La Locandiera
Una commedia senza età
Corrado D’Elia porta a Trento quella che... c’è poco da dire: quando una messa in scena è corretta, inappuntabile, il giudizio si può concentrare in poche parole. E non stiamo parlando di una regia canonica, ma della goldoniana “Locandiera” trasfigurata da Corrado D’Elia in una versione definita “pop”. Pressoché rispettato il testo, reso naturale l’italiano settecentesco, indovinata è la scelta cromatico-costumistica-scenografica: l’elogio della finzione (teatrale) e della verosimiglianza suggerisce a D’Elia l’utilizzo della plastica, di cui sono fatti i costumi creati da Stefania di Martino e le scenografie dello stesso regista. Lo strappo di D’Elia sta tuttavia nell’attualizzazione dei personaggi goldoniani, che nell’originale sono donne “commedianti” e per di più incapaci di reggere la finzione: le commedianti di ieri diventano gli (esagerati) transessuali di oggi.
La scelta registica, tuttavia, per il divertimento suscitato, rischia forse di oscurare i meriti intrinseci del testo e della drammaturgia di Goldoni, che peraltro ha ormai da tempo perduto il filo del suo sottilissimo “discorso sull’arte teatrale”.
Bravi tutti gli attori, in primis la Faggiani; ottima a nostro parere la regia di D’Elia, presente in scena nella parte del misogino conquistato. Appiccicoso, il brano musicale “Amoureux solitaires” (1981), che il pubblico brizzolato certamente avrà riconosciuto quale tormentone di gioventù e della serata teatrale; citazione colta dell’arguto D’Elia, per via del verso che recita “Un po’ di plastica bellezza per cancellare le nostre occhiaie”.