Collaboratore dal 2000, sezione spettacoli, soprattutto teatro.
E' nato a Trento, dove risiede, nel 1975. Diplomatosi al Liceo Classico Arcivescovile, si è laureato in Lettere con una tesi su "Montale gotico e altro". Al momento sta svolgendo il servizio civile e frequentando la SSIS per conseguire l’abilitazione all’insegnamento. Nel tempo libero scrive racconti e poesie.
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Caratterizzata dal grande, puntiglioso lavoro sulla lingua (italiano colto e toscano popolare), decisamente convince la versione del lavoro di Shaw da parte Teatro Stabile di Catania.
Nonostante l'eccezionale bravura della compagnia, l'ultimo lavoro di Eimuntas Nekrosius, "La primavera", risulta deludente. Anzi noioso, quando non demenziale.
"Il ponte di San Luis Rey" visto da Poli: ovviamente dissacrante, smaliziato, financo cinico, con l'amarezza dietro l'angolo. A scapito dell'introspezione di Thornton Wilder: ma adattare è anche tradire.
La Fondazione Teatro Due di Parma ripresenta il lavoro di Peter Weiss su Auschwitz: storie e testimonianze, ma soprattutto una discesa negli abissi dell'animo.
Di forte impatto la coinvolgente traduzione anche multimediale (con musica e coro) del Faust di Goethe degli Stabili di Genova e del Veneto. Un miracolo teatrale, attoriale e pure tecnologico.
Un continuo, intrigante, talora eccessivo rimando a Stanley Kubrick l'"Amleto in farsa tragedia" di Ugo Chiti. Grande talento del regista e della compagnia, in un lavoro che sarebbe esemplare se non fosse sovraccarico.
Il dramma di Eschilo, nell'allestimento del Teatro Stabile del Friuli, riproposto fedelmente eppur attualizzato: un vero evento, un momento di grande cultura.
Buona l'idea della rivisitazione critica del romanzo di De Amicis: ma nonostante la buona recitazione tutto resta nel limbo delle buone intenzioni, senza filo conduttore e un minimo di chiarezza nel messaggio.
Due atti unici di Raffaele Viviani rappresentano la magra sopravvivenza del popolo dei "bassi" partenopei: valido l'allestimento e ottima l'interpretazione di Tato Russo e la sua compagnia.
Alti e bassi nella rassegna "Trapassatoefuturo" della compagnia Emit Flesti: convincente sotto ogni aspetto il "Rosencrantz e Guildenstern sono morti"; forzato "Sarò padre" di e con Marco Berlanda.
Riuscita l'operazione di Andrea Castelli di presentare Ruzante in dialetto trentino, attualizzando il contesto: qualche anacronismo storico, ma tanto mordente, sagacia, ritmo in uno spettacolo che non lascia indifferenti.
L'Hamletas: Shakespeare (l'arte della lingua) interpretato da Nekrosius (l'arte del corpo e degli oggetti). Quello che ne esce però è un capolavoro mancato.
Il pur ostico lavoro di Patroni Griffi, dopo trent'anni interroga ancora gli spettatori sui dilemmi esistenziali. Ottima interpretazione e buona restituzione del non facile testo, da parte del Teatro Eliseo.
Osannata da pubblico e critica, la versione musical del film e serial Tv Saranno famosi, in scena al Teatro Sociale, ha invece sceneggiatura debole, trama sfilacciata, recitazione discutibile, colonna sonora mediocre. Ottime invece le capacità canore e coreutiche dei giovani interpreti: sperando che non si montino la testa.
Il "classico" (si fa per dire) musical italiano di Garinei e Giovannini riaggiornato: a parte le canzoni, oggi un punto debole, una riproposizione gradita, talora talentuosa.
Feydeau e il vaudeville riproposti oggi tali quali: ma il tempo è passato. "Il mercato delle pulci" dello Stabile di Bolzano, confonde la comicità con la farsa stile Baglino.
Più che un musical, una commedia musicale il "Promesse promesse" di Neil Simon e Hal David (da cui "L'appartamento" di Wylder). L'allestimento italiano è comunque ottimo, e Gianluca Guidi non fa rimpiangere addirittura Jack Lemmon!
Ottime musiche scenografia, regia, interpretazione della "Madre Coraggio" rivisitata da Marco Sciaccaluga per il Teatro di Genova. Gli unici appunti: alla pur brava Mariangela Melato.
Il Misantropo attualizzato dal regista Roberto Guicciardini: un'operazione portata avanti solo a metà, senza tenuta d'insieme, che la buona recitazione non basta a riscattare.
Lo spettacolo di Genet, messo in scena dal Nuovo Teatro Nuovo di Napoli: la sua durezza, la sua provocatorietà, le reazioni di parte del pubblico. E il giorno dopo ci si sono gettati sopra i politici...
"Le nouveau testament" di Sacha Guitry, per la regia e interpretazione di giulio Bosetti: un allestimento con rare concessioni al moderno, una metafora del tempo e del declino.
Attualizzata e stravolta la fiaba di Collodi da Stefano Benni per Angela Finocchiaro e il Teatro dell'Archivolto. Una parodia esilarante, che fa ridere e riflettere in un continuo rimbalzo di parole e significati.
Pièce per un solo attore, del giovane talento (classe 1976) Fausto Paravidino: un viaggio nell'animo umano, uno spaccato crudo - eppur non crudele - di emarginati e di una buona famiglia.
A quattro anni dallo schianto del Prowler americano contro la funivia del Cermis, il racconto della stupida tragedia: spettacolo - ironico e drammatico - di Andrea Castelli dal libro di Pino Loperfido.
Visto a Brescia (a Trento si sono preferite proposte di facciata come il Machbet di Cobelli) l'ultimo lavoro di Del Bono sulla Palestina, in realtà sui profughi di tutto il mondo: un pugno nello stomaco, un lavoro impegnato e catartico.
Uno spettacolo intellettuale eppur fortemente emozionante come "Il tempo degli assassini" di Pippo Delbono, presentato alle classi dell'ITC di Predazzo.