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QT n. 1, gennaio 2011 Cover story

I grandi sprechi

Dellai vuole acquistare i lussuosi appartamenti (invenduti) di Renzo Piano, costruire sempre nuove e inutili scuole ed ospedali, costosissime ferrovie. E’ la politica della sovvenzione continua alle imprese di costruzione. Nella legge di bilancio proclama invece il contrario. Quale dei due Dellai prevarrà?

Area Ex-Michelin

Si trova in difficoltà la società Castello, proprietaria del complesso ex-Michelin oggi ribattezzato Le Albere: nel nuovo bel quartiere lungo il fiume, progettato da Renzo Piano, dei 300 lussuosi appartamenti sono state vendute solo poche decine. La crisi morde duro il mercato edilizio, anche quello di lusso. E allora cosa succede? Interviene mamma Provincia. A un’interrogazione in proposito del consigliere d’opposizione Marco Sembenotti, l’ineffabile vicepresidente Pacher risponde tranquillo: “È un’ipotesi allo studio. Potremmo sistemarvi gli uffici provinciali, altrimenti sparsi, e in affitto, per la città”.

La cosa ha dell’incredibile. Ma come? Un’immobiliare fa una gigantesca operazione speculativa, si trova in difficoltà, e la Provincia corre in soccorso con moneta sonante? L’assistenzialismo: alla speculazione. Non succeda mai che i potenti investitori (il gotha del capitalismo trentino, assicurazioni, banche, la finanziaria della Curia ecc.) che per una volta, da una speculazione andata male, ci rimettano. Eh no, devono comunque guadagnarci, se non ce la fanno da soli interviene Pantalone.

Lorenzo Dellai

Anche la motivazione addotta da Pacher (cioè da Dellai, lui pensa, il vice parla) è grottesca e ci rimanda ai tempi bui della presidenza Mengoni, ai primi anni ‘80, quando si sperperavano soldi pubblici in costosissime operazioni immobiliari a favore dei costruttori amici (e Mengoni ci rimise la seggiola e finì sotto processo): sistemare gli uffici provinciali. Ma, ammesso e non concesso che la Provincia, con ulteriori edificazioni in corso, abbia urgente bisogno di nuovi uffici, bisogna sistemarli in residenze di lusso? A un costo, bene che vada, di 4500-4700 euro a metro quadro, quando uffici si possono trovare a un prezzo esattamente dimezzato? E anche le quantità sono vistose: centinaia di appartamenti, decine di migliaia di metri quadri, decine di milioni di euro buttati al vento, o meglio, nelle già pingui borse delle finanziarie.

È evidente che la cosa non sta in piedi. Della costruzione di Renzo Piano, tutte le qualità - finiture di lusso, quartiere prestigioso firmato da uno dei massimi architetti mondiali, in un parco in riva al fiume, a due passi dal centro, che senz’altro ne fanno un’ottima soluzione per famiglie benestanti, costituiscono invece sprechi assurdi se gli stessi appartamenti da high society li vogliamo dedicare a uffici pubblici: sarebbe come se il Comune di Modena, per far viaggiare i pendolari, acquistasse delle Ferrari.

Dietro questo nonsenso in realtà c’è molto di più. Anzitutto il rapporto strettissimo, politico, che da anni intercorre tra Dellai e la speculazione/investimento su quell’area (ne parliamo nella scheda sotto). Ma soprattutto, e più in generale, una costante di fondo del Trentino e in

particolare della giunta Dellai: i continui, abnormi finanziamenti al settore immobiliare, edilizio, delle costruzioni, che da una parte lo hanno dilatato fuori da ogni misura, e dall’altra arrivano a stravolgere il pur ricco bilancio provinciale.

Da oggi si cambia?

Enrico Zaninotto

“Con l’attuale bilancio, testé approvato, si cambia”. È di Enrico Zaninotto, docente ed ex-preside della facoltà di Economia, l’impegnativa affermazione. Si definisce parte in causa il professore, in quanto membro del Comitato per lo Sviluppo, che ha disegnato le linee guida del bilancio “assunte in toto dal Presidente Dellai; nella sua relazione illustrativa del bilancio c’è una visione globale della spesa non solo ragionevole, ma lungimirante”.

Ohibò. Ma che avrà mai scritto l’ottimo Lorenzo? Lasciamo ancora la parola al professore: “Oramai, dopo le ultime modifiche legislative il bilancio della Pat è totalmente dipendente dal reddito prodotto in provincia, la spesa dipende quindi dallo sviluppo. Ora il Trentino è dotato di un buon capitale sociale, che però non si traduce in capacità di crescita”. Insomma, secondo Zaninotto e tutti gli economisti per i quali le teorie di Serge Latouche sulla decrescita sono barzellette, se l’economia trentina non cresce, la spesa pubblica e conseguentemente la coesione sociale vanno a picco. Ma per rilanciare la crescita “la spesa della Pat ha bisogno di un cambio di passo: oggi è sbilanciata sulle opere pubbliche, il che ha portato a un settore edilizio ipertrofico”.

In effetti la relazione di Dellai è improntata ad alcuni principi ispiratori teoricamente rigorosi. Ci sono settori in cui l’ente pubblico deve risparmiare, altri a spesa invariata, altri in cui investire. A spesa invariata dovranno essere scuola e sanità (e su questo avremmo molto da ridire) in quanto essenziali per la tenuta sociale; si dovrà risparmiare sulle “spese discrezionali” (di rappresentanza, pubblicità, consulenze), sui rinnovi dei contratti di lavoro dei dipendenti, sulle “spese di locazione e di gestione degli immobili” attraverso “un progetto di razionalizzazione degli spazi occupati dalle strutture provinciali” (e allora, con i megasprechi alle Albere, come la mettiamo?); si dovrà infine incrementare la spesa dove essa serve a “stimolare l’innovazione e la crescita della produttività del sistema” cioè nuove tecnologie, risparmio energetico, edilizia sostenibile, mobilità sostenibile, ricerca...

Tra il dire e il fare

Questi i propositi. Ma siamo sicuri che si stia andando in questa direzione? Che tra il dire e il fare non ci siano di mezzo corposi interessi, da sempre blanditi?

Giuseppe Filippin

Il caso del ventilato acquisto alle Albere è lì a testimoniarlo: l’esatto contrario di quanto conclamato: milioni a palate gettati al vento col pretesto degli uffici, altro che “progetto di razionalizzazione degli spazi occupati”! Ma analoga manfrina si preannuncia dall’altra sponda dell’Adige, nell’area ex-Italcementi “cui 15 anni fa l’ente pubblico rinunciò dicendo che non interessava. - ricorda il consigliere Giuseppe Filippin della Lega - Fu acquistato invece dall’Isa (finanziaria della Curia, tra gli azionisti delle Albere, è il solito giro dei ‘poteri forti’, o meglio, raccomandati) e poi rivenduto, a prezzo maggiorato, alla Federazione delle Cooperative, che ora lo rigira, con congruo aumento, all’Ente pubblico”. E per farci cosa?

Un “polo scolastico d’avanguardia” proclama Dellai; in realtà si tratta di trasferirvi il Liceo Artistico (che in effetti sta in un edificio del tutto inadeguato) e gli istituti tecnici di via Barbacovi, che invece dove sono ci stanno benissimo, anzi, vi si è appena inaugurata una nuova palestra.

La vicenda ci permette di approfondire il discorso di “scuola e sanità a spesa invariata”. In realtà nella scuola si sta risparmiando sui docenti, cioè sulla didattica, per poi spendere sui muri, su nuovi edifici di cui non si sente alcun bisogno. E così anche nella sanità: nei vari nosocomi c’è una stridente carenza di personale, eppure si investono 400 milioni (i primi) in un nuovo ospedale (naturalmente “all’avanguardia”, come fosse l’età dei muri a determinare il livello delle prestazioni mediche), quando quello vecchio è stato appena ristrutturato da cima a fondo, anzi i lavori non sono ancora terminati.

“A questo possiamo aggiungere opere faraoniche come Metroland come attualmente concepito, o l’inutile Casa dello Sport che costa 15 milioni, o il prossimo Teatro di Pergine da 2000 posti, quando non è ancora finito uno da 500 posti, e poi vedremo come si farà con i costi di gestione - afferma il consigliere Bruno Dorigatti del Pd - Non possiamo scialacquare in questo modo”.

Le ragioni di una politica

C’è del metodo in questa follia, direbbe Shakespeare. Questa lunga, vistosa e per ragioni di spazio incompleta serie di grandi sprechi ha una costante: il trasferimento di ingenti risorse al settore immobiliare/edilizio/delle costruzioni. Come mai?

Ci sono motivazioni poco nobili. L’edilizia, in Italia è strettamente connessa con l’urbanistica e quindi con la politica: è il sindaco, l’assessore a stabilire chi si arricchirà con questo o quel terreno; di qui la pelosa contiguità tra politici e costruttori, sempre solerti finanziatori di partiti e candidati quando non compari di camarille amicali-affaristiche, come ci raccontano mille cronache giornalistiche e giudiziarie. Nei paesi il giro dei costruttori lancia la campagna del sindaco, a Trento nel ‘98 i potenti dell’affare Michelin-le Albere lanciarono in Provincia Lorenzo Dellai. Tutto questo poi si ripaga: attraverso l’urbanistica anzitutto, ma anche tramite una visione dell’economia incentrata sul settore delle costruzioni.

E qui arriviamo alla motivazione non ignobile (ma sbagliata): la convinzione che l’economia dipenda dall’edilizia (“Quando il mattone gira, tutto gira”), e quindi lo slancio verso investimenti pubblici purchessia nel settore. Nella convinzione, spesso onesta, di promuovere sviluppo e occupazione.

Ed ecco quindi il Trentino usare i soldi dell’Autonomia prima di tutto nel cemento, e sviluppare un’industria delle costruzioni ipertrofica. Nella scheda della pagina seguente riportiamo i dati, che ci evidenziano un Trentino in cui il settore delle costruzioni è molto più preminente, nell’economia complessiva del territorio, rispetto ad altre aree, l’Italia, il Nord-Est, e soprattutto l’Europa a 15 (vedi il grafico).

Bene, si dirà, è un settore forte. No, è un settore assistito. Infatti è noto che nelle gare d’appalto le imprese trentine perdono, non riescono a vincere fuori provincia, e in casa invece la Pat spezzetta i lavori per evitare le gare europee, obbligatorie sopra certi importi, e fare tutto tra amici.

Questa debolezza è subito apparsa con la crisi. Nonostante i generosi interventi anticongiunturali della Pat, rivolti soprattutto al mondo delle costruzioni, l’occupazione del settore è crollata (vedi ultima tabella), mentre invece negli altri settori dell’industria aumentava, come pure nell’agricoltura e nel terziario.

“Più che assistito, è un settore drogato. - commenta Filippin - Se negli anni ‘60-’70 si indirizzava l’urbanistica in funzione della crescita demografica, in questi ultimi decenni si sono progettate le espansioni in funzione delle richieste del mercato, che riflette le aspettative degli investitori, non le esigenze della popolazione. Ma le bolle speculative poi scoppiano, e oggi ci troviamo solo a Trento con tremila appartamenti sfitti, a Trento Nord con tre milioni di metri cubi da costruire, e la Provincia che interviene per sostenere il settore in crisi”.

Bruno Firmiani

“Non è un metodo di procedere sano” commenta lapidario il consigliere Bruno Firmani di Italia dei Valori.

“Non a caso è un settore in crisi, più del manifatturiero. E non si può, per sostenerlo, continuare con gli sprechi - afferma Dorigatti, già segretario della Cgil - Arrivare alla riconversione di una serie di imprese edili, dovrebbe essere un obiettivo”.

Bruno Dorigatti

Bisognerebbe proprio voltar pagina. La costosa assistenza a un settore debole, ipertrofico ma ben ammanicato nelle stanze del potere, non è più sostenibile anche per altri motivi oltre a quelli già visti. Innanzitutto il nuovo welfare che il bilancio delinea. “Con la provincializzazione degli ammortizzatori sociali, viene introdotto il reddito di garanzia - spiega Zaninotto - cioè l’assistenza è collegata non più tanto al lavoro, ma alla cittadinanza. Vi ha diritto anche chi non lavora, o lavora nel precariato. La finalità sta nell’evitare che ci siano poveri, intervenendo in anticipo, per impedire la cronicizzazione della povertà. Faccio un esempio: una donna sola con figli; oggi se perde il lavoro, perde tutto, non manda a scuola i figli, la povertà nella famiglia diventa cronica”.

Il fatto è che tutto questo è bello, delinea una società migliore, ma costa. “Potremo razionalizzare, ma in effetti c’è un’estensione degli interventi, il che vuol dire costi aggiuntivi. Che poi in prospettiva possiamo sperare di recuperare, diminuendo l’area della povertà, ma intanto i costi ci sono” conferma Zaninotto.

Nuovo corso: una cosa seria?

Ritorniamo dunque ai nostri sprechi. Avrà la politica il coraggio di passare ai fatti, di smettere di foraggiare un settore troppo assistito?

Alessandro Olivi

“Beh, non credo che delle nostre imprese di costruzioni si possa parlare di ipertrofia - mette le mani avanti l’assessore all’Industria Alessandro Olivi, del Pd - I dati che lei mi presenta non mi sembra rappresentino una distorsione della nostra economia. Sposterei invece l’attenzione sul fatto che da ora in poi ogni investimento verrà valutato con nuovi criteri, di non spreco, di innovazione, di rispetto dell’ambiente. E anche gli incentivi saranno attribuiti non più automaticamente, ma a chi sa innovare e investire del suo”.

A noi rimangono fortissimi dubbi. “Il nuovo corso è stato illustrato alle associazioni imprenditoriali, che non hanno gradito. Perché, al di là dei bei discorsi, quando si arriva al punto sono molto legate a una visione strettamente sindacale del loro ruolo. Ed è proprio compito della politica gestire questi contrasti” ci dice Zaninotto. Che conclude ottimisticamente: “In questo processo scorgo un’idea di Trentino nuova, adeguata, che prima sinceramente non vedevo”.

Avrà ragione il professore?

Una prima risposta l’avremo nei prossimi giorni. Se Dellai insisterà nel voler comperare gli appartamenti di Renzo Piano per alleviare qualche problemino finanziario dei suoi potenti amici, vorrà dire che tutto rimane come prima.

Le Albere, Dellai e i poteri forti

Area Ex-Michelin

Il quartiere delle Albere trae origine da un clamoroso inghippo pubblico-privato nell’anno ‘98. Era il terreno dove sorgeva lo storico stabilimento della Michelin, liberatosi dopo che la multinazionale, riducendo la propria attività, si era trasferita in un terreno procuratole dalla Provincia in zona industriale. In cambio di questa uscita soft dalla terra trentina, la Michelin offrì in prelazione al Comune di Trento i 116.000 metri quadri lungo fiume a un prezzo molto vantaggioso, 49 miliardi di lire, 25 milioni di euro. L’allora sindaco, Lorenzo Dellai, rifiutò l’offerta (dicendo che il Comune non aveva tale cifra, opportunamente raddoppiata in una comunicazione birichina al Consiglio comunale) ed organizzò su due piedi un pool di privati “non speculativi” cui cedette la prelazione. Si costituì così una spa ad hoc, denominata Iniziative Urbane, con Isa al 24%, Fondazione Caritro al 20%, Dolomiti Energia al 19%, Btb all’11%, Itas all’11%, insomma il vescovo, banche, assicurazioni, Federazione cooperative, in poche parole i poteri forti locali, con il compito di acquistare e valorizzare l’area. Dellai parlò di “sinergia pubblico-privato”.

Della “sinergia” si videro subito i primi effetti: il sindaco divenne la star delle successive elezioni provinciali, che vinse con l’entusiasta supporto della stampa. Più dubbi gli effetti della “sinergia” in materia urbanistica: di fatto la città si aspettava che attraverso il “privato non speculativo” fosse realizzato quello di cui da anni si stava progettando in quell’area, una zona a parco, entro cui immergere le prossime espansioni universitarie. Invece Iniziative Urbane ben presto ci tenne a precisare che su quell’area non faceva beneficenza, doveva/voleva guadagnarci (vedi Il pasticcio dell’area Michelin su QT n° 5 del 6.3.2004 ed altri articoli collegati). Si pensò di risolvere il pasticcio con un colpo d’ala: chiamare a Trento il massimo architetto italiano, Renzo Piano, la sua autorevolezza, l’indubbio valore e richiamo di un brano di città realizzato dalla sua matita avrebbero zittito eventuali rimostranze.

E così Renzo Piano progettò da una parte il Muse, il nuovo Centro della Scienza, e dall’altra il quartiere delle Albere.

Le contraddizioni però rimanevano, spostate a livello finanziario. Erano intanto passati diversi anni, il capitale investito non aveva fruttato niente, l’archistar era costosa: e quello che stava realizzando era un bellissimo quartiere, ma per benestanti; a Trento c’era mercato per 300 appartamenti di lusso?

L’ente pubblico venne ancora incontro a banche e finanziarie: si accollò tutta una serie di spese, dall’interramento di via Sanseverino di fronte alla piazza a parco del nuovo quartiere alla costruzione di un rialzo dell’argine per mettere la zona in sicurezza. Fino all’acquisto - a prezzi di mercato - del terreno dove stava sorgendo il Muse. In pratica l’ente pubblico, che nel ‘98 non aveva voluto spendere 25 miliardi per avere l’intero comparto, ne ha finora spesi molti di più per le opere accessorie al nuovo quartiere delle finanziarie.

Ma evidentemente, tutto questo non basta. Dei bellissimi appartamenti in riva al fiume se ne vendono troppo pochi. E allora i potenti della città hanno bussato a Piazza Dante: Lorenzo, comperaceli tu. Una proposta che non si può rifiutare?

Le imprese delle costruzioni in cifre

La tabella 1 mostra l’incidenza del numero di aziende appartenenti al settore delle costruzioni rispetto al numero totale di aziende presenti in Trentino, nel Nord-Est e in Italia. Si vede come non solo le percentuali del Trentino siano nettamente superiori alle altre realtà territoriali considerate ma anche la proporzione di ricchezza prodotta dal settore delle costruzioni in Trentino è nettamente superiore rispetto alle altre aree considerate. Dopo il picco del 2007, il valore aggiunto derivabile dal settore nel 2008 ha raggiunto una quota pari al 7,2%. Nel medesimo anno, il dato per il Nord-Est è stato pari al 5,9%, in Italia del 5,4% e nell’Europa a 15 (quella economicamente più avanzata) del 5,3%.

In base alla definizione ufficiale adottata dall’ISTAT il valore aggiunto è l’aggregato che consente di apprezzare la crescita del sistema economico in termini di nuovi beni e servizi messi a disposizione della comunità. È, in pratica, la risultante della differenza tra valore della produzione di beni e servizi introdotti dai singoli apparati produttivi ed il valore dei beni e servizi intermedi dagli stessi consumati e corrisponde alla somma delle retribuzioni dei fattori produttivi e degli ammortamenti. Da ciò consegue che per ottenere il PIL (a prezzi correnti) bisogna sommare al valore aggiunto di ogni attività economica le imposte sui prodotti e detrarre i contributi ai prodotti stessi.

Infine l’impatto della crisi. Dalla tabella 3 si vede come tra il 2008 e il 2009 in Trentino il numero di occupati nel settore delle costruzioni si è ridotto marcatamente sia tra i maschi (-8,1%) sia tra le femmine (-14,7%), mentre contemporaneamente è aumentato in tutti gli altri settori.

Tab.1 Incidenza del numero di unità locali delle costruzioni ogni 100 unità locali. Valori percentuali.
20002001200220032004Var. 2000/2004
Italia12,312,313,413,013,00,7
Nord-Est13,313,517,313,914,41,2
Trentino14,815,316,516,018,63,8

Fonte: dati ISTAT, Sistema di Indicatori Territoriali.

Tab.2 Incidenza del valore aggiunto del settore delle costruzioni sul totale del valore aggiunto. Valore percentuale.
AnnoTrentinoNord-EstItaliaUE-15
19956,64,95,26,2
20006,94,85,05,5
20017,05,15,25,5
20027,45,45,35,5
20037,35,65,45,5
20046,25,55,45,4
20056,85,95,55,4
20067,16,05,55,4
20077,65,95,45,4
20087,25,95,45,3

Fonte: dati tratti dal Rapporto sulla situazione economica e sociale del Trentino, a cura dell’Osservatorio Permanente per l’economia, il lavoro e per la valutazione della domanda sociale. 2008.

Fig.1 Incidenza del valore aggiunto del settore delle costruzioni sul totale del valore aggiunto. Valore %

Fonte: dal Rapporto sulla situazione economica e sociale del Trentino, a cura dell’Osservatorio Permanente per l’economia, il lavoro e per la valutazione della domanda sociale. 2008.

Tab.3 Trentino - Numero di occupati per settore occupazionale
20082009Variazione percentuale
MaschiFemmineMaschiFemmineMaschiFemmine
Agricoltura1883646223544318,7-31,4
Industria4149784374148986900,03,0
- in senso stretto2736573092850177284,25,7
- costruzioni14132112812988962-8,1-14,7
Commercio10418101911022510503-1,93,1
Altre attività406696310341333651521,63,2
Totale944678237895282847880,92,9

Fonte: dati PAT, Servizio Statistica, Annuario Statistico 2009.