Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 4, aprile 2022 Cover story

Guerra, democrazia, economia

Russia-Ucraina: le politiche della Nato, lo stallo nella società russa, il fascino della democrazia

Tutti i media parlano della guerra attuale, attraverso notizie contrastanti e posizioni diversificate, spesso condizionate da interessi o incrostazioni ideologiche. Non ci sottraiamo a questo impegno, cercando un taglio particolare: abbiamo intervistato due trentini che hanno operato con livelli anche di alta responsabilità rispettivamente in Ucraina e in Russia, accumulando esperienza e conoscenza, che poi hanno avuto modo di approfondire.

Il primo è Giovanni Kessler, a Trento Pubblico ministero di Mani Pulite, poi presidente del Consiglio provinciale e deputato a Roma, passato poi all’Unione Europea dove è stato dirigente generale dell’Ufficio anticorruzione e antifrode; in Ucraina ha lavorato ai progetti anticorruzione in collaborazione con l’agenzia nazionale Anac e con l’ong Nako, ed è stato tra i commissari che nel 1994, dopo l’accordo di Bucarest tra Clinton e Eltsin, hanno sovrainteso alla denuclearizzazione dell’Ucraina (approfondiremo il tema).

Il secondo dei nostri testimoni è un manager trentino che ha lungamente lavorato negli anni ‘90 in Russia, ha sovrainteso a impegnative realizzazioni in stretto contatto con il mondo politico-burocratico-manageriale locale, con cui ha mantenuto intensi rapporti negli anni 2000 fino a poco tempo fa. Studioso, sia pur dilettante, di storia e politica, accompagna l’esperienza del manager di alto livello con la visione più profonda dell’appassionato di storia.

Ha chiesto l’anonimato, per non compromettere le relazioni che ancora tiene con Mosca.

Con Giovanni Kessler incominciamo a parlare di Russia e Nato, presentando le tesi russofile.

L’America dopo la seconda guerra mondiale ha saputo vincere la pace, aiutando con il Piano Marshall gli sconfitti Germania Italia e Giappone a risorgere e inglobandoli nel suo sistema economico e di valori. Non è che invece nell’89, con la fine della guerra fredda, non ha saputo fare lo stesso, e ha emarginato l’Urss prima e la Russia poi, continuando ad assorbire nella Nato all’inizio gli stati dell’est europeo, poi quelli della stessa Urss? Non ha qualche ragione Putin a sentirsi minacciato ed accerchiato?

Ammesso che questo ragionamento possa far capire come mai si invada l’Ucraina, una tale descrizione è storicamente infondata, falsa. Dopo la caduta del muro di Berlino, la politica della vittoria della pace è stata fatta, sia con Gorbaciov presidente dell’URSS che con Eltsin presidente della Russia: c’è stato sostegno politico ed economico, sono stati sviluppati vincoli di cooperazione tra Russia e Occidente, in particolare con gli Usa; vi è addirittura stata l’offerta di un partenariato Russia-Nato con un ingresso nella Nato. In questo quadro il tema dell’Ucraina era stato affrontato in maniera molto positiva. Nel dicembre ’94, presidenti Clinton e Eltsin, su iniziativa americana si era giunti all’accordo di Budapest tra Russia, Ucraina, Usa (poi firmato anche da Gran Bretagna Francia e Cina) con cui l’Ucraina veniva denuclearizzata”.

Vale a dire?

Veniva privata di missili e testate nucleari, 1900, che venivano cedute alla Russia. Era stato un lavoro, cui ho partecipato personalmente, durato due anni, finanziato con diverse centinaia di milioni dagli Usa. Era un disarmo che costituiva un atto di grande fiducia nella Russia, con le potenze nucleari firmatarie che da parte loro si impegnavano a garantire l’integrità dell’Ucraina. Paradossalmente, se oggi l’Ucraina avesse ancora le testate, non sarebbe stata invasa da Putin”.

Veniamo all’espansione a est della Nato.

Ma la Nato non aveva e non ha alcun interesse ad espandersi! Il vantaggio militare di spostarsi di 500 km a oriente è irrisorio. Per di più Narva, sul confine tra Russia ed Estonia, è già a 80 km da San Pietroburgo. Anzi, avere Estonia o Polonia, per la Nato è un onere, per loro è un’assicurazione: l’art. 5 per cui tutti devono difendere un paese aggredito, è visto come un’assicurazione sulla vita. Gli ultimi paesi vicini alla Russia entrati nella Nato sono st ati i baltici (Estonia, Lettonia, Lituania, ndr) nel lontano 2004: quindi la reazione di queste settimane sarebbe tardiva; e inoltre lì basi missilistiche non sono mai state messe. In quanto all’Ucraina, è vero che voleva entrare nella Nato, ma questa ha sempre risposto di non presentare nemmeno la domanda. Se vuoi per egoismo, per non essere coinvolti in una situazione già molto delicata, con l’annessione russa della Crimea e la guerra strisciante nel Donbass.

In conclusione, l’allargamento della Nato a nuovi paesi non è una minaccia offensiva, quello che cambia è che non li puoi invadere impunemente. D’altronde molti, a iniziare da Macron, si chiedevano a cosa serva oggi la Nato e la risposta l'ha data l’aggressività di Putin: ora Svezia, Finlandia e Moldavia chiedono di entrare”.

Uno degli addebiti all’Ucraina è di non aver rispettato gli accordi di Minsk (stilato dai rappresentanti di Ucraina, Russia, e delle autoproclamate Repubbliche Popolari russofile di Donetsk e di Lugansk, sotto l'egida della Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa OSCE) che avrebbero dovuto porre fine alla guerra dell’Ucraina orientale.

Obiettivamente erano di difficile attuazione: erano una serie ambigua di compromessi, fatta soprattutto per fermare un conflitto. A questo sono serviti, fissando la situazione sul terreno, senza però che gli scontri finissero del tutto. Questo era il primo obiettivo degli accordi; il secondo era l’istituzionalizzazione di du e autonomie, che non si è realizzata, perché le due repubbliche indipendentiste avevano di fatto attuato una secessione, non avevano voglia di tornare indietro per ottenere l’autono mia, che è molto meno dell’indipendenza”.

La propaganda filo-russa pone l’accento sulla presenza di formazioni naziste in Ucraina, anzi chiama la guerra una “denazificazione”.

Vabbè... La Brigata Azov è in effetti una formazione paramilitare di estrema destra che ha combattuto nel Donbass e adesso agisce a Mariupol, alimentata negli anni da arrivi di estremisti sia ucraini che di altri paesi. Questo vuol dire che l’Ucraina è un paese neonazista? Assolutamente no, i neonazisti sono una piccola minoranza, dotata di frange armate, aggregatasi nel partito politico Pravyj Sektor, che ha in parlamento un deputato su oltre 300. Sarebbe come dire che l’Italia è neonazista perchè c’è Casa Pound”.

Attualmente gira come base per una trattativa l’ipotesi della rinuncia dell’Ucraina alla Nato, il passaggio della Crimea alla Russia e il riconoscimento dell’indipendenza delle due repubbliche del Donbass...

Sì, si parla informalmente di questa proposta, talora attribuita alla Russia. Certamente non è quello che vuole Putin, sarebbe il riconoscimento di una sconfitta totale: l’Ucraina nella Nato non la facevano entrare, la Crimea è a tutti gli effetti parte della Russia dal 2014, le due repubbliche sono già indipendenti, raccolgono le tasse, hanno emesso passaporti russi, quando si vota in Ucraina loro non votano, un mese fa sono state riconosciute dalla Russia. Se la Russia si acconcia a ritirarsi ottenendo quello che già aveva, sarebbe una sconfitta conclamata”.

E invece, quale era l’obiettivo dell’invasione?

Questo dovremmo chiederci, anche perché era un atto programmato da diversi mesi. Io penso che Putin si sì sentisse minacciato dall’Ucraina, non militarmente, ma dalle scelte del popolo e poi delle istituzioni, di essere un paese democratico e occidentale. A dare origine allo stato attuale, sono state nell’autunno 2013 le manifestazioni di Maidan - o colpo di stato come viene definito dai filo russi - una rivolta popolare contro il presidente ucraino Yanukovyc che si era rifiutato - in seguito a pubbliche dichiarazioni contrarie di Putin - di firmare un accordo deciso dal parlamento ucraino, di associazione all’UE, il primo passo di un percorso per arrivare all’adesione all’Unione, con cui ci si impegna a certi standard di economia e di diritti, in cambio di aperture commerciali. A questo stallo si oppose un’adunata di popolo chiamata in piazza su Facebook da un influencer, soprattutto giovani attratti dalla democrazia; dopo tensioni, violenze e anche un centinaio di morti, tre mesi dopo Yanukovyc riparava in Russia, scappando da una lussuosissima magione oggi visitabile come “museo della corruzione”.

Questo Putin non può permetterselo. Nel marzo del 2014, come reazione a Maidan, approfittando del fatto che a Kiev ci fosse solo un presidente ad interim, invade la Crimea, e Lugansk e Donetsk del Donbass si dichiarano indipendenti, e cerca anche di fare scindere Odessa e Kharkiv in cui c’erano state rivolte anti Maidan e anti occidente. Putin già allora pensava di impedire all’Ucraina l’ingresso nell’UE e, con la propaganda e il supporto ai secessionisti, farla tornare sotto il suo controllo. Quando invece i presidenti Poroshenko prima e poi Zelenski (che è russofono, non è vero che i russofoni siano t utti filo-Putin) hanno confermato l’avvicinamento all’Unione Europea, c’è stata l’invasione. Perché il dittatore non può permettersi che uno stato vicino, grande, interconnesso culturalmente e a livello di popoli, si incammini su una strada di democrazia e diritti, agognata da chi non ce l’ha. Anche perché alla democrazia viene associato lo sviluppo economico. E tutte queste cose sono interdette al popolo russo”.

Appunto l’economia. Chi ha il potere economico in Russia, e quanto conta?

Il grosso dell’economia è in mano agli oligarchi, impossessatisi a suo tempo delle imprese dello Stato. Con Putin sono stati messi in riga dopo che ne ha sbattuto per 14 anni in galera il più ricco e influente, Chodorkovskij. Ora ci sono solo quelli a lui vicini”.

Quanto è efficiente questo sistema?

La guerra è stato un grosso errore di valutazione, che indica anch’esso gravi inefficienze del sistema. Putin pensava di fare una passeggiata come in Crimea o nel Donbass, che l’esercito russo, almeno nelle città russofone dell’Est, sarebbe stato accolto con i fiori, e che l’esercito ucraino avrebbe deposto Zelenski. Non a caso due giorni dopo l’attacco Putin ha rivolto un pubblico appello all’esercito ucraino in tal senso. Si è poi visto quanto si sbagliasse”.

E quanto è efficiente l’Ucraina?

È in corso una vera rivoluzione della giustizia (cui ho dato una mano come rappresentante dell’anticorruzione europea), e del funzionamento economico. Sono processi ancora incompiuti. Putin ha un’altra arma, la capacità corruttiva sia dei politici occidentali, sia dell’opinione pubblica attraverso canali propagandistici a questo dedicati.

Ha investito a San Pietroburgo dove ci sono i troll, le web tv, la corruzione, ha finanziato movimenti e populismi distruttivi”.

Ma la UE cosa fa? Non riesce a difendersi?

Ha creato uno struttura anti fake news che smaschera le notizie false, però ci si è arrivati in ritardo e timidamente. Anche perché in parallelo c’è la politica di coinvolgere economicamente la Russia, e così influenzarla. Putin però ha giocato questa partita molto meglio: invece di farsi influenzare lui e contagiare la Russia dalle vendite di petrolio e gas, ha saputo utilizzare i proventi per influenzare lui l’Occidente, sia sul piano economico che su quello propagandistico”.

Con il nostro manager non possiamo non partire dall’efficienza del sistema russo, come da lui sperimentato e come si è palesato in questa guerra, per poi passare alla società e alle motivazioni profonde dell’attuale situazione.

Partiamo da un dato, quello russo è un popolo molto intelligente, che tanto ha dato e da’ alla cultura di tutta l’umanità”.

Questo fin dallo zarismo: da Dostoevskij a ?ajkovskij a Cechov...

Allora però si trattava solo di un'élite, una porzione numericamente ridottissima della popolazione. Con il comunismo e la sua enfasi sull’istruzione, la cultura si è poi diffusa in una fascia molto ampia: e abbiamo avuto grandissime personalità in tutti i campi, dal cinema con Eisenstein, al teatro, alla danza, ancora la musica e la letteratura, fino alla fantascienza con Asimov. In parallelo si sono sviluppati gli studi scientifici: all’inizio degli anni Sessanta l’URSS era all’avanguardia nella missilistica, nell’aeronautica, nel calcolo matematico, e anche nella sanità”.

Allora l’obiettivo di Kruscev, battere l’America sul piano pacifico, dell’innovazione e della produzione, poteva non sembrare velleitario. Cosa non funzionò?

Non si riuscì - e i problemi ci sono tutt’ora - a calare la scienza nell’operatività e nell’industria”.

Eppure nella seconda guerra mondiale la Russia produceva il doppio di carri armati della Germania.

Era un periodo eccezionale: tutta la nazione si sentiva coinvolta in uno sforzo titanico per fermare Hitler che intendeva eliminare i popoli slavi o tutt’al più ridurli in schiavitù, cosa che peraltro faceva nei territori conquistati. Di qui la disponibilità a sopportare ogni sacrificio, unita ad un’etica del lavoro che in nome dell’ideologia portava al fenomeno dello stacanovismo, la dedizione totale al lavoro. Una volta vinta la guerra e perso anche l’iniziale slancio ideale rivoluzionario, il sistema, con una pianificazione centralizzata mal funzionante, iniziò a mostrare tutti i suoi limiti”.

Di qui prima Gorbaciov, poi Eltsin e la fine del comunismo.

“Le privatizzazioni dovevano sviluppare l’imprenditoria. In realtà – con gravi responsabilità di Eltsin – si risolsero in un furto: i beni statali passarono agli ex funzionari dell’Urss, ad esempio Chodorkovskij si appropriò di un patrimonio di 15 miliardi di dollari pagando 300 milioni imprestatigli da una banca. Nacque il ceto degli oligarchi, noti in tutto il mondo per la sontuosità della loro vita, non certo per le loro capacità.

Quando nel 2003 Chodorkovskij iniziò ad affacciarsi alla politica, fu subito incarcerato da Putin, e fu chiaro che la politica non doveva essere cosa loro. Nel 2017, con il crollo del prezzo del petrolio, iniziò ad essere evidente che un’economia basata sul mero sfruttamento delle risorse naturali non poteva reggere a lungo. Putin diede una strigliata agli oligarchi perché sviluppassero l'imprenditoria oltre al petrolio e al gas. Con scarsi risultati, però”.

2014: il vertice che portò agli accordi di Minsk

Esiste, al di fuori degli oligarchi, una vera imprenditoria, magari minore?

Esiste, ma non sufficientemente sviluppata. Come dicevo prima, persiste il problema di calare la cultura nell’operatività; come pure uno sviluppo delle capacità non sufficientemente diffuso nella società: se l’acculturazione è ottima ai livelli medio-alti, è deficitaria a quelli medio-bassi. Ottimi gli ingegneri, scadenti i capomastri. Il tutto aggravato da un atteggiamento troppo subalterno nei confronti dei superiori: il livello inferiore non collabora con quello superiore, tace e subisce. È ancora un’eredità dello zarismo”.

Ma il comunismo non è servito a niente?

Ha peggiorato il problema: la pervasività della polizia politica, delle delazioni, ha indotto un atteggiamento passivo, remissivo: per gli strati bassi all’autorità è sempre meglio dare ragione. Lo statalismo ha poi lasciato un’altra eredità, una burocrazia paralizzante, al cui confronto quella italiana è un modello di efficienza. E chiaramente, gli estenuanti intoppi burocratici inducono la scorciatoia della corruzione. Tutto questo porta difficoltà operative. E allora si capisce perché le costruzioni siano in gran parte affidate agli italiani e ai turchi. C’è poi un problema di genere”.

Le donne?

Le donne. Belle, colte, preparate, determinate, sono loro il nerbo della società. Scontano però le situazioni familiari: quando tornano a casa trovano un marito maschilista, prepotente, spesso ubriaco. Sono problemi che si riflettono sul lavoro”.

Ne consegue anche la scarsa efficienza dell’esercito dimostrato nell’invasione dell’Ucraina? E quello dei servizi segreti nello sbagliare le previsioni sulle reazioni ucraine?

Sì, e le due cose sono legate. Si riteneva di essere accolti con balli, canti e ghirlande, non con bazooka, si sono approntati dei carri da parata, non da guerra. Ma non credo a una scarsa efficienza dei servizi, sono una delle cose che funzionano meglio. Il fatto è che Putin si è isolato dal mondo, è caduto nella tipica situazione dei dittatori, che non ascoltano i propri collaboratori, che peraltro sono portati a dire quello che il dittatore si aspetta”.

Come Mussolini che quando gli dissero che l’invasione della Grecia era problematica cambiò i generali dello Stato Maggiore?

Esattamente. Ho conosciuto in campo civile delle personalità fortissime, che poi perdono il contatto con la realtà. In campo politico-militare è ancora peggio: abbiamo visto il filmato di Putin che, nei giorni dell’invasione, pubblicamente deride, umilia il capo dei servizi segreti. È facile capire che chi gli avesse presentato un rapporto che contraddice i suoi desideri, avrebbe subito finito la carriera”.

Veniamo a considerazioni di politica internazionale. Quanto sono fondati i rilievi alla Nato, di non aver saputo, vinta la guerra fredda, inglobare la Russia, e anzi di averla marginalizzata?

Subito dopo la caduta del muro di Berlino, alla Russia furono fatte promesse, messe a verbale ma non iscritte in rapporti ufficiali, che la Nato non si sarebbe 'spostata di un pollice'. Gorbaciov si fidò, e invece la Nato si è espansa nei paesi baltici, in Polonia, in Romania. La Russia, allora molto debole, accettò questo nuovo quadro”.

Ma cosa cambia oggi, se hai un paese Nato, o comunque potenzialmente offensivo, ai tuoi confini?

Avere i missili sul confine è un problema, un pericolo. Più breve è il percorso che il missile compie, e quindi il tempo che impiega, meno tempo hai per rispondere; diventa difficile la difesa, come pure la deterrenza. Non è un caso che gli Usa fossero pronti a scatenare la guerra atomica pur di non avere i missili a Cuba”.

Ma i missili Nato dislocati negli ex paesi comunisti, sono difensivi (terra-aria) od offensivi (terra-terra)?

In Polonia e Romania sono stati messi come deterrenza verso l’Iran, sono quindi offensivi. Ed è chiaro che, se si vuole, si può cambiarne la direzione. Comunque l’Occidente, con l’accordo di Budapest del 1994 che prevedeva lo spostamento delle testate nucleari ucraine in Russia, dimostrò fiducia nel disarmo e nella Russia stessa.“Era un interesse per tutti: meno paesi hanno le atomiche, meglio è per il mondo intero; il terrore era che il dissolvimento degli stati dell’Urss portasse allo sparpagliamento delle testate nelle mani di staterelli aggressivi o addirittura di mafie e terroristi. Lo spirito era che il custode del nucleare, la Russia, comunque proteggeva il fratello minore denuclearizzato, l’Ucraina”.

Kiev, marzo 2014: la rivolta di piazza Maidan.

L’allargamento della Nato è stato quindi visto come un pericolo?

È inevitabile. Qualsiasi impero vuole una cintura di terre neutrali ai suoi confini. Comunque la Russia in un primo momento ha accettato l’espansione della Nato anche se forzava gli accordi verbali.

La svolta c’è stata con Putin nel 2007, che a Monaco ha esplicitamente messo sul chi va là in caso di ulteriori espansioni Nato, in particolare in Georgia ed Ucraina.

Così, l’anno dopo, quando in Georgia era cominciato a diffondersi una tendenza verso l’Occidente, lui l'ha invasa”.

Che ci dice dell’Ucraina?

Le accuse russe di essere un paese nazistoide sono ridicole. D’altra parte Zelenskij non è uno specchio di democrazia. Ha sì vinto le elezioni del 2019, ma il leader del partito ucraino filo russo, all’opposizione, l’oligarca amico di Putin Viktor Mevdevchuk, è stato accusato di tradimento e messo in galera prima, e poi ai domiciliari. Siamo nel 2021: Putin allora ha iniziato ad ammassare carri armati al confine”.

Non c’erano gli accordi di Minsk per uscire dalla guerra del Donbass?

Erano accordi difficili da mettere in pratica, servivano solo a far sparare di meno. Il loro mancato rispetto non giustifica certo l’invasione. Che è avvenuta perché Putin pensava di fare una passeggiata più un rapido colpo di stato con l’eliminazione di Zelenskij. Un errore madornale”.