“Perfido”: le minacce a QT
Il clima in val di Cembra attorno alla (presunta) locale ‘ndranghetista
Siamo forse condizionati dai racconti di mafia, attraverso libri, processi, tv, film. O semplicemente siamo resi edotti sulle dinamiche di un mondo che non ci piace ma che può essere vicino. In queste pagine descriviamo alcuni episodi accaduti nel distretto del porfido, dove ci sono infiltrazioni mafiose, secondo la Procura e la Commissione antimafia. Episodi minori, ma che pensiamo descrivano un clima.
Il primo è un documento giudiziario: un nostro esposto che denuncia boicottaggi del giornale e minacce a noi giornalisti. Il secondo è il resoconto di un volantinaggio del Coordinamento Lavoro Porfido nella mensa degli operai di Albiano, e della discussione tra gli ex operai del CLP e gli odierni operai, quasi tutti immigrati, proprio sulla presenza della ‘ndrangheta. Il terzo invece è una ricognizione di 35 anni di attività politica da parte di Vigilio Valentini, ex sindaco di Lona-Lases inviso ai padroni del porfido: un bilancio difficile, sofferto, segnato da pochi successi, qualche compromesso, alcuni errori, nel tentativo di fare politica in una realtà vischiosa, dove i (presunti) ‘ndranghetisti sanno mimetizzarsi, condizionare la vita pubblica, utilizzando il bastone e i soldi, la minaccia e la lusinga.
Esposto alla Procura della Repubblica
La Altrotrentino società cooperativa, con sede in Trento via Calepina 65, editrice del mensile QT-Questotrentino, attraverso il suo legale rappresentante, Ettore Paris residente in Trento via San Giovanni 36, intende presentare le anomalie cui il giornale è soggetto nella distribuzione in Valle di Cembra.
Quando è stata pubblicata una prima inchiesta su “Infiltrazioni mafiose in Trentino” e “I signori del porfido” rispettivamente nei mesi di maggio e giugno 2019, collaboratori del giornale e simpatizzanti provvedevano ad affiggere nei paesi di Lona-Lases ed Albiano (ad esempio nella bacheca della Fam. Coop. di Lases, punto vendita dei giornali) locandine pubblicizzanti i suddetti servizi. Tali locandine venivano sistematicamente strappate, anche quando si provvedeva a una seconda affissione. Possono testimoniare (sono citati i nomi di tre testimoni).
Anomalie sono anche state riscontrate nelle vendite nelle edicole. Per esempio, nella rivendita di Lases della sopramenzionata Famiglia cooperativa di Lases, del numero di maggio sono state vendute tutte le 10 copie fornite, del numero di giugno, nessuna.
Dei numeri sull’Operazione Perfido (novembre e dicembre 2019, gennaio 2020) veniva organizzata, oltre all’affissione delle locandine, ancora regolarmente strappate, una vendita porta a porta, che ha riscontrato un notevolissimo interesse (vendute tra le 35 e le 50 copie): l’acquisto privato, in casa, risulta meno compromettente di quello pubblico, in cooperativa, come fatto capire da diversi acquirenti, evidentemente intimoriti da possibili ritorsioni. Possono testimoniare (citati i nomi di due testimoni).
Un’intimidazione l’ha subita pure il giornale, durante una delle serate di dibattito sulle “infiltrazioni mafiose”. In quella organizzata a Miola di Pinè il 21.2.2020, era presente Innocenzio Macheda (a capo della locale ‘ndranghetista, secondo l’accusa, ed attualmente in carcere ndr), e durante il dibattito, dal pubblico un intervento accusava il giornale di avere scritto falsità e preannunciava, con adeguata sottolineatura gestuale: “State attenti, vi faranno un mazzo così”. Testimoni (citati i nomi di sei persone), oltre ai consiglieri provinciali Filippo Degasperi, Alex Marini e Paolo Ghezzi.
Non riguarda QT, ma il quotidiano L’Adige, comunque per ribadire il clima di cui stiamo parlando, segnaliamo un ulteriore episodio di boicottaggio della diffusione delle informazioni, che Questotrentino ha denunciato in un articolo a firma Walter Ferrari dell’ottobre.
Trento, 2 marzo 2021. Il 20 marzo presentavamo alla Procura un ulteriore documento su un nuovo episodio: Il signor (citato il nome del testimone) residente a Lases in una conversazione in paese ha sentito affermare dal sig. Giordano Fontana (segretario Asuc Lases ed ex segretario della Porfido Rosso Grigio di Nicola Paviglianiti): “Certo che devono stare attenti i giornalisti di Questotrentino perché qualcuno potrebbe anche incazzarsi e far loro molto male”. A noi il sig. Fontana risulta uno dei principali propalatori in paese delle voci che vogliono l’operazione “Perfido” una montatura o un grosso equivoco.
Volantinaggio alla mensa di Albiano
Lunedì otto marzo. Con Enzo del CLP l’appuntamento era verso le undici. Un saluto, e si fissano alle pareti dell’entrata della mensa alcuni A4 del volantino che poi distribuiremo ai lavoratori. Mettiamo anche alcune locandine dell’ultimo numero di QT. Una rivista di informazione coraggiosa, che fa il proprio mestiere. Anche se non sempre si legge quello che farebbe piacere leggere.
Una bella mattina soleggiata. I primi lavoratori iniziano ad arrivare. Non è la prima volta che si volantina, ma c’è sempre un po’ di tensione. Non è mai scontata la reazione. C’è un po’ di tempo, con alcuni lavoratori macedoni-albanesi si discute. Si torna con il pensiero e con le parole alla guerra “umanitaria” nella ex Jugoslavia di Tito. Macerie che hanno dilaniato e continuano a mietere vittime sottotraccia. Il futuro è
un’allusione che sembra priva di significato, un riferimento fuori portata. Il ritorno a quei luoghi d’origine non entra nemmeno più vagamente nelle frasi che con le parole si consumano.
Sì. Hanno capito anche loro a grandi linee il significato di mafia,e n’drangheta. Qualcuno è più in difficoltà, tentiamo di spiegare, di calare il concetto nella realtà. Ma quasi nessuno si sottrae. Pur nella fretta, nel poco tempo a disposizione, nell’esigenza di mangiare, c’è attenzione, necessità di conoscere, di capire.
Abbiamo distribuito più di cinquanta riviste di QT. Solo a chi dichiarava un interesse alla lettura. 150 i volantini distribuiti. Un terzo a lavoratori italiani. Il resto a lavoratori albanesi-macedoni, marocchini, cinesi, senegalesi. Il mondo. Una buona giornata, nonostante tutte le difficoltà, nostre e loro.
Nessuno di noi lavora più nel settore, anche se in qualche modo sei ancora uno di loro. In generale tutti hanno espresso un peggioramento delle condizioni di lavoro. Chi riferisce che le questioni delle possibili infiltrazioni mafiose che si denunciano oggi, sono roba vecchia. Cose risapute. Un malaffare endemico che trova complicità ed affermazione in tutti i livelli istituzionali. Riassunto in “L’è tut ‘na mafia”. Poca la fiducia, ma qualcuno incoraggia: “Né avanti, tegnighe”.
Anche un colloquio col proprio datore di lavoro, dove alla domanda “perché non impedite la vendita del materiale grezzo per le seconde lavorazioni alla zona grigia?” cioè ad artigiani e pseudo artigiani, dove si è sviluppato il supersfruttamento di lavoratori che la Magistratura definisce riduzione in schiavitù. Il datore di lavoro risponde “Questi pagano!”
Ed è così, diciamo noi, che si intreccia una complicità dove l’unico riferimento è l’affare ed il profitto. Ragioni ben lontane da un’etica comportamentale dove il rispetto umano e sociale dovrebbero guidare qualsiasi scelta. Quasi ci si scorda di dire che il volantino distribuito è rivolto a tutti i lavoratori del porfido per chiedere alle organizzazioni sindacali un’informazione diretta sull’inchiesta “Perfido”, e per sostenere la Costituzione di Parte Civile di CGIL-CISL-UIL all’avvio del processo che vede 19 indagati con un’accusa gravissima di “Associazione Mafiosa”.
Coordinamento Lavoro Porfido Graziano Ferrari, Enzo Sevegnani
Non ho percepito il sistema mafioso
Dopo l’operazione “Perfido” di metà ottobre dello scorso anno è doveroso uno sguardo retrospettivo, almeno per quanto riguarda gli ultimi 25 anni, alla realtà amministrativa di Lona-Lases. Questo Comune è risultato, all’interno della zona del porfido, l’epicentro dell’insediamento ‘ndranghetista che, stando alle indagini, sarebbe avvenuto almeno 30 anni fa.
Premetto che il filo conduttore dell’ impegno sociale di tutta la mia vita a Lona-Lases è stato sempre quello di difendere il più possibile dentro e fuori dal Consiglio comunale, gli interessi della comunità, il suo territorio a livello di ambiente e di vivibilità contro diverse deleterie speculazioni urbanistiche che siamo riusciti bloccare.
Essendo stato sindaco di Lona-Lases dal 1985 al 1995, ora mi rendo conto, che l’ insediamento del sistema mafioso a Lona-Lases e nel settore porfido, è avvenuto proprio in quegli anni, seguendo percorsi sotto traccia, sfruttando complicità consapevoli e inconsapevoli. Gli atti violenti nei confronti dell’amministrazione comunale da me guidata, in particolare nei primi due anni (1986-87), hanno senz’altro destato una certa preoccupazione, ma allora non ci hanno indotti a pensare a possibili presenze mafiose e criminali. Eppure nelle nostre valli era senz’altro inusuale che andassero a fuoco automobili e venissero fatte esplodere cariche di dinamite, ma il fenomeno mafioso era visto molto lontano e soprattutto si riteneva confinato nelle regioni meridionali. Così come era inusuale l’uso della stessa parola “mafia” che però già allora compariva in qualche lettera anonima.
Oltre agli episodi sopra ricordati, avrebbero però dovuto far pensare anche altri fatti, come quello verificatosi nella notte tra il 9 e il 10 maggio 1987, quando ignoti sono penetrati negli uffici comunali forzando una finestra, una porta interna e due cassettiere chiuse a chiave. Venne rilevata la rimozione di alcuni raccoglitori contenenti pratiche relative ai lotti di concessione delle cave e sottratti oltre 600 cartellini (mod. 21 copia per il Comune) delle carte d’identità, circa 90 carte d’identità ritirate in quanto rinnovate prima della scadenza, già scadute o rinnovate per trasferimento in altro comune. A chi potevano servire quei documenti? Purtroppo quei primi segnali non vennero presi in considerazione, anche dalle autorità competenti.
Lo stesso affare delle cave Camparta nel Comune di Trento, una dozzina di anni più tardi, non destò tutta l’attenzione che meritava e passò quasi inosservato anche dal sottoscritto. Probabilmente dopo di allora non ci sarebbe voluto molto per capire che i fratelli Battaglia (Giuseppe, l’”amministratore delegato” del gruppo ‘ndranghetista secondo la Procura, e il fratello Pietro, entrambi in carcere ndr) non si candidavano sistematicamente alle elezioni amministrative di Lona-Lases per amore del loro Comune di adozione. La prima volta fu proprio con il mio successore Roberto Dalmonego (attualmente accusato di scambio elettorale politico-mafioso ndr) nel 2015, nella cui lista candidava Giuseppe Battaglia (primo dei non eletti), divenuto poi consigliere nel 2000 e riconfermato nel 2002 con la sindaca Mara Tondini.
A questo punto dopo l’operazione “ Perfido” andando a ritroso, devo ammettere la mia sottovalutazione per aver pensato, dopo il 2005, che l’allora segretario comunale di Albiano Ezio Casagranda di cui sono stato assieme all’opposizione dal 2002 al 2005, presentando ben 6 esposti-denuncia, tradendo poi i patti concordati nel 2005, e poi ancor più il giovanissimo Marco Casagranda figlio del cav. Sergio Casagranda (consigliere provinciale di cui ho sempre contrastato le proposte di discariche di porfido, che avrebbero ridotto il territorio di Lona-Lases ad un paesaggio lunare), potessero rappresentare i migliori eredi dell’impegno sociale, amministrativo, ambientale da me condotto per tutta la vita. Tanto più che nel 2005 essi, non contenti di avere in lista Pietro Battaglia (in Consiglio per la prima volta), nominarono addirittura assessore esterno alle cave il fratello Giuseppe senza consultare i consiglieri di maggioranza. Unico vantaggio iniziale, è stato quello di aver bloccato l’iter avviato dalla precedente amministrazione, di spianare un dosso boscato ad ovest del campo sportivo per creare circa 33.000 metri quadrati di area industriale per la lavorazione del porfido. Il “Gruppo Misto” di tre consiglieri usciti dalla maggioranza seppe in quegli anni bloccare alcune scelte amministrative fatte contro gli interessi del Comune.
Malgrado tutto, assieme al gruppo di persone cui facevo riferimento decidemmo di sostenere questi due personaggi pure nel 2010 - in lista la prima volta Demetrio Battaglia (figlio di Giuseppe ndr) non entrato in consiglio), con l’illusione di poter portare in porto una importante “Variante Ambientale al P.R.G.” sostenuta dal Gruppo Misto, già approvata in prima adozione. Solo alla fine del 2010 ho personalmente sfiduciato Marco Casagranda. Nel 2011 diedi il mio sostegno alla candidatura dell’ex sindaco Dalmonego a presidente Asuc di Lases, con in lista Pietro Battaglia, nominato responsabile cave dell’ente. Una candidatura tesa a sostituire Ivano Avi che non ho appoggiato, perché non mi ha voluto ascoltare nel conflitto a suon di cause tra ASUC e Comune, e per come mi ha malamente trattato, addirittura impedendomi di parlare nell’assemblea pubblica del 6.3.2009 organizzata dall’ASUC di Lases. Non ho poi condiviso l’operazione di Dalmonego Roberto dell’acquisto della Casa Medica per un prezzo doppio (lire 450 milioni), rispetto al reale valore e alla non realizzazione del progetto per la messa in sicurezza del lago di Lases rispetto agli inquinamenti provenienti dalla zona artigianale Dossi-Grotta. Questione sulla quale, come Coordinamento Lavoro Porfido, siamo intervenuti in varie sedi compreso un esposto nel 2020 alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti.
Dal 2010 al 2015 gli stessi 5 consiglieri di opposizione non hanno saputo contrastare ed incidere sulle scelte amministrative negative fatte dal Comune e dall’ASUC di Lases. Evidentemente in quegli anni la penetrazione ‘ndranghetista avvenuta sotto traccia ha trovato favoreggiamenti all’interno dell’imprenditoria del porfido, interessata a controllare i comuni della zona, ma è stata anche involontariamente favorita dalla sottovalutazione di molte persone, che hanno anche collaborato per tutta la mia vita con il sottoscritto per la difesa dell’ambiente e della vivibilità del paese di Lases con il suo lago, di cui oggi traiamo un indiscusso giovamento, anche se da oltre 15 anni è stata trascurata la manutenzione del territorio.
Purtroppo a posteriori ora mi rendo conto, alla luce dell’inchiesta “Perfido”, che la presenza dei Battaglia dentro l’amministrazione comunale è stata anche funzionale alla loro “organizzazione mafiosa”, che va a maggior ragione contrastata da ogni cittadino con ogni mezzo, perché essa ti toglie la libertà e la democrazia nel nostro paese.
Vigilio Valentini (ex sindaco di Lona-Lases)
Tribunale corporativo
Abbiamo trovato disdicevole la difesa del Presidente del Tribunale dott. Guglielmo Avolio da parte del Presidente dell’Ordine Michele Russolo. Come si ricorderà, tre magistrati di Trento erano abituali commensali ai convivi organizzati dal faccendiere Giulio Carini, accusato di appartenenza ad associazione di tipo mafioso. La I commissione del CSM ne ha scagionati due, ma ha proposto il trasferimento di Avolio, in quanto “il rapporto fiduciario tra il dott. Avolio e l’ambiente sociale del distretto di Trento risulta marcatamente compromesso in maniera non rimediabile”. È dura la relazione della commissione, che approfondisce i rapporti tra il magistrato e “il compare” Carini (così si chiamano i due) nonché con un altro ‘ndranghetista (ora agli arresti) Domenico Morello. Ci riserviamo di approfondire in seguito.
Qui intendiamo sottolineare la reazione del Presidente dell’Ordine, che in una lettera difende a spada tratta Avolio, assicurando che nessuno nel Tribunale di Trento “ha avuto percezione di una perdita di indipendenza della magistratura locale” a causa della partecipazione a convivi in rito mafioso con persone che esplicitamente parlavano del proprio coinvolgimento giudiziario.
Una reazione corporativa. Tutti uniti. Todos caballeros, dicevano gli spagnoli, la legge serve per i puzzoni, non per noi. D’altronde la non commendevole situazione è già stata descritta da Manzoni, nel celebre passo della tavolata che fra Cristoforo si trova davanti nel capitolo V dei Promessi Sposi: “Don Rodrigo, ch’era lì in capo di tavola…, quel conte Attilio suo cugino…, suo collega di libertinaggio e di soverchieria…, il signor podestà, quel medesimo a cui, in teoria, sarebbe toccato a far giustizia a Renzo Tramaglino, e a fare star a dovere don Rodrigo…, in faccia al podestà…, sedeva il nostro dottor Azzecca-garbugli”.
I personaggi ci sono tutti.