“Aggiungi un posto a tavola” trent’anni dopo
Il "classico" (si fa per dire) musical italiano di Garinei e Giovannini riaggiornato: a parte le canzoni, oggi un punto debole, una riproposizione gradita, talora talentuosa.
Se esiste un classico del musical italiano, è "Aggiungi un posto a tavola" di Garinei e Giovannini. Dopo trent’anni, forza e passione, più pregi che difetti per il nuovo allestimento, che conferma il talento del regista Pietro Garinei, sostenuto da tecnici e cast di prima scelta.
Le canzoni, solitamente un po’ mélo o con testi sullo "sdolcinato andante", sono forse il punto debole. Meritano però una citazione a parte "Aggiungi un posto a tavola", "Notte" e "Concerto per prete e campana", che a suo tempo rischiò di diventare il titolo del musical. Le scene al contrario sono fluide, complesse, efficaci, e permettono agli attori una totale mobilità in ogni istante, grazie a pannelli mobili che restano parte integrante dell’azione persino durante i cambioscena. Esito raro negli ultimi anni. Tutto si trasforma: da chiesa a casa del sindaco, da bosco ad arca a tavola imbandita con arcobaleno. E nell’insieme spicca la stanza di Clementina, con l’armadio pieno di poster e locandine che ritraggono Don Silvestro come l’uomo ragno o Fred Astaire.
Accurate anche le coreografie di Gino Landi. Pur costrette nello spazio limitato del Sociale, hanno entusiasmato il pubblico con acrobazie, balli in sincrono e in singolo. Landi, non a caso, si occupa dei musical all’Aquafan di Riccione, dove si esibiscono alcuni attori-cantanti-ballerini di "Aggiungi un posto a tavola": Elena Ronchetti, Francesco Vitiello, Ezio Ferraro, per fare qualche nome. Ciò dimostra l’unità fra i vari elementi del cast, reclutati in virtù di collaborazioni precedenti in campo teatrale e cinematografico ("Pinocchio" di Benigni, "Alleluia brava gente!", "A Chorus Line"…); e data la bravura, dovremmo citarli tutti.
Un ultimo accenno lo dedichiamo infine ad una piccola protagonista: la colomba bianca che, addestrata a dovere, ha volato nel teatro fino a raggiungere la sedia al centro della grande tavolata sopra il palco. Un simbolo di pace e di alleanza, giunto tanto gradito e magico quanto inaspettato.