Non bucate il cielo di carta
Il convincente "Cielo dipinto" di Andrea Castelli allo Sperimentale di Trento.
Forse non ci crederete, ma una volta la televisione non c’era. Il tempo lo si ammazzava correndo su e giù nel corridoio per uno scherzo della mamma: "Varda chì che passa!". Cosa non faceva il piccolo Castelli pur di vincere quella noia mortale… anni in cui tutto aveva un altro sapore, forte, vero.
Il mondo era magico come il "cielo dipinto" che lo zio teatrante disegnava per terra, sotto gli occhi estasiati del bambino. Ma il sogno svanisce, si diventa grandi; ora Andrea sa che era solo il fondale per uno spettacolo. Le cose non bisogna guardarle troppo da vicino, altrimenti appaiono per quello che sono, finte, bucate come il "cielo di carta" di Pirandello. Per fortuna ci sono gli adulti a insegnare ai bambini come rompere l’incanto. In un’epoca neanche tanto lontana si giocava con un amico immaginario, facendo magari il verso a qualche film visto al cinema. Western e horror scatenavano la fertile immaginazione del piccolo Andrea. Sembra davvero un altro mondo. Dietro un telo bianco, Castelli è un cow-boy col suo compare, un mostro e la sua vittima nel prodigio delle ombre cinesi. Un buon metodo per non perdere il contatto con se stesso, col suo doppio. Noi il nostro lo dimentichiamo; quando proviamo a tirarlo fuori, ci sentiamo dire "Ma pàrlet su da sol?". "I grandi no i capìss mai gnent", e noi che siamo? Il primo tempo fugge con le belle musiche di Gianfranco Grisi, che ci prendono per mano anche nel secondo.
Stacco netto. Al gremito Sperimentale, Castelli offre una tragicomica lettura del presente. Cresciuti all’ombra delle nostre fantasie, con troppi stimoli, per noi e per la nostra salvezza fu inventata mamma TV. Che ne è stato dei giochi? Di quando ci s’inventava i nomi in un inglese maccheronico, pronunciandoli anche male? Ora Andrea, quello grande, ha fatto della finzione il suo mestiere; ci sono i sindaci ad accoglierlo nei loro paesi, a dirgli "Ti seguo sempre" anche se non è vero. E intanto la cultura trentina va allo sfacelo fra teatri impossibili con colonne di cemento in mezzo al palco, e facili entusiasmi che vorrebbero coprire il desolante panorama. Altro che "cielo dipinto"! Resta però un ricordo dolceamaro, insieme a una missione da compiere perché nulla vada perduto e la nostra regione non affondi nel futuro con pigrizia e faciloneria. Castelli ci confida che alcuni comuni (fra cui Tione), gli hanno fatto ostracismo per anni per le sue critiche dette con ironia ma fuor dei denti. Lui, comunque, non ha alcuna intenzione di "espatriare" nel resto dell’Italia: "Chi ci pensa altrimenti ai Trentini"? E poi "è tardi" e, soprattutto, lui non vuole fare "la fine di Alessia Merz"! Così Andrea rimane tutto nostro, starà a noi farne tesoro.