L’era dell’acqua e la Bolivia di Morales
Le mobilitazioni - vittoriose - contro le multinazionali dell'acqua, che avevano aumentato le tariffe e peggiorato il servizio. Lo slogan "la Bolivia ai Boliviani" sta divenendo realtà?
La Bolivia, l’acqua ed i suoi abitanti: Una relazione tripartita, antica quanto la storia dell’uomo, molto più antica di quando, agli inizii del Cinquecento, Francisco Pizarro calpestò per la prima volta gli altipiani andini, nel territorio che oggi fa parte della nazione boliviana. Una relazione che aveva visto, nei secoli passati, etnie andine come quelle dei Quechua e degli Aymara ed etnie amazzonicche come i Guaranì, vivere il territorio come parte di esso e non come dominatori. Gli indigeni di Bolivia si sentivano e si sentono tutt’oggi parte della Pachamama, della Madre terra, di cui utilizzano le risorse in maniera tale da non pregiudicarne qualità e disponibilità.
E come figli della madre terra i Boliviani difendono ancora oggi le proprie risorse. Questo avviene in un Paese in continuo cambiamento, ormai avviato verso la nazionalizzazione, la ri-pubblicizzazione e l’equa distribuzione delle risorse, prime fra tutte il gas naturale (di cui è il primo esportatore del continente), la terra e per l’appunto l’acqua. E con un presidente indigeno.
E’ in questo contesto che emerge la forza mobilitatrice dell’associazione dei Guerrieri dell’Acqua.
Nella città di Cochabamba il servizio di gestione di acqua potabile fu affidato nel 1999 alla società Aguas del Tunari, controllata dal consorzio International Water, la cui quota maggioritaria appartiene alla statunitense Bechtel ed a cui si è aggiunta in una fase successiva l’italiana Acea. L’entrata in servizio della compagnia, grazie ad un contratto che prevedeva la gestione per 40 anni, significò, per la popolazione, un incremento insostenibile delle tariffe e la presenza di acqua non sempre di buona qualità. Cinque anni di proteste, di manifestazioni e di repressioni da parte delle forze di polizia hanno costretto la Bechtel ad uscire di scena, senza chiedere il risarcimento di 200 milioni di dollari per mancato lucro, come previsto originariamente.
La recessione del contratto è avvenuto nell’anno 2005, ed ha significato una vittoria considerevole per i Guerrieri dell’acqua della Bolivia e di tutto il continente, che hanno creato un fronte compatto di mobilitazione.
Il caso di Cochabamba ha fatto il giro del mondo. Basti citare il "Secondo Rapporto Mondiale dell’Acqua", pubblicato in marzo del 2006 grazie al lavoro congiunto di alcune agenzie delle Nazioni Unite. Nel rapporto, Cocahabamba è considerato il caso modello che mostra i rischi della privatizzazione aggravata dall’assenza di una consultazione pubblica.
La buone notizie non finiscono qui. La città di El Alto, nei pressi della capitale La Paz, sta conoscendo la stessa resistenza nei confronti di Aguas de Illimani, della francese Suez, la multinazionale dell’acqua più grande del mondo. Come sempre, incremento delle tariffe ed acqua di cattiva qualità hanno generato le proteste popolari. Intanto, con il nuovo governo, è nato in Bolivia il Ministero dell’Acqua, alla cui direzione è stato nominato Abel Mamani, ex rappresentante della Federazione di Vicini che fin dall’inizio si sono opposti alla privatizzazione. E Mamani, se da una parte sta temporeggiando nella ricerca della migliore soluzione per la recessione del contratto con la Suez, dall’altra non potrà opporsi alla volontà popolare che chiede il ritorno alla pubblicizzazione delle risorse della Bolivia.
A parte l’Acea, ormai fuori dalla gestione di Cochabamba, l’Italia rappresenta un esempio di solidarietà in Bolivia. Da pochi mesi, infatti, è iniziato il progetto Reti d’Acqua, gestito dall’associazione A Sud e dalla Ong CEVI, grazie ad un finanziamento dell’ Autorità di Bacino (ATO) della Laguna di Venezia. L’ATO ha disposto una donazione di un centesimo di euro per ogni metro cubo di acqua utilizzata, da destinare a progetti di cooperazione, come quello in corso, che garantirà l’accesso ai servizi di base a 1500 famiglie del Municipio di Cercado, nell’Interno del Paese.
E intanto tutto il mondo attende che, come ha detto lo stesso Morales, "la Bolivia sia restituita ai Bolivani".