Acqua di tutti: dalle Alpi… alle Ande
Un elemento sempre più prezioso fra pubblico e privato.
Sabato 22 marzo si è celebrata la giornata mondiale dell’acqua delle Nazioni Unite. Qualche giorno prima, il 18 marzo, a Mezzocorona e con il patrocinio del Comune, nel teatro parrocchiale, dinnanzi ad una sessantina di persone si è tenuto un incontro di sensibilizzazione sulla gestione dell’acqua dal titolo: "Acqua di tutti, acqua per tutti, un bene da tutelare". Fra i relatori, Marco Bersani del consiglio nazionale Attac Italia, promotore della raccolta di firme per la proposta di legge popolare a favore dell’acqua pubblica.
Una posizione radicale quella di Bersani, che dopo aver ricostruito la storia del servizio di erogazione dell’acqua potabile, ha indicato come forme più o meno latenti di privatizzazione anche il trasferimento del servizio dai Comuni (per Bersani i naturali gestori del servizio di acquedotto) alle società ancorché a totale capitale pubblico. L’acquedotto della piana Rotaliana, ad esempio, è gestito da Air spa, la società formata dai comuni di Mezzolombardo, Mezzocorona e S. Michele per gestire acqua ed energia. Trentino Servizi spa, invece, distribuisce acqua ed energia a Trento e in altri comuni. A nulla è valsa l’obiezione avanzata da altri relatori che le società citate siano a capitale interamente (o quasi) pubblico e che le reti e gli impianti siano di proprietà dei rispettivi comuni. Secondo Bersani la logica del privato (il profitto) è incompatibile con la gestione di un servizio pubblico come quello, delicatissimo, dell’acqua, sempre che si condivida l’idea che l’accesso all’acqua vada considerato un diritto e non una merce; il rischio è che le società di capitale costituite dal singolo comune (o anche da più comuni) vengano acquisite da entità più grandi, magari multinazionali, e che si perda di vista l’originaria missione di servizio.
Il presidente della associazione pescatori dilettanti, Pedron, ha ricordato l’assalto subito dall’acqua dei fiumi e dai torrenti a causa delle varie derivazioni utilizzate a scopo irriguo o industriale (energia elettrica). Interi tratti di corsi d’acqua rischiano il prosciugamento magari a causa di una derivazione idroelettrica (considerata energia pulita!) anche se il piano provinciale di tutela delle acque ha cercato intelligentemente di mettere dei paletti come il cosiddetto rilascio minimo, una quantità d’acqua che dovrebbe garantire l’autodepurazione ed una certa naturalità al torrente. Ma bisogna stare in guardia e regolamentare meglio gli sbalzi di portata causati dalle esigenze delle centrali elettriche, i cui effetti risultano devastanti per la fauna ittica. Pedron ha infine ricordato al presidente della Coldiretti, Gabriele Calliari, i tanti impianti a pioggia utilizzati in particolare in Val di Non e che, a suo dire, sono una delle tante modalità di spreco di acqua che ancora caratterizza l’agricoltura.
Calliari ha replicato ammettendo sì le responsabilità della categoria, ma ricordando anche i tanti sforzi compiuti in questi anni (anche grazie al forte intervento finanziario della Provincia) per ammodernare gli impianti irrigui e costruire numerosi bacini di accumulo che costituiscono riserve d’acqua altrimenti destinata alla dispersione. E’ stato poi ricordato il contributo fornito dall’agricoltura alla cura del territorio e del paesaggio.
Il direttore di Air spa, Dalmonego, non senza lanciare qualche frecciata all’indirizzo di Bersani, ha illustrato il prossimo intervento (dieci milioni di euro) sull’acquedotto di zona, investimento mirato a quadruplicare la capacità di accumulo (con deposito in galleria) dell’acqua potabile allo scopo di garantire il servizio per la popolazione in termini di lunga durata e con una parallela produzione di energia elettrica ricavata dalla cosiddetta acqua di supero. Tutto ciò senza aumentare il prelievo dalla sorgente.
Fra gli interventi è stato apprezzato in modo particolare quello di un’alunna delle elementari di Mezzocorona che ha elencato le quantità d’acqua usate (e talvolta sprecate) nella quotidiana conduzione di una famiglia moderna.La lezioncina si è collocata nell’ambito del lavoro concluso da alcune classi della stessa scuola e che ha trovato espressione anche nella mostra di illustrazioni e di dati che per l’occasione hanno tappezzato l’ingresso e la platea del teatro S. Gottardo. Marco Costantini, dell’ufficio servizi pubblici della Pat, ha poi illustrato le modalità con cui si formano i costi dell’acqua pagati dagli utenti e, tra le altre cose, è emerso che nella nostra ricca provincia una parte dei costi effettivi non viene pagata direttamente dagli utenti in quanto, diversamente da molte altre realtà regionali, gran parte degli investimenti e dei relativi ammortamenti, vengono sostenuti da mamma Provincia. Infine Maddalena di Tolla, di Legambiente, ha invitato i presenti a non vedere nell’acqua solo un elemento utilizzabile (per dissetarsi o lavarsi), bensì l’elemento base per l’equilibrio ambientale garante della biodiversità e quindi della vita delle piante, della fauna e dell’uomo.
... alle Ande
La società civile trentina diventa protagonista di progetti per il diritto all’acqua sull’altra sponda dell’Atlantico.
Paesi come la Bolivia e l’Uruguay sono esempi unici al mondo di democrazia partecipativa nella gestione risorse idriche. Per questo il lavoro dei movimenti per il diritto all’acqua in America Latina (che hanno formato la coalizione conosciuta come Red Vida) merita di essere approfondito.
L’associazione Yaku di Trento darà il via al progetto "La escuela del agua" che inizierà in Bolivia, nei pressi di Cochabamba, dove nel 2000 avvenne la famosa Guerra dell’Acqua con la quale i cittadini cacciarono dal Paese la società Bechtel. La multinazionale nordamericana, grazie ad un contratto miliardario ed avvalendosi di leggi internazionali e dell’appoggio della Banca Mondiale, non rispettava le clausole legate alla gestione del servizio a scapito, in primo luogo, delle fasce povere della popolazione. Con il progetto di Yaku nascerà, nel rispetto delle culture indigene locali, un centro educativo sull’acqua, un progetto che potrebbe estendersi a tutto l’arco andino, recuperando tradizioni ancestrali di popoli come i Quechua, gli Aymara ed i Mapuche.
Ma la minaccia della privatizzazione si è ripetuta nel resto del continente; ad esempio in Uruguay, dove due imprese europee hanno seguito la strada della Bechtel. Sono la francese Suez e la spagnola Aguas de Bilbao: giganti dell’acqua che, avendo preso in gestione i servizi idrici della popolazione della costa orientale del Paese, dimostrarono una cattiva gestione, alla pari dei colleghi statunitensi. Per questo nel 2004 l’Uruguay fu protagonista di uno storico plebiscito popolare, che modificò la Costituzione con i principi del diritto all’acqua e di gestione pubblica e partecipativa delle risorse idriche. Le due imprese europee, tra le più grandi del mondo nel settore, sono ormai fuori gioco, anche se, dopo la riforma, ci hanno messo oltre un anno a fare le valigie.
Per applicare di fatto il principio del diritto all’acqua, l’associazione Filo Rosso di Lavis sta avviando un progetto di "comunicazione partecipativa" in Uruguay, con una serie di incontri, momenti di formazione e laboratori multimediali destinati a comunità urbane e rurali, con l’obiettivo di rafforzare le fasce più deboli della popolazione e costruire una nuova cittadinanza basata sulla consapevolezza dei problemi ambientali e sulla ricerca di strumenti per superarli. Dalle baraccopoli della periferia di Montevideo, sommerse dai rifiuti, colpite da malattie gastroenteriche e fornite di reti idriche irregolari, alla zone rurali, dove l’acqua è a servizio delle monocolture (soia, riso, grano, eucalipti…) e dell’ agrobusiness su scala internazionale, la risorsa idrica è ormai un bene raro per i piccoli produttori e le famiglie contadine.
Eppure l’America del Sud è la regione al mondo con le maggiori provviste d’acqua. Con una popolazione di circa 400 milioni di persone, possiede un quarto delle riserve di acqua dolce della terra. Nonostante ciò, i problemi non mancano: contaminazione, mancanza d’acqua, disastri climatici, dighe e sbarramenti che inondano intere comunità e distruggono gli ecosistemi sono i problemi più evidenti. Per farvi fronte sono molte le iniziative di cooperazione nate dal legame con i paesi sviluppati, e le reti globali che portano avanti progetti di sviluppo, azioni di denuncia e campagne per costruire un altro mondo possibile.
Il Trentino ha una tradizione storica di cooperazione con l’America Latina, dove numerose associazioni della provincia lavorano da anni. A questo si aggiunge l’impegno della Trentini nel Mondo, che mette in contatto i suoi volontari con le collettività trentine transoceaniche. E da quasi un anno a Montevideo è stato aperto un ufficio di appoggio al cooperativismo del Mercosud, attraverso la collaborazione della Federazione Trentina Cooperative, del Consorzio Nazionale Gino Mattarelli e dell’Ong Cesvi. Oltre alla realizzazione di progetti in loco, l’ufficio sarà il legame tra le cooperative dei due blocchi regionali più importanti del globo: il Mercosud e l’Unione Europea.
Antonio Graziano