Uno spettacolo intellettuale eppur fortemente emozionante come "Il tempo degli assassini" di Pippo Delbono, presentato alle classi dell'ITC di Predazzo.
Visto a Brescia (a Trento si sono preferite proposte di facciata come il Machbet di Cobelli) l'ultimo lavoro di Del Bono sulla Palestina, in realtà sui profughi di tutto il mondo: un pugno nello stomaco, un lavoro impegnato e catartico.
A quattro anni dallo schianto del Prowler americano contro la funivia del Cermis, il racconto della stupida tragedia: spettacolo - ironico e drammatico - di Andrea Castelli dal libro di Pino Loperfido.
Attualizzata e stravolta la fiaba di Collodi da Stefano Benni per Angela Finocchiaro e il Teatro dell'Archivolto. Una parodia esilarante, che fa ridere e riflettere in un continuo rimbalzo di parole e significati.
Pièce per un solo attore, del giovane talento (classe 1976) Fausto Paravidino: un viaggio nell'animo umano, uno spaccato crudo - eppur non crudele - di emarginati e di una buona famiglia.
"Le nouveau testament" di Sacha Guitry, per la regia e interpretazione di giulio Bosetti: un allestimento con rare concessioni al moderno, una metafora del tempo e del declino.
Lo spettacolo di Genet, messo in scena dal Nuovo Teatro Nuovo di Napoli: la sua durezza, la sua provocatorietà, le reazioni di parte del pubblico. E il giorno dopo ci si sono gettati sopra i politici...
Il Misantropo attualizzato dal regista Roberto Guicciardini: un'operazione portata avanti solo a metà, senza tenuta d'insieme, che la buona recitazione non basta a riscattare.
Ottime musiche scenografia, regia, interpretazione della "Madre Coraggio" rivisitata da Marco Sciaccaluga per il Teatro di Genova. Gli unici appunti: alla pur brava Mariangela Melato.
Feydeau e il vaudeville riproposti oggi tali quali: ma il tempo è passato. "Il mercato delle pulci" dello Stabile di Bolzano, confonde la comicità con la farsa stile Baglino.
Il pur ostico lavoro di Patroni Griffi, dopo trent'anni interroga ancora gli spettatori sui dilemmi esistenziali. Ottima interpretazione e buona restituzione del non facile testo, da parte del Teatro Eliseo.
L'Hamletas: Shakespeare (l'arte della lingua) interpretato da Nekrosius (l'arte del corpo e degli oggetti). Quello che ne esce però è un capolavoro mancato.
Riuscita l'operazione di Andrea Castelli di presentare Ruzante in dialetto trentino, attualizzando il contesto: qualche anacronismo storico, ma tanto mordente, sagacia, ritmo in uno spettacolo che non lascia indifferenti.
Alti e bassi nella rassegna "Trapassatoefuturo" della compagnia Emit Flesti: convincente sotto ogni aspetto il "Rosencrantz e Guildenstern sono morti"; forzato "Sarò padre" di e con Marco Berlanda.
Due atti unici di Raffaele Viviani rappresentano la magra sopravvivenza del popolo dei "bassi" partenopei: valido l'allestimento e ottima l'interpretazione di Tato Russo e la sua compagnia.
Buona l'idea della rivisitazione critica del romanzo di De Amicis: ma nonostante la buona recitazione tutto resta nel limbo delle buone intenzioni, senza filo conduttore e un minimo di chiarezza nel messaggio.
Il dramma di Eschilo, nell'allestimento del Teatro Stabile del Friuli, riproposto fedelmente eppur attualizzato: un vero evento, un momento di grande cultura.
Un continuo, intrigante, talora eccessivo rimando a Stanley Kubrick l'"Amleto in farsa tragedia" di Ugo Chiti. Grande talento del regista e della compagnia, in un lavoro che sarebbe esemplare se non fosse sovraccarico.
Di forte impatto la coinvolgente traduzione anche multimediale (con musica e coro) del Faust di Goethe degli Stabili di Genova e del Veneto. Un miracolo teatrale, attoriale e pure tecnologico.
La Fondazione Teatro Due di Parma ripresenta il lavoro di Peter Weiss su Auschwitz: storie e testimonianze, ma soprattutto una discesa negli abissi dell'animo.
"Il ponte di San Luis Rey" visto da Poli: ovviamente dissacrante, smaliziato, financo cinico, con l'amarezza dietro l'angolo. A scapito dell'introspezione di Thornton Wilder: ma adattare è anche tradire.
Nonostante l'eccezionale bravura della compagnia, l'ultimo lavoro di Eimuntas Nekrosius, "La primavera", risulta deludente. Anzi noioso, quando non demenziale.
Caratterizzata dal grande, puntiglioso lavoro sulla lingua (italiano colto e toscano popolare), decisamente convince la versione del lavoro di Shaw da parte Teatro Stabile di Catania.