Corti e indipendenti
Non c’è dubbio, il tanto atteso 2000 è stato un anno povero d’idee. È vero, nella solita caterva di pellicole che rasentano la spazzatura, il circuito nazionale ha visto anche film come "I cento passi", "Le fate ignoranti", "La stanza del figlio"; ma sul fronte dei corti non è andata altrettanto bene. Così, la IX edizione di "Italiani Indipendenti", svoltasi al S. Marco dal 21 al 24 maggio, è stata infoltita con la retrospettiva su Anna De Manincor e un ciclo a tema su giovani e lavoro realizzato da Ipotesi Cinema. Poiché è impensabile analizzare 23 opere in questa sede, ci soffermeremo solo sull’ultima delle quattro serate, sperando, con questa scelta, di non tradire l’insieme.
Iniziamo con De Manincor. Tre clip molto diversi per budget, montaggio, contenuto, ma uniti dalla perfetta aderenza di immagine e suono, come se l’una scaturisse dall’altro. In "Studio sul sonnecchiare", prodotto a basso costo, una musica ipnotica e essenziale ritma movimenti lascivi di corpi in dormiveglia. Zoom esasperati fino al "fuori fuoco": lenzuoli, dettagli anatomici in viraggi verso il nero e il bianco totali. "Solo 70.000 lire e si vede!" - ha commentato la regista presente in sala… Falsa modestia, visto il risultato. Con "Privé" si cambia musica: note energiche, cattive, il video dei Massimo Volume altera la percezione. La vita procede a scatti, ellissi, sincopi. È il trionfo della frenesia che prosegue in "Scalpo": capelli lunghi, vivi, liberi, da cui la danza nasce orgiastica e centrifuga. Ma una volta tagliati, cadono in una bacinella col suono sordo e metallico d’un automa.
Un po’ di respiro, surreale. "L’ultima intervista" di Marcello Siena e Giovanni Bognetti chiude il ciclo "Premesse al lavoro". La Coscienza, aspirante suicida, interroga invano il tipico inetto moderno interpretato da Diego Parassole. Poi si torna al tragico: Beniamino Catena, "Quando si chiudono gli occhi", il miglior corto della serata. Valentina Cervi è un fragile fantasma nel sogno/incubo della droga; ambigua come i fiori che divengono pasticche fra innocenza e seduzione.
Ma l’evento della rassegna è "LaCapaGira" dei fratelli Piva (regia e sceneggiatura). Grandi attori, grande cinema in dialetto a basso costo, 70’ di interni e esterni asciutti con le musiche di Ivan Iusco. Simpatici, un po’ buffi, quasi mai crudeli, i malviventi ci sbattono in faccia il degrado tragicomico di Bari – clandestini, spaccio, contrabbando - con risvolti umani e privati che turbano chi è troppo abituato alle macchiette o alla violenza gratuita. "Italiani indipendenti" dimostra ancora una volta che il cinema italiano non è morto, ma ha bisogno di essere visto. Non lasciamolo boccheggiare…