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Dio, Ratzinger e il Grande Inquisitore

L’impossibilità - secondo Ratzinger - di un’etica laica oggi adeguata. E la necessità anche per i laici di riconoscere un’Autorità superiore, cioè Dio (e chi lo rappresenta).

Joseph Ratzinger.

Ho trovato utile, interessante e stimolante l’intervento sul Trentino del 29 aprile del nostro redattore Piergiorgio Cattani: "La modernità di Ratzinger" sulla (im?)possibilità "che l’uomo, contando solo sulle proprie energie, riesca a costruire da solo una morale"; escludendo quindi la necessità di un Dio (e chi per lui in questa terra, naturalmente) che fissi il confine tra bene e male.

Cattani, dopo un breve excursus storico-filosofico, dal sofista Protagora ad Heidegger, sul tema dell’autonomia morale dell’uomo, divenuta egemone con l’Illuminismo, ne individua la crisi nei recenti sviluppi della scienza. Le biotecnologie, gli interventi sulla vita e sulla struttura stessa dell’uomo, su cosa è umano e cosa no, pongono nuovissimi, ardui problemi. Cui l’etica laica sembra inadeguata, anche perché - aggiungiamo noi - pressata sia dalle aspettative di eternità ed eterna giovinezza, sia dai più concreti e corposi interessi generati dalla ricerca scientifico-farmaceutica.

E’ in questa temperie che nasce la sfida del cardinal Ratzinger, il quale, in una conferenza del primo aprile, pochi giorni prima del Conclave, propone ai laici di mettere fra parentesi il principio per cui è la ragione l’unico criterio valido per tutti a fondamento del diritto. "Nell’epoca dell’illuminismo - afferma Ratzinger - si è tentato di intendere e definire le norme morali essenziali, dicendo che esse sarebbero valide etsi Deus non daretur, anche nel caso Dio non esistesse".

Ma con la crisi della morale nell’era della scienza "dovremmo capovolgere l’assioma degli illuministi e dire: anche chi non riesce a trovare la via dell’accettazione di Dio dovrebbe comunque cercare di vivere e indirizzare la sua vita veluti si Deus daretur, come se Dio ci fosse".

In poche parole, anche ai non credenti converrebbe, se vogliono vivere in una società ordinata, riconoscere "un sostegno e un criterio di cui hanno urgentemente bisogno" cioè riconoscere un’Autorità superiore che stabilisca i principi della morale.

Non posso non esprimere, per quello che conta, un personale ma totale rigetto della proposta del cardinale ora papa. Sulla quale però è opportuno discutere.

Confesso di partire da un presupposto che non è filosofico, ma personale: ma d’altronde la filosofia è aria fritta se fa a pugni con la realtà vissuta. Dunque, nella mia esperienza non ho mai avvertito la necessità di ancorare a una divinità i principi etici: concetti come coscienza e rimorso non hanno bisogno di Dio. Dirò di più: quando, da giovane, ho smesso di credere ed ho svincolato l’eticità dal timore delle terroristiche/folkloristiche pene ultraterrene (le fiamme dell’inferno), ho sentito di vivere più pienamente, con più adulta convinzione, i dettati dell’etica. E questo mi sembra che valga per tante altre persone, non credenti eppur moralmente rigorose.

Per dirla con il caporedattore di Questotrentino: "Ma perché mai, per essere delle persone decenti, si dovrebbe per forza credere in Dio?"

Fatta questa premessa, entriamo nel merito della "sfida" di Ratzinger; la quale postula la necessità di un’Autorità suprema che guidi ed indirizzi l’uomo, altrimenti destinato a perdersi.

Fjodor Dostoevskij.

Il principio ci ricorda la celebre leggenda del Grande Inquisitore di Dostoevskij. La ricordiamo brevemente.

Nella Spagna dell’Inquisizione torna Gesù Cristo. Il popolo subito lo riconosce e lo acclama. Lo riconosce anche l’Inquisizione, e lo fa arrestare. In prigione, il Grande Inquisitore fronteggia il Cristo: sei tornato a portare solo confusione - gli dice - ma non hai capito niente. Tu vuoi portare al popolo la libertà, cosa che gli sarebbe perniciosa, perché non sa utilizzarla. Se il popolo vuole essere felice, non deve essere libero, ci deve essere chi, con durezza, gli dice quello che deve fare, e questo è il mio compito. Domani ti giustizierò, e il popolo mi acclamerà.

Ecco: lo stesso pessimismo sull’umanità (e sulla democrazia), la necessità di Dio (e del potere assoluto) come unico seppur doloroso antidoto all’incapacità dell’uomo di gestirsi, di autogovernarsi, lo trovo nel pensiero di Ratzinger.

L’uomo non può essere libero, non riesce a dotarsi di strumenti (il diritto, il governo, la giustizia) con cui si autoregola: ha bisogno di qualcuno che dall’esterno gli suggerisca, anzi gli imponga le regole.

Il discorso di Ratzinger comunque non è, come dicevamo, peregrino. Non ci riferiamo ai milioni di fans osannanti, o alle centinaia di politici in pelosa e penosa prostrazione (in proposito vedi, riferito all’ineffabile Massimo D’Alema, l’articolo D'Alema e Sofri:
la fatica della sinistra, sempre di Piergiorgio Cattani). I fans si stufano presto, e i politici assieme ad essi.

Ci riferiamo invece alla crisi dell’etica laica che, come abbiamo più volte constatato, è effettiva. Ma al contempo contingente, dovuta com’è all’attuale fase di caduta delle ideologie, di imperversare dei "pensieri deboli", per se stessi destinati a non essere duraturi.

Comunque, in ogni caso, prescindendo dalla contingente forza o debolezza dei laici, il problema vero è quello sottolineato da Cattani: l’esigenza di una nuova etica che affronti i nuovi corruschi orizzonti che oggi apre la scienza.

Ma a questo proposito ci sembra che proprio l’intellettualità, la ragione si stia attrezzando per fornire risposte, o se non altro per trovare gli strumenti per indagare, dibattere, ragionare. Non è un caso che assieme alle nuove cattedre di bio-tecnologia se ne stiano aprendo altre di bio-etica. Circa un anno fa l’allora rettore Egidi ci comunicò l’intenzione di istituire all’Università di Trento un corso di laurea in bio-etica (Biotecnologie a Trento: c'è da averne paura?): intenzione con ogni probabilità strumentale (a proposito, che fine ha fatto?), originata dalla necessità di parare l’opposizione alle ventilate ricerche sugli Ogm; eppure forse proprio per questo ancor più indicativa di come la collettività, di fronte alle nuove grandi opzioni scientifiche, richieda un supplemento di razionalità, esiga dei nuovi binari etici.

Qui sta al punto: riteniamo che l’antica strada indicataci dal pensiero illuminista sia ancora attuale: indagare con l’ausilio della ragione il nuovo che si apre e coinvolgere in un grande lavoro di confronto e di ricerca molteplici culture e intelligenze, tra le quali, e tra le più significative, la sensibilità e cultura cattolica .

Anche perché l’alternativa - affidarsi a Dio, cioè ai suoi rappresentanti terreni, che guarda caso sono quelli che fanno questa proposta - ci sembra francamente improponibile.

Se pure i non credenti, secondo quanto propone Ratzinger, dovessero affidarsi a Dio inteso come "valore assoluto" - commenta acutamente Cattani - "chi decide il contenuto concreto di questo valore assoluto?" La Chiesa romana?

Con tutto il rispetto, non ci sembra un’istituzione in proposito affidabile. "Per decidere se il budino è buono od è una schifezza, bisogna mangiarlo - dicevano i dissidenti dell’Est ai comunisti utopisti dell’Occidente - Noi il comunismo lo abbiamo dovuto trangugiare, ed è immangiabile".

La prova del budino applicata alla Chiesa cattolica non darebbe esiti confortanti: tra precetti balzani (il tabù sessuale) o irresponsabili (sul controllo delle nascite) o criminali (su Aids e preservativi), il budino cattolico è da buttare. Se Dio c’è, non comunica molto con il Vaticano.

Per favore, torniamo a confidare nella ragione.