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QT n. 9, 7 maggio 2005 Scheda

Una lesbica si racconta

Vivere un amore "invisibile" non è certo facile. Significa nascondere i propri sentimenti, magari sfuggire alle domande indiscrete, o camuffare la propria vita privata. Per conoscere queste difficoltà, abbiamo sentito la voce di una donna. Paola (nome di fantasia), ha 45 anni, e ci ha raccontato la sua storia, una volta tranquillizzata sulla garanzia dell’anonimato. Ecco la sua testimonianza.

Gustav Klimt, “Bisce d’acqua” (1904).

"Fin da bambina, a 7-8 anni, ho avuto la percezione di avere un orientamento sessuale verso le donne. Ho fatto molta fatica ad accettarmi in questa cosa. Poi a 16 anni ho avuto una storia con una compagna di classe, durata un anno, che è stata un ulteriore conferma del mio lesbismo. Finita questa storia, mi sono spaventata, perché non volevo mettere in discussione la mia immagine positiva, che era quella di figlia unica, amatissima in famiglia, militante politica, leader nella scuola, ecc…In un certo senso, diciamo che ho tradito me stessa pensando che avrei potuto essere felice con gli uomini, mettendomi ‘in regola’. E così ho fatto.

Ho conosciuto a 21 anni il mio futuro marito, un rapporto che è durato 10 anni, ma che naturalmente aveva molte difficoltà, pur con degli aspetti positivi. Questa cosa in me era comunque sempre latente e non volevo affrontarla. Ai genitori, che adesso non ho più, non l’ho mai detto, perché mi è parso che questa cosa non la volessero vedere.

La mia accettazione è avvenuta recentemente, intorno ai quarant’anni. Ormai ero una donna adulta e ho preso la decisione di viverla. Per realizzare questa scelta ho cambiato completamente vita, città, casa. Sono venuta in Trentino non per legami personali, ma perché mi piaceva la zona. Nel giro di un anno ho preso contatto con il circolo e ho iniziato il mio cammino. Mi sono dichiarata, nel precedente lavoro, solo a tre colleghi di cui avevo stima. Dove lavoro adesso, non l’ho detto. Non temo tanto un discorso di discriminazione per la carriera, ma un discorso d’immagine. La mentalità è quella di considerare l’orientamento sessuale diverso una disgrazia. Il mio approccio con il Trentino è quello di una regione in cui si vive bene, ma dove in un certo senso ti pianificano la vita, da quando nasci a quando muori, cioè devi essere fatto in un certo modo. Le manifestazioni affettive in pubblico tipo abbracciarsi, ecc., per me sono sempre state naturali, anche perché avere una compagna ti dà forza. Diciamo che in questo senso non temo nemmeno le reazioni della gente, perché penso che la discriminazione sia qualcosa di più sottile. Infatti, il non essere dichiarata mi permette di sentire le altre persone parlare di gay e lesbiche in un certo modo, a volte anche se sono persone aperte.

Penso che il mio percorso sarà quello di uscire pian piano allo scoperto. Vedo che accettando di più me stessa acquisto maggior sicurezza, ad esempio ho meno paura di presentarmi ad una riunione. In questo momento, mi pesa il non comunicare alle persone cui tengo le cose importanti di me. I rapporti diventano vuoti perché devi mentire. A volte ti sembra di tradire la loro fiducia...".