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QT n. 5, 11 marzo 2006 Monitor

“Via Marzapane”

Poetico, da lasciare piacevolmente stupefatti lo spettacolo per ragazzi dell'attore-autore-regista Antonio Viganò.

C’è molta poesia nello spettacolo scritto e interpretato per "Teatro Ragazzi" da Antonio Viganò e Silvia Briozzo al "Cuminetti" di Trento, "Via Marzapane": molta ricercatezza calligrafica nella narrazione affidata ai gesti, alle posture, ai corpi, piuttosto che alle parole. Probabilmente non è necessario spiegarsi tutto, cercare di capire ogni dettaglio, come si è soliti fare, di regola, per un testo scritto. Il significato di un gesto o di un movimento, come nella musica e nella danza, sta alle volte semplicemente nel suo raccontare e suscitare un’emozione, senza doversi materializzare in modo sfocato - come quasi sempre accade con il linguaggio verbale - in un sostantivo o in un aggettivo.

Lo spettacolo ci racconta le difficoltà, i pericoli dell’adolescenza, e l’inadeguatezza educativa di qualunque atteggiamento genitoriale nei confronti del mistero della pubertà. Peraltro, la storia sembra soprattutto un pretesto per rappresentare le scelte e gli errori che il Desiderio, nostro padrone nelle sue molteplici e insoddisfabili esigenze, ci spinge a fare per tutta la durata della nostra esistenza, incessantemente, dovunque nel mondo, ad ogni latitudine.

Quel che ci viene raccontato in scena, per chi conosce l’autore-attore-regista Viganò, rientra evidentemente nella ricerca stilistica, estetica e poetica che l’artista promuove anche nei suoi laboratori di teatro, ad uno dei quali abbiamo avuto la felice opportunità di partecipare. Noi, che ci sentiamo goffi e buffi quando per esercizio proviamo sequenze di gesti, posture e movimenti, ne riconosciamo l’icastico valore estetico, stilistico e narrativo quando li vediamo eseguiti dagli attori agenti in "Via Marzapane". E che attori... Quella minuta attrice angolana, che dimostra la metà dei suoi anni reali (e addirittura la narrazione ce la propone come se ne avesse un terzo, cioè nove anni), naturalmente (per di più) dotata di gradevoli sembianze, "è al suo primo spettacolo da professionista", ha detto Viganò: ebbene, sin dall’inizio l’attrice cattura lo sguardo per le sue capacità espressive, per la sua agilità, per la sua efficace coerenza tra espressione corporea, gesto e parola; persino ruba la scena ai suoi più consumati compagni di palcoscenico, tra i quali lo stesso Viganò, che deve averle insegnato molto, in un anno di collaborazione. Misurata e protettiva, in scena, è Silvia Briozzo; partner affiatato ed efficace della "piccola" Ana Paula Brandâo, il quarto attore, Filippo Ughi.

La rappresentazione, curata nella scelta delle musiche etniche, nei dispositivi scenografici , nella coreografia, nell’illuminazione (gradevoli le luci "sottoboschive" progettate da Fausto Bonvini), nel dosaggio tra parole e movimenti, ci lascia alla fine quasi interdetti, pieni di un strano, piacevole stupore.

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