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La Shoah e il Sudtirolo

Le numerose iniziative in occasione della Giornata della memoria. E le parole fuori luogo di Durnwalder...

Raramente a Bolzano, in occasione della Giornata della memoria, si sono avute iniziative così significative come quest’anno e una partecipazione così numerosa.

Vittime del campo di Buchenwald.

Giunta ormai alla sua terza edizione, questa occasione offerta dalla legge 211 del 2000 di riflettere sulla persecuzione e lo sterminio degli ebrei, sulle leggi razziali, sull’eliminazione di coloro che si opposero alla violenza razzista diventata legge di Stato, ha messo in moto associazioni e persone come non si vedeva da molto. Forse è l’aria politico-istituzionale che in Italia si è fatta irrespirabile, forse lo sfascio istituzionale che vede i poteri in conflitto aperto o il grido di allarme di Magistratura Democratica sul rischio per la democrazia quando nella legislazione si accetta che vengano inseriti elementi di diversificazione della cittadinanza.

Ha aperto le celebrazioni il Comune, con un convegno, organizzato insieme al Comune di Nova Milanese, e nonostante fosse giovedì e venerdì, la sala era piena.

Il criminale nazista Misha Seifert.

L’ANPI ha presentato il secondo Quaderno, dedicato al processo contro l’aguzzino del Lager di Bolzano, Misha Seifert. Studiosi, rappresentanti delle comunità religiose ed etniche, ebrei, zingari, l’avvocato Arnaldo Loner che ha rappresentato il Comune di Bolzano costituitosi come parte civile, protagonisti, associazioni delle vittime, testimoni internati, si sono uniti per ricordare.

Si è cercato di fissare i ricordi, la storia. Si è cercato di capire il perché. Nell’aria, dopo le celebrazioni al cimitero ebraico e al monumento alle vittime del lager di via Resia, rimaneva sempre la domanda: perché? Perché tantissimi accettarono, perché quasi tutti rimasero indifferenti?

Fu allora il fragore delle armi della guerra mondiale a soffocare le grida delle vittime e a coprire il rumore dei vagoni piombati? Fu il generale orrore della guerra a rendere possibile la distrazione e l’indifferenza verso il tremendo crimine che la Germania nazista stava perpetrando? E fu ancora la guerra a indebolire la voce dei pochi, donne e uomini, che coraggiosamente cercarono di opporsi alle dittature e furono per questo a loro volta perseguitati e uccisi?

E ancora: chi tornò dai campi di sterminio, come Primo Levi, raro sopravvissuto, nelle città bombardate e sconvolte, nelle famiglie in lutto per i caduti e sconvolte dalle privazioni, non veniva creduto.

Eppure oggi la maggioranza degli uomini sta in attesa, muta e immobile davanti alla ipotesi concreta di una guerra chiamata "preventiva", che non diversamente dalle altre seminerà distruzione e morte.

Il processo a Seifert e la sua condanna ha fatto emergere un’inimmaginabile ferocia umana. Per nessuno tuttavia la punizione è l’aspetto prevalente. Lo è invece il riconoscimento delle vittime, della loro inviolabile umanità, allora calpestata e massacrata, e l’aver fatto diventare storia ciò che rischiava, con la perdita della memoria, di essere fatto passare per una leggenda. Un assessore di Nova Milanese, neurologo, ha spiegato i meccanismi dell’oblio di chi ha subìto o visto subire inenarrabili violenze e ha parlato della sofferenza di ricordare. Si deve dunque essere grati agli internati in quel lager che hanno accettato di parlare e quindi di rinnovare il dolore, perché non vada persa la consapevolezza che a Bolzano ci fu un lager non solo di transito, ma nel quale centinaia di persone furono barbaramente torturate e uccise.

Il laboratorio di storia della Sovrintendenza scolastica di lingua italiana, diretto da Milena Cossetto, ha prodotto un prezioso dossier, come materiale didattico per le scuole. Si tratta di un contributo importante che va nel senso di uno dei principali obiettivi della legge 211, cioè quello del coinvolgimento delle scuole e dei giovani. E ai giovani si è rivolto più di una volta in questi giorni Federico Steinhaus, che considera l’informazione e l’educazione alle nuove generazioni l’obiettivo prioritario della sua attività di presidente della comunità ebraica di Merano. Steinhaus è un cittadino attivo sul piano culturale e sociale, plurilingue, cosmopolita, che dedica una parte considerevole del suo tempo a contribuire a rendere più aperta e attenta la società sudtirolese.

Lo sterminio degli ebrei fu l’ultimo gradino di un lunghissimo percorso di umiliazioni e aggressioni verbali, prima che fisiche, tese a creare la diffusa convinzione che alcuni esseri umani siano dotati di una minore umanità, in relazione alla loro differenza religiosa, sessuale, culturale, linguistica, e altro. Un’affermazione dell’insopportabilità della differenza. E’ un fenomeno che si vede riapparire oggi in misura non marginale e che tende ad essere tollerato e verso cui esiste una pericolosa indifferenza.

La sinagoga di Merano.

Gli episodi di razzismo verbale ne sono la spia rossa: devono essere stigmatizzati e sanzionati, altrimenti le espressioni di disprezzo rischiano di trovare, in tempi difficili, chi voglia passare dall’offesa all’eliminazione dell’oggetto del disprezzo. E insieme si deve costruire l’interesse verso la differenza, la coscienza che la cultura e la convivenza sono pluraliste o non sono.

Per questo hanno stonato le affermazioni del presidente della giunta Durnwalder che ha perso l’occasione di stare zitto. Assente alle celebrazioni, è arrivato ad affermare di non essere mai andato alla sinagoga di Merano "perché non è stato invitato", lui che è andato anche all’inaugurazione di un Würstelstandl (i baracchini che vendono Würstel per strada), e che non perde una festa campestre. E di fronte alla richiesta della Gesellschaft für bedrohte Völker, l’associazione dei popoli minacciati, che gli chiedeva un atto di pentimento a nome dei sudtirolesi che nel 1943 aiutarono le SS a scovare i vecchi, le donne e i bambini ebrei di Merano, che furono tutti deportati e uccisi, Durnwalder ha risposto che i sudtirolesi "hanno sofferto come gli ebrei". Un’affermazione senza fondamento storico, offensiva verso un popolo massacrato, che contribuisce a fomentare il vittimismo e che rifiuta la responsabilità storica.

L’Europa è stata impoverita dalla scomparsa del popolo ebraico e potrà crescere e trovare la propria identità culturale, umana, civile, solo elaborando il lutto causato dalla scomparsa degli ebrei, della loro lingua, musica, cultura, senza stancarsi di ricercare le ragioni che hanno permesso che l’inimmaginabile sia accaduto.

Lo può fare attraverso il recupero della memoria, e lo sforzo di inclusione delle differenze, a ricomporre un più ricco tessuto culturale e umano.