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QT n. 22, 22 dicembre 2007 Monitor

Contento Arrabal, contenti tutti

La versione di "Fando y Lis" di Fernando Arrabal presentata al San Marco di Trento convince e coinvolge: a iniziare dall'autore, presente in sala.

Alessandro Chieli

Giovedì 13 dicembre, al teatro San Marco, è andato in scena lo spettacolo "Fando e Lis - Caduta dall’orizzonte", tratto dall’opera "Fando y Lis" di Fernando Arrabal. Per avere una prima conferma della riuscita della rappresentazione basti dire che lo stesso autore, presente in sala, alla fine dello spettacolo è salito sul palco per complimentarsi con attori e regista, confidando come questa messa in scena del suo lavoro fosse una delle sue preferite, "se non la migliore".

Fernando Arrabal

Ad Arrabal è piaciuta molto la commistione fatta tra il mondo di "Alice nel paese delle meraviglie" di Carroll e il mondo di Lis. L’idea di inserire movimenti surreali come quelli di tre uomini con l’ombrello, evidente richiamo alla commedia dell’arte, ha convinto infatti l’autore, che si è complimentato con la regista Viviana Piccolo, dimostratasi capace di rendere l’idea panica del suo teatro.

Lo spettacolo si apre con un’immagine: la cameretta da ragazzina di Lis (Viviana Piccolo) con lei sdraiata sul suo lettino. Accanto, impassibile, un uomo (poi scopriremo che si tratta dello stesso Fando, interpretato da Umberto Fiorelli). C’è poi la presenza inquietante di tre personaggi probabilmente frutto della fantasia di Lis (i tre uomini con l’ombrello), che si muovono come burattini o come ballerine di un carillon. Ognuno ha una maschera differente (coniglio, folletto e gatto), che rende l’atmosfera pesante ed onirica. All’entrata del coniglio musicista (Carlo Cenini) inizia il dialogo tra Fando e Lis. Si alternano giochi infantili alla prevaricazione più violenta, anche fisica. Gli attori non si risparmiano.

Lo scopo del loro viaggio è arrivare a Tar, destinazione che - s’intuisce fin da subito - non raggiungeranno mai. Tar sembra l’ennesima utopia verso la quale tendiamo, ma che spesso ci fa perdere di vista il presente. Ma ecco l’arrivo dei tre uomini con l’ombrello (Stefano Pietro Detassis, Sergio Bagnato e Arianna Rodeghiero), anch’essi in viaggio per Tar: sembrano rappresentare uomini di legge, scienziati, dottori, insomma quella borghesia barbaramente indottrinata nell’idea di Arrabal. Si muovono come un unico ingranaggio, rotolando sulla scena come un unico animale.

Arrabal con gli attori di “Fando e Lis”.

C’è commedia dell’arte, movimento espressivo, Grotowski. Sono grotteschi, molto comici. Funzionano. Lo stesso Arrabal ne ha lodato il lavoro, definendoli dei fuoriclasse.

I cinque personaggi ora si incontrano e creano momenti di estremo divertimento, alternando situazioni crude e reali, come quando Fando offre alla lussuria degli uomini con l’ombrello l’innocente Lis. Un’orgia di colori squillanti, mai ridondanti.

Nel quarto atto Lis muore per mano di Fando, e l’emozione è forte, anche perché accompagnata dai personaggi iniziali, quelli della fantasia di Lis, che osservano statuari la scena. Il momento tragico è smorzato dalla successiva entrata degli uomini grotteschi. Rilevano come Lis sia morta con la freddezza tipica di uno scienziato di fronte alla morte di una cavia. Luci natalizie illuminano una scena totalmente buia e il voluto effetto straniante coinvolge appieno lo spettatore.

L’opera si conclude con una parodistica bevuta di tè dei tre uomini, che ancora una volta tentano di tirare le fila di ciò che è successo cadendo inevitabilmente nel surreale.

Il tutto è accompagnato dalle musiche, che ricordano sonorità di Satie e Ligeti, del maestro Carlo Cenini, che indossa una maschera da coniglio per tutto lo spettacolo, suonando bicchieri, legni, tubi, pianoforte dall’alto di una impalcatura, osservando ogni cosa come un maestro d’orchestra onnisciente.

Il lavoro presentato dalla compagnia OTP di Bologna si può in definitiva considerare davvero ben riuscito.

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