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(Im)mobilità

Adriano Rizzoli

Di questi tempi, in fatto di inquinanti dell’aria, la si mette tutta sui superamenti dei limiti di legge… i 50 mg/mc, un po’ più sotto, molto al di sopra, le medie, i picchi… come se fossero l’unico termometro del degrado della situazione. In realtà i numeri sono soprattutto strumento che diventa fredda statistica se tutto rimane nel limbo dei rinvii o delle rinunce a qualsiasi serio percorso di qualità della mobilità urbana.

Riguardo poi alla trottola dei pari e dispari dei giorni scorsi, a quelle impalpabili novità che quelle timide disposizioni hanno ottenuto, poco rilievo viene dato ai fattori della vivibilità conseguente al calo del traffico, dunque al sollievo che se ne ricava, alla diminuzione del rumore, al senso fondamentale della civile convivenza di sentirsi un po’ più a casa propria in un ambiente meno ostile.

Il mantenimento dello "sporco" status quo sembra il primo comandamento della locale "ragion di stato" per cui non si devono arrischiare prese di posizione disinteressate e incisive, sicuramente impegnative e poco gratificanti nel breve periodo, certamente efficaci in quelli a medio e lungo.

Le difese d’ufficio dell’una o l’altra categoria, per cui prontamente compaiono in prima pagina le appassionate arringhe dei rispettivi rappresentanti, chi tutelano poi se siamo tutti cittadini in stretta dipendenza gli uni dagli altri? Qui non esiste la benché minima conoscenza del significato della parola solidarietà, sostituita ovunque dagli interessi di categoria. Qui conta far soldi innanzitutto anziché far conto veramente su tutto e coalizzarsi contro questa velenosa invivibilità che non perdona.

Il nostro centro storico è uno dei più belli anche perché gli aspetti della vivibilità e quel senso dell’identità mantenuta sono avvertiti come segni forti e aggreganti rispetto all’anonimato di altre zone della città. E dunque non ha senso reclamare torti (semmai il contrario…), in fatto di limiti all’accessibilità veicolare o carenza di parcheggi, ritenuti erroneamente la soluzione ai problemi, rispetto all’anonimato dei centri commerciali intasati dal traffico e dagli indotti che ne derivano.

I rappresentanti di categoria sono poi così convinti che la grande maggioranza dei cittadini, i clienti-materia prima, non siano favorevoli a misure incisive e strutturali per la soluzione intelligente e responsabile delle questioni sulla mobilità urbana? Si facciano mirati sondaggi in cui si propongano intelligenti percorsi alternativi all’uso invasivo del mezzo privato! In molte città, soprattutto europee, si fa così, anziché insistere nelle polemiche e nella difesa ostinata del proprio piccolo feudo.

E la politica soppesa-tentenna-rinvia, attenta a non invadere i territori altrui perché ciò potrebbe nuocerle, a non erodere i consensi, a privilegiare il carrierismo, a far di tutto per mantenere gli equilibri a scapito dei contenuti.

Se qualcuno volesse, con serietà ed umiltà, potrebbe imparare, o fare in modo che altri imparino: basterebbe semplicemente "copiare", valutando con rigore tutte le componenti in campo, economiche, sociali e culturali. In cui è fondamentale il responsabile, costruttivo e determinante coinvolgimento anche della società civile. Così, forse, una buona volta potranno dir la loro anche i diretti interessati, la maggioranza silenziosa senza la quale qualsiasi attività economica fatica ad espandersi o imporsi.

Dovere della politica è di elaborare percorsi e mettere in campo sistemi e modi di coinvolgimento e persuasione per lasciare le auto a casa. Meno grandi opere da milioni di euro, più opere a misura d’uomo e non di auto, più uso delle gambe, camminando o in bicicletta, e dei mezzi pubblici (non solo autobus).

La questione non è solo quella della ricerca di nuovi combustibili, ma semmai di un diverso, radicale e responsabile nuovo atteggiamento nei confronti dell’uso del mezzo privato.

Si raccolgono contributi, proposte, idee, provocazioni, ipotesi di percorsi per dar vita al SAM - gruppo di Studio Altra Mobilità.

Grazie.