Burattini senza fili
Uno spettacolo intellettuale eppur fortemente emozionante come "Il tempo degli assassini" di Pippo Delbono, presentato alle classi dell'ITC di Predazzo.
Ne hanno fatta di strada Pippo e Pepe dal 1987! Ora li chiamiamo per nome, un optional Del bono e Robledo, e i loro spettacoli sono di casa: "Guerra", "Barboni", "Esodo", per dire i più noti. Ma la mattina del 3 aprile, a vederli c’erano le classi ITC di Predazzo, un pubblico ben diverso da critici, vip e adulti in genere. Dunque una cartina al tornasole per l’impatto emotivo della coppia. Pur con dei "dissensi" (uno studente ha confessato candidamente di non aver capito nulla), "Il tempo degli assassini" ha vinto la scommessa.
Testo d’esordio di Pippo, è fra i più ardui per le frequenti citazioni letterarie, musicali, cinematografiche che i ragazzi ignorano con rare eccezioni. Avranno studiato Rimbaud? Oscar Wilde? Conosceranno Fassbinder o la Belle Époque? Molti non sapranno nemmeno che nel ’76 ci fu un colpo di Stato in Argentina… perciò, se lo spettacolo è piaciuto, le emozioni hanno smussato gli spigoli.
Dopo i primi risolini, i ragazzi ammutoliscono, incollati alle poltrone. Traumatico l’inizio; Pippo si siede e recita col corpo, senza dir nulla per un minuto intero, agghiacciante come la prima scena di "Sussurri e grida" di Bergman. Poi la trama si scioglie con la lingua, acquista voce e scopriamo che lui, un disadattato, ha perso in sala un pupazzetto. Da una "sciocchezza" nasce la tragedia: si cerca la vita in un Paese che dà morte, e si cerca la morte per sfidare la vita. È un ritratto impietoso della realtà, che travalica il palco fino in platea e sul soffitto del teatro. Pippo s’aggira fra il pubblico con una torcia, si fa tastare i muscoli dalle ragazze, insegna a chi vuole come tirare i fili a un burattino (e burattini siamo anche noi). I guanti di Pepe, coi loro brillanti, proiettano al buio miriadi di stelle, lucciole che danzano e incantano i grandi tornati piccoli come le bolle di sapone. Ma la visione fugge; s’alterna il riso al pianto in dosi ben precise, fra numeri acrobatici e lettere angosciate dall’Argentina.
"Ogni uomo uccide ciò che ama" - sussurrano, si urlano gli attori in un crescendo che ragge-la; come cani rabbiosi, si latrano contro "La ballata del carcere di Reading" e la "Lettera a Pinocchio" di Dorelli. Poco dopo sono i Blues Brothers. Non è un caso, John Belushi morì d’overdose e così Janis Joplin, la cui voce ci porta nel fragile confine fra "essere" e "non essere". Un riso amaro avvolge la passione di chi vuole sentirsi vivo nella stretta del mondo. Ognuno insegue un sogno, un ricordo, una speranza. Poco importa l’aspetto: pupazzi, birre, siringhe… una cravatta è un buon laccio emostatico e l’alcool scorre a fiumi fra i capelli di Pippo. Pretendiamo d’essere trattati da "uomini", ma restiamo bambini in un mondo che non capiamo, non riusciamo a gestire, che alla fine ci distrugge con l’eroina o con un golpe. Come tutti, Pippo aveva un amico, ma l’ha accoltellato perché ciò che si ama lo si vuole possedere, e ciò che si possiede lo si vuole uccidere. La sua storia s’intreccia a quella di Pepe, "sesso, droga e rock’n’roll". La voce si spegne mentre le labbra continuano a muoversi, incapaci d’accusare chi ha reso il corpo una merce e ci sfrutta per i suoi scopi, per la sua sete di potere.
Il tempo degli assassini" è il nostro tempo. Come Rimbaud, passiamo tutti "una stagione all’inferno". A salvarsi sarà forse quel parroco che non ha concesso agli attori d’esibirsi nel più bel teatro di Predazzo (di sua proprietà), confinandoli nel meno suggestivo Comunale. Lo spettacolo va avanti e strizza l’occhio ai "problemi giovanili, che interessano ai ragazzi", aggiornandosi anche con "L’ultimo bacio" di Muccino. Fra un charleston e una samba, ogni cosa sfuma nel finale. Pippo e Pepe criticano da spettatori la performance, persino la scelta del titolo: "non mi convince", "difficile", "intellettuale". Sembrano i simpatici vecchietti, un po’ carogne, del "Muppet Show". È qui la grandezza, nell’umiltà, nell’essere coscienti che abbiamo dei limiti, che non ci dobbiamo montare la testa. Prova ne è che i tecnici del suono e delle luci, Simone e Gustavo, sono due attori della Compagnia.
"Il tempo degli assassini" è (e rimane) un capolavoro. Ci fa piangere, ridere, ancora ci fa dire con Bennato: "come rimpiangi quei giorni in cui eri un burattino, ma senza fili, e invece adesso i fili ce l’hai, adesso non fai un passo se dall’alto non c’è qualcuno che comanda e muove i fili per te".