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QT n. 22, 23 dicembre 2005 Monitor

“Urfaust”, miracolo a teatro

Di forte impatto la coinvolgente traduzione anche multimediale (con musica e coro) del Faust di Goethe degli Stabili di Genova e del Veneto. Un miracolo teatrale, attoriale e pure tecnologico.

Accade raramente che un dramma inquieti e rassereni, scena dopo scena, con una tale suggestione – tra il mistico e lo psichico – da sembrare un rito d’iniziazione o una discesa all’Inferno; salvo, poi, far ritrovare la via del Paradiso con una morte-rinascita dell’anima (la nostra) che accompagna quella per impiccagione dei personaggi. "Urfaust" di Goethe, allestito dagli Stabili di Genova e del Veneto, è un miracolo diabolico e celeste, oltre che attoriale e tecnologico.

La pedana inclinata circolare, che ricopre il pavimento, raffigura l’equilibrio precario dell’uomo fra Bene e Male. Le stagioni si succedono senza riposo come quadri viventi: "Frühling", "Sommer", "Herbst", "Winter"... dalla capricciosa primavera all’estate dorata, dal malinconico autunno al gelido inverno. I passaggi, spesso bruschi, dalla pace al tormento incedono su due livelli di proiezione; l’effetto è una tridimensionalità sconcertante perché quasi inedita, come linguaggio, a teatro. Marionette, latino e tedesco contribuiscono a spiazzare: stimoli contrari, procedono all’unisono verso il finale.

Tra le musiche spiccano le "canzoni a bere", con la parodistica "Fuga Amen", dal capolavoro sinfonico/operistico "La damnation de Faust" di Berlioz. Forse il modo migliore per affrescare studenti, borghesi e soldati, ebbri di vita e d’amore nella cantina di Auerbach a Lipsia: l’insidia tesa loro dal diavolo ha il sorriso della morte sulle labbra. Peccato che gran parte del pubblico "liceale" ne abbia colto il solo aspetto ludico, mostrandosi nel complesso poco rispettoso verso la pièce. Ricordiamo poi il "Faust" di Gounod e l’Ottava Sinfonia in Mi bemolle maggiore di Mahler (conosciuta, non a caso, come "Goethe-Symphonie"), che aggiunge una nota antieroica di forte impatto, grazie al doppio coro accompagnato dall’orchestra.

La riduzione, piuttosto fedele, integra l’originale con prologo ed epilogo divino del Faust; molti, in compenso, i tagli operati da Liberovici. Assenti le parti – da comprimari – di Wagner, Lisetta, Valentino e dello studente di medicina. Le battute di quest’ultimo sono travasate nel dialogo tra Faust e Mefistofele, ma la prospettiva cambia: il diavolo non si rivolge ad un giovane confuso di belle speranze, bensì a un uomo che rivorrebbe la propria gioventù per non sprecarla. Espunto anche il funerale della madre di Margherita, in cui la ragazza duetta con uno spirito maligno. L’unità dell’opera non ne risente, aiutata da una buona traduzione.

Bravi gli interpreti: Pagliai, angustiato innamorato dispotico Faust; Castiglione, machiavellico ironico scostumato Mefistofele; la Gassman, spiccia impulsiva maliziosa Marta; la Markkanen, ingenua devota delirante Margherita. In almeno uno di loro ci siamo specchiati.

"Urfaust" ci ha scoperti nudi con le nostre pulsioni, speranze, fantasie. Sempre le stesse da Adamo ed Eva.

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