Pinocchio diventa donna
Attualizzata e stravolta la fiaba di Collodi da Stefano Benni per Angela Finocchiaro e il Teatro dell'Archivolto. Una parodia esilarante, che fa ridere e riflettere in un continuo rimbalzo di parole e significati.
Immaginate un uomo. Vecchio, solo, chiuso in casa, devoto al suo lavoro; e come non bastasse, si chiama Geppetto. Che fare per un po’ di compagnia? A parte le telefonate erotiche, s’intende. Anche perché Bella Melona ti richiama alle 4 di notte! Proprio mentre stai montando l’ultimo modello di robot, la fantastica Pinocchia. Le manca solo un chip, poi si dice "Benvenuta" (il codice segreto) e lei si mette in moto, agitando braccia e gambe al grido di "Babbino!". Più che un automa, pare un’indemoniata. Eppure è lei la più normale, che ama il mondo, i suoi misteri, che anima la vita con mezze verità. Geppetto, invece, ha già deciso tutto: Pinocchia le farà da figlia, sarà saggia e incapace di mentire, un’enciclopedia che cucina e rifà i letti. Anzi, il letto, visto che lei dorme in una vasca da bagno.
Della fiaba di Collodi sopravvive lo scheletro, non certo l’idea di fondo tipicamente ottocentesca e pedagogica. Adesso è la robot-burattina la custode dei valori. Si può vivere senza dir bugie? Si fa affari? E coi malati terminali come la mettiamo? E col partner? "La verità ti fa male, lo so": per una volta fingiamo di ignorarla. Del resto, Pinocchia non ha poi dei gran modelli cui ispirarsi: il padre è un commerciante di legname in bancarotta, sfigato e convinto (alla sua età!) d’avere ancora qualche chance col gentil sesso; il grillo, tutto verde, tutto capelli, tutto frou-frou, è più imbroglione del Gatto e della Volpe messi assieme; la Fata… beh, a sentir lei, ha fatto dare lezioni di tango a Cenerentola - pardon! - Cenerottola, che, testuali parole, "si è fatta il culo" per andare al ballo.
Pinocchia è fatta di altro legno. Nei suoi sogni c’è l’ignoto, l’infinito, la voglia sfrenata di guardare, toccare, imparare. Così esce di casa per le stelle; le conta, le chiama per nome: "Rigel, Betelgeuse… una Volvo!". Nemmeno s’accorge di scherzare e demistificare l’esperienza. Da Geppetto, che si fa chiamare Geppy tra un avance e l’altra, vive come una reclusa. Naturale che tenti la fortuna abbandonando un allupato padre-padrone! Grazie al Gatto e alla Volpe diviene una rock-star, Pine the Clone, e percorre il firmamento della musica per schiantarsi come una meteora in un flop megagalattico. Ma niente paura: dietro l’angolo l’aspetta l’happy end, insieme a Geppy; "e vissero per sempre felici e contenti".
Il testo di Benni stravolge un genere, come "Shrek" o "Balle spaziali". Cenerentola, la più gettonata, ramazza felice tutto il giorno, povera scema, e balla su moncherini infilati in due bicchieri, con un principe che si fila il falconiere. Se poi la fatina canta "Salagadula Magicabula", sarà mica africana?
La parodia non risparmia nessuno e salta di palo in frasca, da "Dio è morto" di Guccini al monologo del replicante Roy in "Blade Runner" ("Ho visto cose..."). La fiaba, come Pinocchia, racconta la verità con le bugie; e il teatro, si sa, mente per istituzione. E’ il "buon senso" la vera ipocrisia. Che spasso "Balena che pena!", satirico incrocio fra "Stranamore", "C’è posta per te" e gli insulsi talk-show americani: il dolore sbattuto in TV. Intanto, eserciti e cantanti si accordano nel Paese dei Balocchi per bombardare i campi profughi e organizzarci poi concerti "di beneficenza".
Chi è il mostro? Chi si fabbrica una bambina-moglie con tutti i requisiti, o chi nasce da un chip o una provetta senza averlo chiesto? Geppetto è un egoista, ma col tempo impara ad amare, capisce che assolvere il suo compito di genitore vuol dire diventare inutile. Alla figlia consegna, da buon padre, il libretto di istruzioni con cui l’ha costruita. Pinocchia l’androide o, meglio, ginoide umana, non umana, più umana degli umani. Alla fine anche Geppetto è un replicante, come Rick Deckard nel director’s cut di "Blade Runner".
Benni ci fa ridere, riflettere in un continuo gioco di parole. Per fare tutto ci vuole un pero (non più un ciliegio), dal re sumero Assurperipal a Pera Harbor, fra mille peregrinazioni. Pinocchia è persino programmata per essere cannibale; dovrebbe cibarsi di pere, sue simili. Homo homini lupus…
Sfrondata di molti personaggi, la fiaba si trasforma ma non perde la sua forza. Niente Mangiafuoco (inglobato da Geppetto), via Lucignolo, gli assassini, Mastro Ciliegia, che, se ci fosse, sarebbe Mastro Pera.
Perfetta la Finocchiaro, e non poteva essere altrimenti, dato che la pièce è stata scritta su misura per lei. Pimpante il resto della compagnia, soprattutto Geppetto-Bruno Stori, la Fata Turchina (Gabriella Picciau) e il Grillo Parlante (Giorgio Scaramuzzino). Da loro e da Benni abbiamo imparato qualcosa.