Solstizio d’estate: è nata una rosa
Un cortile, panche di legno. Mentre ci sediamo, pensiamo: "E’ tutto così semplice, come sarebbe piaciuto a Fabrizio De André".
Guardiamo il palco, sotto il telone bianco, a ridosso delle scuole elementari. A sinistra uno schermo, a destra un tavolo da trattoria. Sopra la tovaglia a scacchi bianchi e rossi, una candela bianca, un bicchiere, una bottiglia di vino per rinfrescarsi la gola. Peccato che lui non sia qui…
Partono le prime note. Un brivido: è "La canzone di Marinella", accompagnata da nebulose sullo schermo. Coi musicisti è colpo di fulmine, la cantante invece ci sembra fuori parte. Bella voce, ma troppo "impostata": ricorda le serate degli alberghi romagnoli. Strano, Giuliana Bergamaschi è veneta. Si vede che tutto il mondo è paese…
Dopo la canzone, si commuove. Ha conosciuto De André. Di lui ricorda la voce "calda e distaccata" e "dei bellissimi occhi". Tutti, in qualche modo, ci siamo innamorati dell’amico fragile.
La serata va avanti con "Sally" e la cantante, purtroppo, "eccede". Presto ci ricrediamo: nel coro di "Creuza de mä", la sua voce si unisce a quella dei musicisti in una perfetta armonia. Storie in genovese di marinai, disperate, romantiche e blasfeme.
Con "Geordie", l’omaggio a Fabrizio vola alto fra le note interpretate da Giuliana in modo personale. Poi "Jamín-a", ballata da Josy Guedes, esile e sensuale; il suo corpo, un fremito sudamericano. Doccia fredda "Per i tuoi larghi occhi": il "reperto archeologico", pur affiancato a un bel video, ha il sapore di Romagna. Per fortuna arriva "Il pescatore", ma il pubblico esita a cantarla.
Un tuffo a Napoli con "La nova gelosia" (solo interpretata da De André) e a Firenze, in "Via del Campo", seguita - guarda caso - da "Prinçesa". La "graziosa" si chiama Giuseppe, la "principessa" è un transessuale. Tratteniamo le lacrime con "Fiume Sand Creek", ridacchiamo al bis di "Jamín-a"; Fabrizio sapeva esprimere ogni emozione.
La serata si chiude con "Rimini" e "Amore che vieni, amore che vai". Massimo Rulotta, Stefano Bersan, Antonio Canteri, Francesco Palmas, Ottavio Giacopuzzi: i nomi di chi ci ha fatto piangere e sognare con Giuliana, che ha riunito l’ensemble veronese per amore di Fabrizio e della musica.
Strumenti veri, etnici come dobro, ocarina e bouzouki; niente elettronica. E visto il nome del concerto, vi lasciamo con "Testamento": "Se dalla mia carne già corrosa, dove il mio cuore ha battuto un tempo, dovesse nascere un giorno una rosa, lo do alla donna che mi offrì il suo pianto. Per ogni palpito del suo cuore, le rendo un petalo rosso d’amore".