Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 7, 6 aprile 2002 Monitor

Natura morta in un fosso

Pièce per un solo attore, del giovane talento (classe 1976) Fausto Paravidino: un viaggio nell'animo umano, uno spaccato crudo - eppur non crudele - di emarginati e di una buona famiglia.

Goffo, occhialuto, un ragazzo compare sulla scena. La musica è assordante e, in una luce strobo, lui la segue mettendosi a ballare. Mentre fa dei segni, come se parlasse con qualcuno, ci viene da sorridere al pensiero che questa, in un teatro, è veramente una ventata d’aria fresca.

“Nudo”, di Ilir Zefi.

Discoteche… i giovani le affollano coi loro corpi, la loro mente, ogni fine settimana; almeno quelli della "fauna", come la chiamava Tondelli. Eppure, sopra un palco, di discoteche neanche l’ombra! A infrangere il tabù ci ha pensato Fausto Paravidino, scrittore di talento, nato a Genova nel ’76. Nelle sue mani il monologo si trasforma in un testo più complesso, affidato a un solo attore. Fausto Russo Alesi ci guida così in un caso d’omicidio: ora è l’ispettore, ora la madre o il fidanzato della vittima, il questore, una prostituta, il ragazzo che ha trovato il corpo come "una natura morta… in un fosso".

Il giallo, quasi inedito a teatro, si eleva a riflessione sulla vita e sulla morte, sulla famiglia e su quel mondo "altro" (spacciatori, tossici, puttane…) che riempie fino all’assuefazione i giornali e i TG. Per una volta ce li mostrano così come sono: semplici, fragili, imperfetti, altro che elementi da bollare o compatire perché incarnano la malattia o, peggio ancora, il male! Demolendo pregiudizi e stereotipi, lo spettacolo ci insegna che "forse la violenza è meno prevedibile"; non ci si ammazza solo fra simili, né il mondo è fatto di inferiori e superiori. I personaggi sono pieni, sfaccettati, persino incoerenti secondo l’umore o il momento. Restano muti la vittima e l’assassino, legati da un mistero che non può essere raccontato.

Perché si uccide? Qualcuno può affermare di saperlo? L’ispettore scopre solo "quando", "chi" e "come". Non è facile accettare la realtà, che un padre prenda a calci la figlia finché smette di respirare, di ridere di lui. Come spiegarle che vai a donnacce? Come spiegargli che quella era la prima volta, che non ti sei mai prostituita prima, che al tuo ragazzo spacciatore servivano dei soldi? Picchiare, ed essere picchiati, è più semplice, istintivo e veloce.

Uno spaccato crudo, ma non crudele, di una buona famiglia e degli emarginati. La signora non odia il marito, lo nomina e basta come un estraneo; e intanto ha perso per sempre il ruolo di madre. Ricorda con dolcezza il "sorriso da viva" e "da morta" della sua bambina. È l’unica ad averla conosciuta, così sensuale, vulnerabile, una nudità esibita e profanata come una "Guernica". Carne che muore, dissanguata; carne che danza e seduce, come quella della prostituta col suo rap da marciapiede. Extracomunitaria, si guadagna da vivere e, pur di riabbracciare la famiglia, collabora con l’ispettore. Sì, la notte prima la ragazza è stata una "compagna di strada". Anche il tossico e lo spacciatore sono coinvolti nelle indagini, non troppo svegli e tutt’altro che malvagi, alle prese - come tutti - coi problemi quotidiani. Tipo: "Questa è la seconda figa che tocco in un’ora… è un record per la mia mano!". E’ grazie ad un cocktail di linguaggio grave e basso che Paravidino fotografa un ambiente non più diviso fra quartieri alti e bassifondi. L’ispettore è, con la vittima, l’anello che congiunge tutti gli altri: ha tatto, è intelligente, s’interroga, ma il caso va risolto in fretta prima che sfugga di mano. I giornalisti… una frotta più nutrita dei testimoni e non certo interessata alla verità; e poi il questore, scimmiottato con disgusto. I potenti se ne lavano le mani, in testa hanno solo il "buon nome" e, per salvaguardarlo, s’immischiano in fatti che non conoscono né vogliono conoscere.

Più che un noir, questa "Natura morta" è un viaggio nell’animo umano, nella memoria. Non per niente ha aperto la rassegna "Officine dei teatri", che nel ricordo ha il suo tema principale.

Ottima la regia di Serena Sinigaglia, che si avvale delle scene spoglie di Nicolas Bovey - una sedia, un nastro, un telo e poco altro. Accattivanti le musiche, da "Voglio andare al mare" di Vasco Rossi a "Stan" di Eminem, dalle contaminazioni arabe a "Qualcosa di grande" dei Luna-Pop, fino al "Volo del calabrone" di Rimskij-Korsakov. Passato e presente s’incontrano/scontrano, a tratti si fondono come Oriente e Occidente (un Ovest che ha il volto dell’Emilia-Romagna e degli USA).

La pièce ha ampiamente meritato il premio Riccione-Tondelli, e non solo per questioni geografiche, ma artistiche e sociali. Nel suo monologo-dialogo, Alesi è stato per noi un corpo a più voci, ha dato un senso a chi, spesso, non ha neppure il diritto di parlare o di avere sentimenti.

Parole chiave:

Commenti (0)

Nessun commento.

Scrivi un commento

L'indirizzo e-mail non sarà pubblicato. Gli utenti registrati non devono inserire altre verifiche e possono modificare il proprio commento dopo averlo inserito.

Riporta il codice di 5 lettere minuscole scritto nell'immagine. Puoi generare un nuovo codice cliccando qui .

Attenzione: Questotrentino si riserva la facoltà di cancellare commenti inopportuni.