Viaggio nella Città invisibile
C’erano una volta Calvino e Marco Polo, che descrissero al Gran Khan della Cina innumerevoli città dal nome di donna, non guardate dagli occhi dei viaggiatori. Ora la fiaba si è cambiata d’abito. Al posto del mercante veneziano, il 1° giugno, Amedeo Savoia ha raccontato un’altra storia, la nostra: anche Trento è una "Città invisibile" ed è stata per noi una rivelazione. Speriamo dunque che simili iniziative si ripetano e con maggior frequenza. Stavolta, infatti, non ci siamo seduti sulle gradinate di un teatro, lo spettacolo si è svolto all’aperto, di notte, come un palco itinerante. Seguendo gli attori, abbiamo attraversato scorci incantati del centro cittadino, riscoperto un quadrilatero fantasma nei pressi di via Verdi: i vicoli Terlago e Benassuti, e poi via Rizzi con la casa natale di Cesare Battisti.
Il merito va tutto ad Amedeo e a chi lo ha sostenuto, da Elena Marino a Anna de Manincor, dai Mamadou al Comune di Trento. Ciascuno ha contribuito (con regia, riprese video, percussioni, finanziamenti) ad un progetto messo in piedi dagli studenti e dagli insegnanti del Liceo Scientifico "Leonardo da Vinci". Dei dilettanti, ma non per questo sprovveduti, autori in qualche caso della sceneggiatura.
L’insieme è un collage, un labirinto da cui bisogna uscire consapevoli: Euripide, Ovidio, "Il piccolo principe", "Novecento" di Baricco, da cui fu tratta "La leggenda del pianista sull’oceano". Una danza afro incornicia la serata con le orgiastiche coreografie di Renata Skerl. Nel mezzo Dioniso, che sfoggia una parrucca bionda e spiega all’uomo le ragioni della donna, il suo essere invisibile come la città. Poi ci s’incammina dietro il dio lungo il filo di Arianna abbandonata da Teseo: tradimenti, indagini, sogni, sottomissioni. Un cancello diviene una segreta, cadono petali dalle finestre; tutto è possibile nella notte dei sortilegi.
Sublimi Stefano Detassis (Dioniso), Vania Pavlovic e Alice Baldo, danzatrice solista; avvincenti gli episodi dal "Piccolo principe" e "Novecento"; una visione la dama del lago di Irene Graziadei, librata come una falena nel suo lungo vestito blu, inchiostro che fluttua e increspa il foglio mutato in acqua. Pazienza per l’acustica un po’ sacrificata e il brusio fastidioso del pubblico. È stata una festa oltre ogni aspettativa.
Eravamo in tanti nonostante la poca "visibilità" data dalla stampa, soprattutto dll’Alto Adige. Beh, non ne abbiamo avuto bisogno! Trento è sbocciata nel buio, che "non è poi tanto nero - diceva Montale - se libera i fantasmi dalla luce che li disgrega".