Edilizia: la crisi, le colpe, la via d’uscita
Troppo vezzeggiata dalla politica, l’edilizia trentina è in crisi verticale. Le soluzioni dementi e quelle lungimiranti.
Dei 17.725 lavoratori iscritti cinque anni fa alla Cassa Edile, oggi 2.446 mancano all’appello, passati ad altro lavoro o disoccupati. Quando a inizio maggio l’Associazione Artigiani ha indetto una “grande manifestazione per l’edilizia”, nonostante la freddezza di sindacati ed industriali hanno risposto in duemila, la metà a gremire la Sala della Cooperazione, gli altri mille a inveire fuori. Una crisi verticale, di fronte alla quale la politica sembra aver perso la testa, il presidente della Giunta Dellai fa approvare una direttiva “per la semplificazione dei controlli alle imprese” che i giornali subito decodificano “C’è la crisi, meno controlli”.
Sembra una Caporetto economica e politica. È proprio così? E come ci è arrivato il Trentino, ricco dei soldi dell’Autonomia?
Le protezioni che fanno male
Forse proprio i soldi dell’Autonomia dovrebbero finire sull’affollato banco degli imputati. Infatti è stata la Provincia, o meglio i suoi vertici politici, da sempre contigui a immobiliaristi e costruttori (non dimentichiamo che Dellai, ma anche i principali assessori, da Gilmozzi a Mellarini a Olivi, prima di approdare a Piazza Dante si sono fatti le ossa come sindaci, a contatto stretto quando non simbiotico col mondo immobiliare) a favorire un autentico boom delle costruzioni. Anni da vacche grasse: “Dal 2000 al 2008 le imprese del settore sono aumentate del 27,4%” sottolinea un documento congiunto di Cgil-Cis-Uil, arrivando a coprire oltre il 7% del Pil provinciale contro il 5,3-5,4% del Pil del resto d’Italia e d’Europa (come già denunciavamo in un nostro servizio “I grandi sprechi” del gennaio 2011). In tanti si improvvisavano imprenditori, “tanto quello che importava - sostiene Maurizio Zabbeni della Cgil - non era come si lavorava, ma come si riusciva a vendere”, magari comperando terreni agricoli e vendendo poi appartamenti.
La politica è stata in prima linea in questo processo: con gli intorti urbanistici sempre a favore degli amici degli amici, con tutta una serie di lavori pubblici fuori di testa (nuove scuole, nuovi ospedali, nuove caserme, nuove strade: Dellai una ne fa e dieci ne inventa), con il sostegno pubblico alla spesa privata, che ha drogato il mercato. In parallelo, la struttura produttiva si imbolsiva, “Fra il 2000 e il 2007 la produttività è calata mediamente di più di quanto sia successo in Italia - affermano i sindacati - Vinceva la cultura del profitto subito, che non prevede l’innovazione... si sceglieva di indire gli appalti tarandoli sulla piccolezza delle imprese trentine, che venivano incentivate nei loro vizi, proliferazione e frammentazione, ex dipendenti che diventavano imprenditori, lavorando in subappalto dall’impresa da cui uscivano”.
Non poteva durare: “Come in tutto il mondo, la grande disponibilità finanziaria ha prodotto una bolla immobiliare, con imprenditori improvvisati. Ovviamente è scoppiata” afferma Gianluca Salvatori, già assessore provinciale all’innovazione e ricerca. “La spesa immobiliare a scopo speculativo (l’Asuc di Zuclo che compera appartamenti in Piazza Venezia a Trento, per esempio, ndr) non poteva durare all’infinito, si è giunti all’attuale mercato bloccato senza più domanda ed offerta, con un imponente invenduto” conferma Michele Andreaus, ordinario di Studi Aziendali ad Economia.
Non basta. Si è aggiunta anche la gestione degli appalti. La legislazione fino al 2010 permetteva di far partecipare agli appalti sotto la soglia comunitaria (circa 5 milioni, oltre la quale era obbligatoria la gara) un numero limitato di imprese, che - guarda caso - al 90% erano locali e quindi protette, mentre sopra i fatidici 5 milioni il 75% dei lavori andavano fuori provincia. E già questo avrebbe dovuto essere non un campanello d’allarme, ma una sirena. Poi nel 2010 il patatrac: il governo cassa questo sistema in quanto limitativo della libera concorrenza, e gli enti pubblici trentini rimuovono ogni vincolo, dando evidenza pubblica praticamente a ogni tipo di gara. Risultato: il crollo degli appalti alle imprese trentine.
Insomma, la solita storia: un settore troppo protetto e quindi debole, cresciuto sull’onda della speculazione e quindi cresciuto tanto e male. Si crede grosso, ma è solo grasso.
Rifiuta questa interpretazione Enrico Garbari, presidente della sezione trentina dell’Ance, Associazione Nazionale Costruttori Edili. Lo andiamo a trovare nella sua azienda di Spini di Gardolo il giorno di San Vigilio, viene ad accoglierci sul cancello: “Qui oggi ci sono solo io, noi li rispettiamo i diritti dei dipendenti. Ecco perché le nostre imprese hanno problemi. Non sono imprese troppo piccole, sono strutturate, in media 20 dipendenti (non quelle artigiane, molto più piccole, ndr). Se le gare le vincono quelli da fuori provincia, è perché sono più disinvolti”.
Meno o più controlli?
Probabilmente Garbari esagera. Si è comunque registrata una forte convergenza tra industriali, artigiani, sindacati, che con l’ente pubblico hanno sottoscritto un protocollo d’intesa per arrivare a un Osservatorio provinciale dei cantieri, pubblici e privati “per controllare le norme sulla sicurezza, la regolarità delle retribuzioni e dei contributi, avere una mappa aggiornata degli appalti e dei subappalti” afferma Zabbeni.
“Su questo siamo determinati - conferma Garbari - Sappiamo che ci sono imprese in cui i lavoratori vengono pagati 7-8 euro all’ora, quando rispettando i contratti sono 28,5 euro. A me si sono presentate sedicenti aziende, in realtà dei caporali, che mi proponevano lavoratori a 7 euro. Ricordiamolo: se sei senza lavoro sei disposto a tutto, e c’è chi ne approfitta. E allora la situazione per tutti può andare fuori controllo”. È il circolo vizioso della moneta cattiva che scaccia quella buona.
Ma allora, che senso hanno le affermazioni di Dellai sui controlli più laschi per fronteggiare la crisi? E che non si sia trattato di un fraintendimento ma di un convincimento, lo si è visto alcuni giorni fa, quando il presidente ha disposto che alle aziende non in regola con la sicurezza, anche in caso di incidente mortale, anche di condanna per omicidio colposo, non vengano revocati i contributi pubblici fino alla sentenza definitiva.
“Noi riteniamo fondamentale che i controlli siano mirati ed efficienti, ed effettuati anche fuori dall’orario di lavoro, anche di domenica. Mentre oggi purtroppo ci sono situazioni in cui i controllori dai cantieri vengono fatti scappare” ribatte Garbari. E l’accusa ci sembra grave.
Sulla stessa linea il sindacalista: “Con questa posizione di Dellai non siamo d’accordo, e non lo sono neanche gli imprenditori; puntiamo entrambi su controlli più generalizzati e mirati. Quello cui vogliamo arrivare, attraverso questo percorso e le relative certificazioni, è un concreto riconoscimento della correttezza, sia da parte dell’ente pubblico che ne farebbe requisito essenziale per l’accesso agli appalti e ai contributi (anche qui: il contrario della linea di Dellai, ndr) sia da parte del privato che compra e che sa di rivolgersi a un’impresa seria. Oggi invece, senza questo percorso, è più facile che vinca il lazzarone”.
Insomma un percorso per qualificare il settore. Auspicando che un lavoro più qualificato porti anche a imprese più solide, che trovino conveniente aggregarsi. Comunque è inutile illudersi, si dovrà arrivare a un ridimensionamento del settore, con tutte le dolorose conseguenze.
Anche se un’altra via d’uscita, parziale, non immediata, la si intravvede.
L’edilizia di domani
“Il futuro può essere nella riqualificazione energetica, abitativa, assicurata dalle case in legno. Che si sposano con l’ulteriore passo in avanti, l’industrializzazione del processo: costruire per elementi fatti in serie è logico, è connaturato all’edilizia in legno - afferma il prof. Andreaus - E su questo la Provincia si è mossa per tempo e con lungimiranza”.
Chi si è mosso (oltre a Dellai, con cui in questo caso non possiamo non concordare) è stato l’allora assessore Salvatori, oggi presidente di Progetto Manifattura, centro di innovazione industriale proprio nei settori dell’edilizia ecosostenibile e dell’energia rinnovabile.
Che vuol dire tutto questo? In poche parole, agire in due direzioni: da una parte innovare l’edilizia trentina tradizionale; dall’altra affiancarla con il comparto delle case in legno.
Intanto chiariamo il concetto di edilizia sostenibile. “Vuol dire anzitutto risparmio energetico, ma anche isolamento acustico, materiali salubri, sostenibilità rispetto all’ambiente, correttezza nei rapporti con i lavoratori - spiega Salvatori - Questi risultati si ottengono con prodotti che ormai costano poco di più, ma danno molto di più, e quindi sono molto richiesti. Insomma, siamo nel mezzo di un cambiamento, che stiamo intercettando per primi noi in Italia dopo Bolzano”.
Per operare il cambiamento produttivo, e difenderlo, sono stati messi in campo diversi strumenti (nel box sotto riportiamo le varie sigle e loro significato). Il primo è Habitech, distretto di imprese sorto per favorire il trasferimento tecnologico dalla ricerca all’impresa. “Per arrivare alla sostenibilità (dal punto di vista economico e ambientale) utilizziamo - ci dice Gianni Lazzeri, amministratore delegato di Habitech - avanzate tecnologie costruttive, che sono prevalentemente a secco (niente cemento bensì legno e acciaio), che comportano un rivoluzionamento dei cantieri ed ottengono ottimi risultati dal punto di vista delle performance, ad iniziare dal comfort abitativo.”
A monte del distretto c’è la ricerca (università, Fbk e soprattutto Ivalsa, focalizzato sul legno). A valle la certificazione, affinché l’acquirente abbia garanzie su quello che compra. Il Trentino ha lasciato perdere la certificazione CasaClima dei vicini bolzanini, per importare il sistema americano Leed, che non si limita a considerare, come CasaClima, l’efficienza energetica, ma la sostenibilità complessiva. Scelta balzana, secondo alcuni: CasaClima è già pienamente operante, mentre Leed è complesso e farraginoso. “Scelta vincente - secondo Salvatori - Leed è diventato lo standard mondiale, e tutte le grandi opere pubbliche, anche in Italia, la richiedono.”.
Poi c’è lo specifico comparto legno. Il presupposto era: il Trentino ha il legno e ha la credibilità per proporre soluzioni nuove in campo ecologico; sviluppiamo la ricerca e la sua traduzione in innovazione spendibile su un nuovo mercato. “Le abitazioni in legno hanno sofferto finora di tutta una serie di pregiudizi, peraltro non del tutto infondati, se solo pensiamo alla scadente qualità per esempio delle case americane - ci dice l’ing. Alberto Gerosa, progettista in legno e consulente di CasaClima - In realtà i livelli oggi raggiunti sono all’avanguardia”.
In sostanza: i punti forti (resistenza antisismica e isolamento termoacustico) sono fuori discussione; quelli tradizionalmente considerati deboli (resistenza agli incendi e all’usura del tempo) sono stati superati attraverso la ricerca e l’utilizzo di adeguate modalità progettuali: “In Norvegia ci sono chiese in legno risalenti al 1150 e non sono una o due, ma 28. Il legno, se ben protetto, dura per sempre” puntualizza Gerosa.
Case in legno: la nicchia o il futuro?
Si è arrivati così al modello costruttivo “Sofie” attraverso particolari pannelli lignei detti X-lam; e poi a un sistema di certificazione, Arca, specifico per il legno. “Stiamo lavorando per diffonderlo come sistema di garanzia del committente” ci dice Stefano Menapace, che di Arca è il coordinatore tecnico.
Quali, finora, i risultati? Le costruzioni in legno sono più performanti, leggere, più celeri da costruire e quindi più economiche. A Milano si è già arrivati a realizzare con i pannelli X-lam edifici da 9 piani. I terremoti dell’Aquila e dell’Emilia - è brutto dirlo ma è così - hanno evidenziato la rapidità di costruzione e la sicurezza intrinseca di casette, edifici ma anche capannoni in legno. Ivalsa sta lavorando per ulteriormente ottimizzare il connubio legno-acciaio, allo scopo di costruire edifici di sempre maggiori dimensioni. “In Italia ci sono da una parte più di 40 miliardi di metri quadri di edifici da riqualificare energeticamente; dall’altra c’è sempre meno terreno da adibire alle costruzioni; in città, per costruire, l’unica possibilità è sopraelevare, e il materiale meno pesante, più veloce, più sicuro è il legno. Il futuro è del legno” afferma convinto Menapace.
Eppure finora il settore non è decollato. Ad Habitech aderiscono solo 120-130 imprese sul totale di 5000 imprese edili trentine; ad Arca 32. Il legno in particolare, invece di portare l’edilizia trentina fuori da una crisi altrimenti irreversibile, rischia di restare una nicchia.
Pesa in particolare la mentalità imprenditoriale del “picccolo è bello”. “Questa è la mentalità - denuncia Zabbeni - per cui abbiamo due aziende singolarmente ottime, l’una di fronte all’altra al di là della strada, una che fa serramenti, l’altra pannelli, e non si riesce a far capire che dovrebbero commercializzare il pannello con dentro il serramento”.
“Abbiamo 6/7 imprese che sono all’avanguardia, se si consorziassero potrebbero facilmente andare fuori provincia, ma non lo vogliono, già oggi hanno il portafoglio ordini pieno, non intendono aggregarsi e perdere autonomia” afferma Salvatori.
Il fatto è che il legno non sta conoscendo la crisi. E il piccolo imprenditore va avanti tranquillo così. Ma questo è un settore in cui la grande produzione in serie può essere dietro l’angolo, e arrivare a spazzare via i nanerottoli.
“C’è un problema di mentalità imprenditoriale, in un settore in cui, occorre riconoscerlo, l’ente pubblico ha fatto il suo dovere” sostiene Michele Andreaus.
“Stiamo seminando - conclude Salvatori - A me non interessa che tutte le 5000 aziende trentine lavorino con Leed o con Arca, ma che ci sia un’avanguardia; le altre ne saranno contaminate, ci sarà un effetto ricaduta, perché il mercato si trasformerà, e gli altri si adegueranno”.
Forse ha ragione Salvatori, che comunque fa quel che può. A noi rimane il dubbio che l’ottima risposta trentina alla crisi edilizia possa risultare fuori scala e fuori tempo.
Il legno in Trentino: Bosco e segherie
Se un tempo, in Trentino, il legno con la sua filiera rappresentava un settore fiorente e remunerativo, rilevante nei bilanci comunali, oggi non è più così. Con la globalizzazione, sono i paesi del Nord e dell’Est Europa a fare i prezzi, i produttori trentini sono una piccola realtà costretta ad adattarsi.
Le nostre segherie, oltre a lavorare annualmente i 350.000 m³ di legname da opera locale, fino all’anno scorso ne hanno importato altrettanto, ricavandone un profitto soddisfacente. Produciamo per l’edilizia (tetti, perline, casseforme) e per la falegnameria (imballaggi, pallets), Nel 2012 la crisi ha cominciato a farsi sentire: si è bloccato il mercato, si sono abbassati i prezzi, alcune segherie hanno chiuso e una piccola parte del legname trentino da lavorare è stata esportata in Austria.
C’è però un settore che pare non soffrire la crisi, quello dell’edilizia in legno. Il Trentino-Alto Adige detiene più del 50% della produzione del legno da conifera in Italia, tipologia prevalente per la costruzione di fabbricati. Recentemente sono state aperte due imprese locali di produzione di pannelli lignei, una in Valsugana e l’altra a Cavedine. È solo un inizio, che certo non basta a rendere questo un settore industriale di grande respiro. “Come è logico - ci dice Francesco Dellagiacoma del Dipartimento Territorio, Ambiente e Foreste - la situazione non può cambiare dall’oggi al domani perché si deve muovere un intero sistema (progettisti, artigiani, ingegneri...), ma l’aspettativa è grande. La Provincia ha creato le premesse perché questo diventi un settore in grado di espandersi e farsi apprezzare anche oltre i confini trentini.
Edilizia sostenibile: enti e sigle
Progetto Manifattura: promosso dalla Provincia, intende trasformare la storica Manifattura Tabacchi di Rovereto in un centro di innovazione industriale. Il progetto mira a riunire tante piccole imprese (se ne prevedono un centinaio) per creare una sorta di “comunità”. Nel sito (45.000 mq) saranno presenti, oltre alle imprese, centri di ricerca, e verranno forniti corsi e seminari di formazione e di marketing.
Habitech: distretto trentino per l’energia e l’ambiente, formato da 300 imprese. Si occupa di edilizia sostenibile, energia ed ambiente. Il suo ambito è l’innovazione, cioè il trasferimento della ricerca alle imprese. Nato su iniziativa pubblica, è per statuto a maggioranza privata.
Leed (Leadership in Energy and Environmental Design): una certificazione per lo sviluppo di edifici sostenibili. Non considera solo l’efficienza energetica ma la sostenibilità complessiva, attraverso una certificazione molto articolata, che valuta lo sviluppo di un edificio dalla progettazione alla gestione quotidiana.
Sofie (Sistema cOstruttivo FIEmme): progetto, finanziato dalla Provincia, per la costruzione di edifici in legno dalle elevate caratteristiche strutturali attraverso pannelli lignei X-LAM, incollati a strati incrociati. Un prototipo di edificio a sette piani alto 24 m, ha resistito in un laboratorio giapponese ad un’onda d’urto di magnitudo 7,2 sulla scala Richter.
Arca (Architettura, Comfort, Ambiente): certificazione per gli edifici in legno, di proprietà della PAT. Assicura resistenza al fuoco e ai sismi, risparmio energetico, comfort e sostenibilità.
Ivalsa (Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree): del Consiglio Nazionale delle Ricerche, è un laboratorio di ricerca sulle applicazioni industriali dei prodotti della filiera foresta-legno.