L’insostenibile lentezza dell’essere
Aun tratto si alza fra il pubblico. Pochi metri ed è già davanti al palco, girato verso di noi nel Teatro Sperimentale. Un breve silenzio, poi Massimo Cattaruzza ci confida che il suo membro in erezione ha la forma d’una bottiglia di tipo bordolese. Inizia così "Vino dentro", il monologo nato - con la regia di Antonio Caldonazzi - da un racconto di Fabio Marcotto, dove vita e vino coincidono.
Il wine writer Mariano Cuttin incontra il suo primo bicchiere per caso, quando "un mattino un fortuito sauvignon di passaggio ha attraversato la grigia autostrada della deriva bancaria". Da allora, un po’ per gioco e un po’ per vera passione, il suo olfatto si allena a riconoscere gli odori in sempre più lunghe annusate. Dall’hobby alla professione, al rito d’iniziazione, Cuttin è dapprima un mero intenditore che, come tanti, scrive note degustative su riviste specializzate.
Ma ben presto la critica lo acclama sacerdote, sciamano, dio del vino. Col fiuto impara a distinguere il carattere, la storia, finché tutto si condensa dentro il calice: volti, cantine, terre, vigneti, passioni e ricordi evocati con potenza da un odore. La conoscenza diviene possesso e il possesso ossessione. Mariano si abbandona, satura le narici, il corpo, i pensieri con un brunello; il resto non conta. Due matrimoni falliti e un trapianto di fegato in Brasile pur di continuare a bere, perché il suo naso onnisciente scopre ciò che gli altri neppure intravedono in un rosso o in un bianco, come avesse in dono una strana psicometria. Ogni fragranza è un’emozione; i nomi non servono più, non si descrive un vino elencando aromi d’ortica, peperone, tartufo.
C’è l’uomo nel bicchiere, la natura stessa non è più natura, ma vino; i prati non hanno fiori, ma un’ebbrezza ineffabile. Cuttin si divide ormai fra lavoro e piacere: degusta per gli altri e s’inventa metafore audaci e applaudite, ma false; di notte, però, annusa e beve per se stesso, in silenzio. Il vino è una religione capace persino di mutare il suo pene in una bottiglietta. Ora è lui ad appartenergli, ad essere il suo oggetto sessuale, non viceversa.
Peccato che dietro l’angolo lo attenda una conversione che ha il bizzarro aspetto di un’acqua minerale, chissà di quale annata…