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QT n. 12, 15 giugno 2002 Monitor

“Metamorfosi” in mutazione

Lo spettacolo già visto alla "Festa dell'Arte", riproposto nell'area archeologica.

Se avete un vago senso di déjà-vu, beh, avete ragione! Di "Metamorfosi. Lavori in corso" avevamo parlato quattro numeri fa, a proposito della Festa dell’Arte al Liceo "Da Vinci". Il 6 e il 7 giugno, lo spettacolo è stato riproposto, ma la cornice era l’opposto di quella originale: dagli undergrounds della scuola (dove la pièce era nata) al S.A.S.S., l’area archeologica - sempre sotterranea - nei pressi del Sociale. Solo un cambiamento di facciata? Tutt’altro: il nuovo ambiente ha costretto a ripensare la struttura dei singoli episodi, dando loro un ordine preciso. Prima l’azione si svolgeva in quattro stanze separate, come nei quadri-stazioni itineranti dei drammi medievali; niente a che vedere col palco fisso del S.A.S.S., un decumano che tagliava Tridentum al tempo dei Romani.

Le nuove "Metamorfosi", ispirate agli affreschi ovidiani di Palazzo Calepini, hanno un’unità di tempo, luogo e azione sconosciuta alla versione originale. E con che risultati! Complimenti a Ferruccio Merisi, Mariano Detassis, Luciano Olzer, Emilio Picone e Amedeo Savoia, per come hanno riadattato lo spettacolo, dalle luci al suono, alla regia. Impresa non facile: in altri casi (non facciamo nomi) ci è capitato d’assistere a recite con lunghi e imbarazzanti punti morti tra una scena e l’altra.

Un problema che per "Lavori in corso" non si è posto. Certo, non tutti gli episodi sono stati egregi; ma questo l’avevamo già notato nel nostro vecchio articolo. Il primo, ad esempio, è decollato solo quando una studentessa, Alessandra Defant, ha intonato e suonato alla chitarra una musica struggente composta da lei stessa. Invece, continua a non convincerci la performance presuntuosa e stralunata di Nicola Corradi nei panni di Icaro-Fetonte. Per il resto, lo spettacolo ha raggiunto un buon livello, persino superiore a quello riscontrato durante la Festa dell’Arte: l’episodio di Io, alle prese con un Giove arrapato, è stato ben più convincente. Merito forse della scenografia che al S.A.S.S. non è rimasta orfana delle fragili note dei flauti di Pan.

Poi, coup de théâtre! Nel terzo episodio veniamo sballottati dal diluvio universale e, a dire il vero, questa parte se l’è goduta meglio chi, come il sottoscritto, è finito nel tendone in fondo al decumano. Comunque, anche chi è rimasto ai lati della strada ha visto Bacco (Filippo Giovanazzi) provarci con una donzella (Lara Finadri) e piangere sul povero Acete cucinato in inchiostro di seppia; gli abitanti di Apigio - da un racconto di un’alunna del "Da Vinci" - decidere se vivere in aria o nell’acqua; e Odisseo (Mirella Scozzi, l’unica insegnante a recitare) irato e afflitto contro il mare.

Ma il meglio l’ha dato il finale. Strepitose le tre Furie! Francesca Ambrosio, Lisa Angelini, Nadja Grasselli: pettegole e civette, confabulano tutto il tempo alla faccia di Giunone (Eleonora Girelli). A loro basta essere piacenti, femminili; ed una, per fare un lavoretto, s’accontenta di uno smalto. E il "lavoretto" sarebbe sterminare una famiglia!

Giunone, un po’ più sveglia, propone invece… un uomo. Ecco allora Stefano Tondini ed il suo strip con tanto di Joe Cocker, "You can leave your hat on" (quella di "Nove settimane e mezzo"). Poi sempre lui (ma come Enea) fa visita alla Sibilla Cumana: una Ambrosio curva e stridula, con addosso qualche centinaio di primavere. Questo succede a chi si nega ad Apollo e per di più gli chiede l’immortalità, dimenticandosi di aggiungere l’eterna giovinezza!

Dulcis in fundo, l’apologo cinese su Inferno e Paradiso, notevole per l’uso di bacchette di due metri.

Tutto questo ci conferma che vedere due volte uno spettacolo non dà le stesse emozioni. A parte testi e musiche (di Bjork, Die Fantastischen Vier, ecc.), qualcosa però non è cambiato: la passione dei ragazzi, che hanno dimostrato di saper recitare, cantare, suonare, sceneggiare, sebbene - come al solito - i maschietti in scena non si siano quasi visti; e poi il pubblico, guidato e coinvolto dagli attori come parte attiva del dramma.

Un’occasione, quindi, non solo per passare al coperto un giorno di temporale, ma anche per trasformare lo sprecato S.A.S.S in una palestra di confronto, di dialogo fra le generazioni.

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