non sono da meno. Ciò accade in Trentino come nel resto del Paese. Da noi, poi, raro è il caso in cui un attore viva e lavori senza ricorrere a incentivi pubblici.

Il teatro dei filodrammatici rappresenta un’isola un po’ speciale. Per la Co.F.As. (Compagnie Filodrammatiche Associate) le entrate da botteghino sono ben superiori al contributo finanziario degli enti locali. Eppure si tratta di teatranti amatoriali: esperti di palcoscenico ma dilettanti dal punto di vista dell’impresa. La Co.F.As organizza in Trentino almeno 114 compagnie: circa 3.000 persone fra attori, registi, tecnici e accompagnatori. Attira a teatro non meno di 130.000 spettatori; organizza rassegne teatrali nelle valli; predispone dei corsi di formazione alla scenografia ed alla regia per gli associati che ne fanno richiesta; fornisce ai teatri dei Comuni periferici la compagnia con lo spettacolo più appropriato per la platea locale. Insomma, svolge un quasi-servizio pubblico di cultura teatrale popolare.

Vista la tradizione, non meraviglia quindi che la Co-F.As abbia anche una sua storia. Infatti, a metà del mese di dicembre, festeggerà un compleanno importante. Le Compagnie Associate spegneranno le 60 candeline e i festeggiamenti sono già cominciati: domenica 3 dicembre, al Centro Congressi Panorama di Sardagna, si è svolto un convegno provinciale. Tema: uno sguardo sul passato per vedere meglio il presente e muovere verso il futuro.

La manifestazione ha visto la partecipazione dei membri delle tante compagnie. Il presidente Gino Tarter ha illustrato l’odierna composizione dell’associazione: su 114 gruppi, almeno 7 sono residenti in provincia di Bolzano. La maggioranza (60%) recita in dialetto, ma negli ultimi anni circa il 40% ha optato per commedie in lingua italiana. Questa crescita del teatro amatoriale in lingua è una novità che merita attenzione. Fors’anche è il segno di una maturità del fare teatro. Nel complesso, gli spettacoli nel 2005 risultano essere stati un migliaio.

Margherita Cogo, assessore provinciale alla Cultura, ha plaudito ai traguardi raggiunti. Pur dichiarando che non sempre l’ente pubblico provinciale è adeguatamente attento al ruolo di portavoce della cultura popolare e della cultura teatrale di cui i filodrammatici sono testimoni, ha manifestato la volontà di assicurare una migliore promozione dell’associazionismo teatrale e particolarmente della Federazione con adeguati aiuti economici.

Vivo è stato l’apprezzamento per il lavoro della Co.F.As., visto come opera di mantenimento dell’identità culturale e delle tradizioni locali, di formazione dei giovani e del pubblico delle periferie ai valori dello spettacolo dal vivo. C’è però bisogno di qualità, sostiene l’assessore. Una qualità che può trovare casa anche fra i non professionisti, quando la competenza è coltivata come sinonimo di libertà delle scelte, rischio, massimo impegno, cura della prestazione culturale, acculturazione continua e quindi slancio verso l’innovazione.

Gigi Cona, ex-presidente della Co.F.As, ha presentato le prime bozze della sua fatica di studioso del passato del teatro trentino: “60 anni di Teatro per Idea”, volume che raccoglie l’itinerario delle compagnie associate e che sarà edito entro la fine dell’anno. Laura Mansini, già critico teatrale, e oggi sindaco di Caldonazzo, ha lamentato un calo di informazione nella stampa locale circa gli spettacoli dei filodrammatici. La cultura della recensione dello spettacolo va tramontando e questo è un male; la critica teatrale non deve essere riservata al teatro professionistico.

Una circostanza confermata da Antonia Dalpiaz, membro del direttivo della Co.F.As. nonché critico teatrale su un quotidiano locale. La Co.F.As. è composta da registi e attori che si impegnano a mettere in scena anche i testi più impegnativi del teatro classico del Novecento, ma nonostante questo gli sforzi compiuti ed i riconoscimenti ottenuti dal pubblico ben raramente ottengono adeguato riconoscimento.

Sul teatro amatoriale grava un onere: il richiamo a fare cassetta, a riempire la sala. Da qui la rincorsa da parte di molti a scegliere il testo che più facilmente cattura consensi, a partire da quelli dell’autorità locale e del proprietario del teatro. Più di tutti, però, Antonia Dalpiaz incita gli organizzatori ad avere coraggio, a non appiattirsi sul teatro dialettale, ad offrire al pubblico locale più generi di teatro. In parallelo, si chiede alle filodrammatiche di non esasperare l’attaccamento alla comicità dialettale di tradizione. Anche le scelte meno facili possono essere premiate, visto che il pubblico chiede sì delle belle commedie, ma “non vuole solo ridere, vuole anche emozionarsi”.

Bruno Sanguanini, sociologo e studioso del teatro, ha presentato un video su Dvd che raccoglie oltre una decina di spezzoni di scene provenienti dalle più belle commedie dialettali degli anni ’80, dalla cui analisi, accostata ad una ricerca sociologica sul pubblico fatta negli anni 1990-1991 – che interpellò circa 9.000 spettatori in sala e circa 300 attori nel dopo-spettacolo, è emerso un dato piuttosto curioso. Per uno spettatore su due, nel teatro dialettale, sul palcoscenico non c’è il protagonista, figura tipica del teatro classico di prosa. Piuttosto, c’è un attore principale, ma non si tratta di un attore, bensì del gruppo nel suo insieme. E’ il gruppo, ovvero la “comunità in scena”, il primo attore della commedia. Così, il deus-ex-machina è talvolta un “coro” ed altre volte la “sommatoria delle voci soliste”. Come a dire che è la maggioranza che è protagonista in scena. Il video, poi, esemplifica a quali battute di scena vanno gli applausi: così, si scopre un indicatore del gusto del pubblico.

E il futuro? La Co.F.As scommette sul 2007. Per la prossima primavera promette un convegno nazionale a due facce: una sul teatro contemporaneo, l’altra sul sistema teatrale trentino. L’autunno vedrà poi un convegno che si propone di individuare le strategie e gli strumenti più adeguati per lo sviluppo delle Compagnie Associate e della stessa Associazione. E intanto, fra gli obiettivi che l’assemblea di domenica ha approvato, c’è la fondazione di una scuola provinciale di teatro, finalizzata a formare le competenze a fare l’attore, il regista, lo scenografo, ma anche il comunicatore ed il gestore delle strutture teatrali.

Lo scenario delineato fa intendere che i filodrammatici trentini non galleggiano più sul tradizionalismo del dialetto e dei gesti stereotipati, come ancora sussurra chi non conosce la loro realtà dell’ultimo ventennio. Anzi. Pare invece che la “febbre del sabato sera” per lo spettacolo brillante e comicamente drammatico abbia fatto breccia anche sul loro sipario.

D’altro canto, il fatto che 3-4 compagnie su dieci vanno sperimentando il teatro in lingua è un indiscutibile segno di cambiamento. Vuol dire che ci sono una domanda e un’offerta di innovazione. Come coniugarle con la migliore qualità degli spettacoli e con le migliori competenze di registi ed attori? Senz’altro con la formazione al teatro: per i teatranti come per gli spettatori, è ovvio. Se ciò comporterà imboccare la strada della ricerca, del rischio, della sperimentazione, non vorrà dire rompere necessariamente i legami con il dialetto.

Basterà interrogarsi sulla qualità dello spettacolo dal vivo per trovare le soluzioni migliori.

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