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Lager di Bolzano: a volte i mostri ritornano

Il campo di concentramento di Bolzano venne costruito dai nazisti dopo l’8 settembre 1943. Doveva essere essenzialmente un campo di transito per prigionieri politici, militari, ebrei catturati in Italia da inviare nei campi di sterminio in Austria (Mauthausen), in Germania (Dachau), in Polonia (Auschwitz). In breve tempo, pur continuando la sua funzione di smistamento di uomini e donne votati alla morte senza processo, si trasformò esso stesso in un campo di sterminio sotto la direzione di Michael Seifert detto ‘Misha’, sottufficiale delle SS di origine ucraina.

Michael Seifert.

Fuori del campo permaneva un simulacro di leggi: quelle dure e di guerra del terzo Reich. Dentro il recinto invece la legge era Seifert, che a suo capriccio torturava, picchiava, violentava, uccideva. Chi c’è stato anche per pochi giorni non può dimenticare quell’inferno.

Seifert non era pazzo, ma era tarato dal complesso di onnipotenza e da una forte componente sadica. La popolazione di Bolzano e dell’Alto Adige viveva nel reticolo ferreo del diritto di stampo nazista: nazista ma pur sempre diritto (recht, regola). Nel campo invece era l’assoluto arbitrio, l’assenza di regole, contava solo la volontà capricciosa di Seifert, il suo diritto: torture, uccisioni, stupri. Ogni giorno un crimine, anche quando la guerra era ormai perduta e gli americani si avvicinavano a Bolzano. Per esempio, nell’aprile ‘45, in compagnia dell’inseparabile Sein, il mostro di Bolzano uccideva una giovane prigioniera ebrea, infierendo sul suo corpo con colli di bottiglia spezzati.

Con la fine della guerra Seifert si mimetizzò, ebbe oscuri aiuti, fuggì in Canada convinto di avere raggiunto l’impunità

Ma in Italia, riaperti finalmente gli armadi della vergogna, il boia di Bolzano venne processato in contumacia dal tribunale militare di Verona e condannato all’ergastolo il 24 novembre 2000.

Per quanto esemplare, la sentenza poteva essere messa in cornice, data la latitanza canadese di Seifert.

Ma accadde un fatto imprevisto. Il giornalista canadese Rick Ouston inviato del Vancouver Sun, il maggiore quotidiano della città, organizzò una beffa contro Seifert: l’11 novembre 2001 distribuì volantini all’ingresso della chiesa dove Seifert, cattolico, non mancava mai. Nei volantini erano riportate la condanna di Seifert e le sue sadiche gesta. Il fatto ebbe una clamorosa eco in Canada. Ne parlarono i principali giornali e le televisioni.

Si mosse anche il Governo canadese che aprì un’inchiesta. Il 30 aprile 2002 la Procura canadese procedette all’arresto di Seifert.

Finalmente! Ma perché giustizia sia veramente fatta e si plachi il naturale desiderio di vendetta per le infami gesta del boia di Bolzano, bisogna che il Governo Berlusconi chieda l’estradizione, che Seifert venga rinchiuso in cella e ci rimanga fino alla fine dei suoi giorni.