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QT n. 1, gennaio 2009 Monitor: Teatro

Fra prosa e poesia

“Life is now” a Trento

C’è un confine immateriale ma palpabile nel teatro contemporaneo, che spesso mette in crisi e fa inceppare anche i meccanismi scenici più coraggiosi e innovativi. Il confine tra parola e gesto, tra detto e non detto, tra espressione e rappresentazione. Tra prosa e poesia, si potrebbe dire. E’ la soglia su cui si sofferma "Life is now", la nuova produzione di Teatrincorso, che ha debuttato al Teatro San Marco di Trento lo scorso 21 dicembre, per la regia di Elena Marino e l’interpretazione di Flora Sarrubbo, Silvia Furlan, Lara Finadri e Barbara Fingerle.

Lo spettacolo è inserito nella rassegna ‘Extremamente 2008/09’, che nelle intenzioni dei curatori (la compagnia Teatrincorso stessa) dovrebbe indagare i linguaggi del teatro contemporaneo. E "Life is now" non si sottrae a questa missione, che per la Marino è diventata un marchio di fabbrica nel dispiegarsi del suo percorso artistico. Non solo registico: la Marino lavora da tempo sulla messinscena, ma soprattutto sulla scrittura scenica, spesso in équipe con i suoi attori (più spesso, le sue attrici). Cominciando dal titolo, "Life is now" sposa in toto la sfida della contemporaneità, sia per gli ovvi rimandi televisivo-commerciali, sia per il tema che intende affrontare: il tempo e la società cristallizzati in un eterno presente, lontano anni luce dalla filosofia della storia di stampo hegeliano e più ancora lontana dall’eterno ritorno nietzschiano. Il tempo sospeso nell’hic et nunc che divora costantemente passato – e quindi storia, memoria, ricordo, autocoscienza -, e futuro – e quindi progettualità, intenzionalità, limite, morte. E’ il presente che da tempo diventa anche spazio: i 45 minuti di spettacolo si svolgono in un aeroporto immaginario e in altri non-luoghi dell’anima che annullano distanze, individualità, socialità, comunicazione, e infine la parola stessa. Una parola che la Marino toglie il più possibile alle sue attrici, dando loro una splendida partitura gestuale da eseguire con precisione chirurgica, visto anche il dialogo costante con il linguaggio video.

Il silenzio, dunque, per mettere in figura l’indicibile, il presente stesso, che non si fa catturare dalle parole – l’elemento decisivo e distintivo dell’umano -, ma che viene fotografato dai flash delle scene che si susseguono apparentemente sconnesse e dall’essenzialità algida della regia e della scrittura scenica. E le parti che rispondono meglio sembrano essere quelle che concedono meno alla parola, alla rappresentazione più esplicita, quasi a far percepire la non necessità di un testo parlato che pure emerge qua e là, per far quadrare meglio i ritmi serrati dei silenzi, dei gesti puri (brave e in questo dirette benissimo le quattro attrici in scena), e togliere dal fuoco la carne delle parole, ultimi refusi di un teatro che la Marino che sta sapientemente abbandonando. Se "Dietro lo specchio" aveva concesso troppo a un certo gusto dell’eccessivo per mettere in scena un tema scomodo e difficile come quello dell’anoressia, con"Life is now" il punto della ricerca di un teatro dell’essenziale e della contemporaneità sembra essere stato colto meglio, pur in una dimensione ancora di studio – come la stessa Marino ha dichiarato – che ha solo da guadagnare nel seguire la traccia silenziosa, gestuale e pre-verbale così ben tratteggiata nel "mini-debutto" (solo una cinquantina di persone in sala) del San Marco.

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