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QT n. 6, 22 marzo 2003 Servizi

Vivere (e morire) con lo smog. A Trento.

Le targhe alterne un risultato l’hanno ottenuto: quello di sbatterci in faccia che il Trentino non è più un’isola felice. Anche qui, come a Milano o a Torino, ci si può ammalare, e si può morire, per l’inquinamento dell’aria.

Anzitutto, in tempi di eco(!)incentivi per l’acquisto di auto catalizzate, è bene chiarire una cosa. La benzina verde è una bufala. Almeno in città. Certo, la "verde" non contiene più il cancerogeno piombo della pensionata "rossa". Ma contiene il benzene, che è molto peggio. Che il benzene provochi il cancro, più del piombo, è provato scientificamente. Perché allora l’aggettivo "verde"? Perché il benzene dovrebbe essere trattenuto dalle marmitte catalitiche. Dovrebbe. In realtà, quelle marmitte funzionano solo oltre una certa temperatura, in pratica non prima di 20 minuti dall’accensione del motore. Cioè, in città, mai.

Inoltre, lasciando pure perdere piombo e benzene, vanno considerate le altre sostanze inquinanti: biossido di azoto, ossido di carbonio, biossido di zolfo, polveri sottili, ozono e via intossicando. Tutte sostanze che le auto catalizzate producono tanto quanto le altre, se non forse per il fatto che essendo più nuove hanno motori più efficienti. Gli ecoincentivi, in definitiva, sono serviti quasi solo alle industrie automobilistiche, per rilanciare un mercato stagnante. Ma con 75 auto ogni 100 abitanti, contro le 50 della media europea e le 33 della Danimarca, l’Italia avrebbe semmai avuto bisogno d’incentivi per il trasporto pubblico. La qualità dell’aria che respiriamo non ha insomma tratto quasi alcun beneficio da incentivi che di "eco" hanno solo il nome.

E’ questa la desolante conclusione cui arrivava, lo scorso anno, un’inchiesta di Report, il programma di approfondimento di Raitre la cui programmazione è ripresa in questi giorni (in orari da nottambuli). E proprio mostrando la registrazione di quella trasmissione si è aperto, venerdì 14 marzo, l’incontro organizzato dai Ds del comune capoluogo sul tema della mobilità sostenibile.

Trento è ormai, a tutti gli effetti, da considerarsi pesantemente inquinata per la qualità dell’aria. I dati sono allarmanti. Non si riescono a rispettare i limiti fissati dalla legge, il che significa un danno certo, giuridicamente comprovabile, alla salute dei cittadini.

A mettere in evidenza la gravità della situazione sono le nuove normative, che hanno recepito, coi soliti italiani ritardi, le direttive europee. Senza entrare in dettagli tecnici, diciamo approssimativamente che sino a ieri si faceva riferimento ad una media annuale: se nel traffico caotico di una secca giornata d’inverno l’indice d’inquinamento era oltre i limiti, ma sotto il solleone ferragostano in una città deserta rientrava nei parametri, ciò che contava era che la media fosse sotto la soglia fissata dalla legge. Un raggiro: le sostanze inquinanti si accumulano nell’organismo, per cui ciò che conta, sotto il profilo sanitario, è la quantità totale di elementi nocivi assorbiti dalle persone, che dipendono dai tempi di esposizione e dai valori di picco.

Con le nuove leggi la musica è cambiata: per ciascuna sostanza sono stati introdotti nuovi metodi di misurazione, prevedendo oltretutto una progressiva riduzione dei valori limite nei prossimi anni, una vera e propria tabella di marcia che punta a dimezzare l’inquinamento dell’aria entro il 2010.

Ebbene, Trento oggi non riesce neppure a rispettare i generosi parametri fissati per il 2003. Per le polveri sottili, che si depositano nei polmoni, la legge proibisce di superare i limiti per più di 35 giorni nell’anno solare. Se accade, il sindaco ne è giuridicamente responsabile. Ebbene, il 16 marzo (vedi tabella) Trento è arrivata al 36° giorno di inquinamento.

In questa situazione, un cittadino che si ammalasse per colpa dello smog potrebbe fare causa al sindaco, accusandolo di non aver svolto il proprio dovere nel tutelare la salute dei cittadini. A Torino è già accaduto: l’inchiesta del procuratore Guariniello è stata archiviata solo perché nel periodo cui faceva riferimento erano ancora in vigore le vecchie norme. Ma oggi non più.

E comunque, una volta accertato lo sforamento del "bonus" dei 35 giorni, l’amministrazione è obbligata dalle nuove leggi ad adottare misure strutturali di riduzione dell’inquinamento, che devono garantire per l’anno successivo una riduzione sostanziale del numero di giornate fuori norma.

Ma allora, come si può ridurre l’inquinamento causato dalle automobili? Nel corso della serata sulla mobilità sostenibile, col professor Karwasz, docente di fisica a Povo, si è discusso di nuove tecnologie. A cominciare dall’idrogeno, atteso sostituto della benzina e degli altri combustibili fossili, che attraverso il carbonio sono responsabili dell’effetto serra, coi conseguenti cambiamenti climatici, scioglimento dei ghiacci, inondazioni e siccità. Senza considerare che le riserve petrolifere si esauriranno entro una trentina d’anni e che già tra un decennio si assisterà probabilmente ad un’impennata del costo al barile. L’idrogeno è invece disponibilissimo in natura, essendo contenuto nell’acqua, e la sua estrazione potrebbe avvenire con l’elettrolisi, alimentata da pannelli fotovoltaici piazzati sui tetti di ciascuna casa. La combustione dell’idrogeno produrrebbe come gas di scarico quasi esclusivamente vapore acqueo, chiudendo il cerchio. Ma se un po’ tutte le case automobilistiche stanno investendo nella ricerca sull’idrogeno, l’Italia, ancora una volta, è fanalino di coda.

Tuttavia, l’auto a idrogeno non sarà disponibile prima di 10 o forse 20 anni. E in ogni caso, questa o altre nuove soluzioni (come la strabiliante eoloauto, che andrebbe addirittura ad aria compressa), se potranno ridurre l’inquinamento dell’aria non risolveranno l’altro grande problema degli agglomerati urbani: il traffico, coi suoi ingorghi e i centri storici invasi dalle auto in sosta.

Ecco perché, come ha detto il capogruppo comunale dei Ds Albergoni, che ha introdotto la serata, il problema dell’inquinamento dell’aria nelle città è oggi intimamente legato a quello del traffico. Ed entrambi questi problemi vanno risolti anzitutto con politiche tendenti ad incentivare l’uso di mezzi alternativi all’automobile privata, nonché con attente scelte urbanistiche e viabilistiche.

Il comune di Trento, in questo senso, ha avviato iniziative lodevoli: dal progetto di estensione della Ztl, alla creazione di nuove piste ciclabili, al potenziamento del trasporto pubblico, all’introduzione della formula del car-pooling (nei giorni delle targhe alterne, se si era almeno in tre in auto si poteva circolare comunque), alla prossima sperimentazione del car-sharing (automobili "pubbliche" da condividere pagandone solo l’utilizzo) e così via.

Eppure, tutti questi sforzi rischiano di essere vanificati in assenza di una politica coerente anche sulle grandi scelte. Parte dei duemila miliardi di vecchie lire stanziati dalla Provincia per "migliorare" la viabilità interna del Trentino (di cui ben un terzo, aveva detto il vicepresidente Pinter, sarebbe per opere inutili), stanno per essere utilizzati per realizzare nuove grandi arterie di accesso alla città: la galleria di Martignano, la galleria di Cadine, la variante di Lavis e quella di Mattarello. Oltre a questo, nel capoluogo si continua con la politica di realizzazione di nuovi enormi parcheggi a ridosso del centro: 900 nuovi posti auto per il futuro palazzo della Provincia a fianco della stazione Fs, altri 500 nella nuova biblioteca universitaria in piazzale Sanseverino, altri ancora in zona ex Michelin e in piazzale Tommaso Gar, i 1000 per l’Ospedale S. Chiara...

"In Trentino state cadendo oggi negli stessi errori compiuti quindici anni fa dalle altre città italiane" - ci ha detto Alberto Santel, responsabile del piano della mobilità del comune di Genova, uno dei relatori intervenuti al dibattito. E’ la folle logica spacciata per fluidificazione del traffico, che parte da un assunto sbagliato, quello secondo cui potenziando le infrastrutture ad uso delle auto non cambierebbero i comportamenti individuali delle persone. Quando invece è ovvio che più usare l’auto diventa comodo, più si è portati a mettersi al volante.

Tutte le esperienze dimostrano che potenziare le strade di accesso alle città, e realizzarvi grandi parcheggi, ha come unico effetto, inevitabile, quello di esporre i centri urbani a delle vere e proprie invasioni d’automobili. Consapevoli del problema, a Londra il nuovissimo quartiere dei Docks è stato realizzato addirittura senza strade d’accesso e senza parcheggi: chi vuole arrivarci, per lavorare o per fare shopping, è costretto ad usare i mezzi pubblici. Da noi, invece, il dipendente della Provincia che oggi, dalla sua casa di Pergine, si reca al lavoro in pullman o in treno - perché sa che altrimenti dovrebbe farsi mezz’ora di coda e poi non troverebbe parcheggio - è probabile che domani utilizzi l’auto privata se, grazie alla nuova galleria, a Trento ci arrivasse in cinque minuti e trovasse un comodo posteggio sotto l’ufficio. Ma ben presto tutti farebbero altrettanto, la coda si riformerebbe e sarebbe nuovamente difficile parcheggiare. Con la differenza che il numero di auto circolanti sarebbe enormemente maggiore e che gli ingorghi si sposterebbero ancora più a ridosso dell’area urbana, esponendo la popolazione a nuovi e più pericolosi rischi per la salute.

Dopodiché - come si è già visto - tutti si lamenterebbero dell’aumento del traffico in Valsugana e per porvi rimedio si proporrebbe, ancora una volta, la Pi.Ru.Bi., che porterebbe altro traffico e altro smog, in un circolo vizioso senza fine.

Vanni Ceola, Presidente dell’Atesina anch’esso intervenuto all’incontro, ha criticato le scelte della Provincia: "L’azienda che dirigo - ha detto - costa annualmente al Trentino meno di quanto si spenderebbe per realizzare due chilometri di asfalto, ma anziché investire sul trasporto pubblico si continua, qui come nel resto d’Italia, ad incentivare l’uso dell’automobile privata costruendo strade e parcheggi".

Ceola ha però dato anche una buona notizia: "Siamo riusciti a strappare alla Provincia che una delle due corsie della galleria Pergine-Trento sia riservata al trasporto pubblico" - ha detto con orgoglio. Giustificato, poiché proprio questa è la strada giusta.

Conveniamo con Ceola: anche se secondo la logica corrente potrebbe sembrare una provocazione, il modo migliore per ridurre il traffico di transito lungo la Valsugana sarebbe estendere questa soluzione (una corsia riservata ai mezzi pubblici) a tutta la statale 47. Altro che Pi.Ru.Bi.!

E allora, possibile che sia proprio il diessino sindaco di Trento, che sul tema della qualità dell’aria della sua città non dovrebbe dormirci la notte, ad apparire ancora ondeggiante sulla Valdastico, quando non apertamente favorevole? Possibile che mentre con una mano s’impongono le targhe alterne, con l’altra si accettino opere pubbliche, nuove strade d’accesso e nuovi parcheggi, che avranno l’effetto di congestionare ancor più il capoluogo e i polmoni dei suoi abitanti?