La croce come una spada
Non ci sono dubbi, torna il clericalismo vaticano. Come vi si stanno adeguando i partiti italiani.
Circa un mese fa, in un articolo (Il suicidio dell’Ulivo: una spiegazione) dedicato alla situazione di crisi che attraversava (attraversa?) il progetto dell’Ulivo di Romano Prodi, evidenziavo come il nesso fra queste difficoltà e il nuovo corso della Chiesa ratzingeriana (caratterizzato dalla forte ricerca di identità, dall’attacco al relativismo, dal desiderio di fare politica) fosse qualcosa di più di una semplice ipotesi.
Le vicende di questi ultimi giorni hanno confermato la giustezza di questa analisi, anzi, a ben vedere, gli eventi sono andati molto oltre le nostre aspettative e ci impongono un aggiornamento e un perfezionamento del quadro politico, culturale e sociale, in cui un’Italia sempre più in crisi si sta affannosamente dibattendo. Se a questo si aggiunge anche la rinnovata angoscia per atti terroristici nel nostro paese dopo le stragi di Londra, il cielo si fa davvero oscuro e pesante.
Il dopo referendum. Si sono spese davvero molte parole sull’esito quasi catastrofico in termini di partecipazione al voto per il referendum sulla procreazione assistita. Nessuno prevedeva il 75% di astensione, ma certamente nessuno si attendeva una massiccia corsa alle urne. Non ha vinto la cultura della vita (propagandata completamente a senso unico), non hanno vinto i valori cattolici, non si è affermata un’Italia adulta che sa con certezza e determinazione quale atteggiamento avere verso le delicatissime e complesse questioni che riguardano la scienza, le biotecnologie, il desiderio di avere un figlio, la tutela della vita nascente. Credo invece che il referendum abbia disegnato il quadro di un’Italia stanca di discutere su argomenti troppo difficili, impaurita di fronte al progresso tecnologico, desiderosa di trovare identità e certezze in quel vortice di precarietà, instabilità e disillusione, che caratterizza un mondo in repentino e perpetuo cambiamento.
Certamente coloro che si sono esposti pubblicamente per il non voto avevano fortissimo il senso di compiere una battaglia giusta, motivata, convinta, indispensabile per tutelare alcuni valori giudicati imprescindibili per il futuro della nostra società: tuttavia le punte di astensione dell’ 85-90% registrate in Calabria, con tutti i problemi di democrazia reale in quella regione, non penso siano frutto di una matura analisi filosofica, teologica, politica sul relativismo, sulla laicità o sulla Chiesa, quanto piuttosto siano il segno di una completa disillusione.
Al di là di questa chiave di lettura, è ovvio che questo risultato incide molto sulla vita politica italiana: galvanizzando i più integralisti sostenitori dello Stato etico (capitanati, per strana ironia, da atei e non credenti); rafforzando la posizione del cardinal Ruini e la sua strategia politico-culturale volta a creare in Italia un laboratorio per una "religione civile cristiana non confessionale"; mettendo sull’avviso i politici desiderosi di intercettare il voto cattolico (in primis Rutelli) o di intavolare la campagna elettorale del 2006 sui valori etici (da Casini ad Alemanno passando per Buttiglione); indebolendo, anche se forse in misura minore rispetto a quanto si creda, la sinistra e il mondo laico; gettando infine nello sconforto chi sperava in una modifica della legge.
Prodi e Berlusconi: così lontani, così vicini. Ma escono anche oggettivamente indeboliti i due leader che nel bene o nel male, per sostanza o per immagine, hanno rappresentato gli unici tentativi di rinnovamento della vita politica italiana negli ultimi anni. Non è assolutamente nostra intenzione paragonare un uomo onesto e serio, anche se qualche volta criticabile, come Prodi, ad un avventuriero sceso in politica per salvare se stesso dai processi e le sue aziende dai debiti come Berlusconi: tuttavia essi hanno segnato, agli occhi dei cittadini, una speranza di cambiamento, una critica alla partitocrazia, una possibilità di far avanzare l’Italia.
Ora coloro che rimpiangono i partiti della prima Repubblica, il ruolo della classe dirigente, i riti e i miti del proporzionale, vedono come principali ostacoli per un ritorno al passato proprio Prodi e Berlusconi. E’ abbastanza sorprendente che dieci anni dopo la prima sfida del ’96 saranno ancora loro a sfidarsi per il governo, ma in una posizione indebolita.
Grandi manovre a destra. A destra è ormai chiaro che vogliono liberarsi di Berlusconi, che ora deve disperatamente appoggiarsi all’unico amico fidato, Umberto Bossi (con tutto ciò che ne consegue), e che, per restare in sella e poter ricattare gli alleati, deve scatenare tutta la sua potenza economica e mediatica. Silvio per ora resiste, ed è molto probabile che stando alle scarsissime probabilità di una vittoria elettorale, nessuno abbia il desiderio di prenderne il posto. E conoscendo l’uomo, poi, è molto difficile immaginare un suo passo indietro.
Ma i congiurati vogliono proprio cogliere quest’occasione e hanno le loro corazzate: Casini, da sempre in predicato per la sostituzione del premier, faro di chi rimpiange la Democrazia Cristiana, abile nell’alternare toni concilianti e dure invettive (come al congresso dell’Udc), sta scaldando i motori; Formigoni nell’ombra sta convertendo il suo oliato e ramificato apparato di potere lombardo in una macchina da guerra per palazzo Chigi, e sta trescando con il Torquemada della nuova Inquisizione antirelativista e antilaicista Marcello Pera.
Scrive Marco Damilano su L’Espresso del primo luglio: "Un super-ticket, anzi un sacro ticket: il filosofo e il governatore, lo studioso di Popper e il seguace di don Giussani, in corsa per l’accoppiata vincente del 2006. Un laico al Quirinale, un cattolico a Palazzo Chigi. Pera e Formigoni, appunto. Uno schema che può contare sulla benedizione del cardinale Camillo Ruini e del Vaticano, sempre più attivo nella politica italiana dopo l’elezione di papa Ratzinger... Le vere cannonate partiranno domenica 21 agosto, dall’auditorium della Fiera di Rimini. Quel pomeriggio il presidente del Senato aprirà il meeting di Rimini con una relazione impegnativa sul tema ‘Democrazia è libertà?’. E per quella data sarà pronto il manifesto Pera-Formigoni... Contenuti tipicamente teo-con: la lotta al relativismo etico, le radici cristiane, la sussidiarietà. E una convinzione: rifare la Dc è impossibile anzi dannoso, dopo l’11 settembre in Italia non esiste più la barriera laici-cattolici, è possibile stare insieme nel segno dei valori. Un discorso che piace moltissimo al cardinale Ruini: convinto che le battaglie della Chiesa, come quella sui referendum, possono essere vinte solo se a condurle sono laici al di sopra di ogni sospetto, ma che aderiscono alle indicazioni dei vescovi con lo zelo che molti cristiani sembrano aver smarrito".
La Chiesa non sta a guardare. Ma andando oltre questo retroscena giornalistico, basta solamente elencare alcuni fatti concreti per capire come la Chiesa sia nuovamente molto coinvolta nella politica italiana. La trionfale dichiarazione post-referendaria di Ruini ("Non cambieremo la legge sull’aborto, vogliamo solo che sia applicata in tutte le sue parti", arrogandosi anche il diritto di fare le leggi); la visita di Benedetto XVI al Quirinale, con la richiesta mai così esplicita, dettagliata e decisa di leggi adeguate su famiglia, vita, parità scolastica (incredibilmente messi sullo stesso piano) conformi ai valori umani (=naturali =cattolici); la consuetudine, ormai consolidata da parte della gerarchia, di parlare direttamente alla politica, di interloquire col potere, di mettere insieme trono e altare, spada e pastorale (tutto ovviamente all’insegna della vera laicità...). Se poi sono vere le indiscrezioni che preannunciano per ottobre un pronunciamento dei vescovi per spingere a non votare chi è favorevole a una legislazione abortista, la presenza della Chiesa alle prossime elezioni sarà davvero evidente.
Ruini comunque è troppo abile per voler agire frettolosamente, rischiando di perdere: in vista delle elezioni politiche è prevedibile che la Chiesa mantenga le distanze dai due poli (specie se c’è ancora Berlusconi), cercando invece di condizionare pesantemente le coalizioni attraverso il grimaldello dei partiti più legati all’elettorato cattolico (Margherita, Udeur, Udc), guardando più da vicino nel mondo cattolico, ai movimenti, che - molto di più delle parrocchie - sono stati l’ossatura della vittoriosa campagna referendaria.
Per la prima volta uniti (dalle Acli ai Carismatici, dalla Comunità di Sant’Egidio a Cl, dai Focolarini all’Opus Dei), determinati e radicati sul territorio, i movimenti rappresentano una parte sempre più cospicua del cattolicesimo impegnato, mentre le pastorali diocesane e gli oratori parrocchiali, in cui è più facile sviluppare un atteggiamento critico e aperto, sono in crisi.
Prodi: il cattolico "adulto". Anche Prodi è abbastanza in difficoltà dal versante cattolico: molti lo rimproverano di essere andato a votare, di essere troppo vicino alle posizioni della sinistra e soprattutto di avere in mente una prassi politica "all’antica", cioè capace di distinguere tra i dettati ecclesiali e le leggi dello Stato. Il quotidiano Avvenire, dopo la vittoria astensionista, aveva titolato a caratteri cubitali facendo il verso a Prodi: "Un’Italia adulta".
Non è ancora chiaro come l’Unione reagirà a questo mutato quadro. Per ora regna la confusione: la Margherita di Rutelli vuole continuare sulla strada del rapporto privilegiato con i cattolici, parte della sinistra sogna di costruire una coalizione laica-radicale per fare muro contro le ingerenze ecclesiastiche, i DS e lo stesso Prodi sono titubanti sulla via da perseguire per salvare capra e cavoli. Tuttavia è facile immaginare che quest’ultima opzione sarà quella scelta dal centro-sinistra: muoversi con i piedi di piombo per non scontentare nessuno.