Vincitori e vinti: il difficile dopo elezioni
Centro-sinistra: a pochi giorni dalla vittoria la Giunta provinciale è di nuovo in fibrillazione. Come si può andare avanti? Nella sinistra ci sono due scuole di pensiero... Centro-destra: dopo la (meritata) sconfitta locale si dà la colpa alla stampa e agli avversari cattivi. C'è anche chi cerca di ragionare...
Non è iniziato bene il post elezioni: né per i vincitori, né per i vinti; né a Roma, né a Trento. Vediamo brevemente il livello nazionale, per poi addentrarci nei problemi trentini.
Mentre stiamo scrivendo, il centro-destra sta scendendo, e bruscamente, dai cieli della propaganda alla dura realtà. Sul fronte politico: una maggioranza raccogliticcia, con un’appendice estranea e impresentabile (la Lega) trova immense difficoltà su quello che è stato il punto vero, aggregante: la spartizione del potere. Sul fronte programmatico: le promesse infinite, il liberismo miracolista si rivelano un bluff, e rischiano di diventare un boomerang; della detassazione non si parla più, in compenso si è pronti a far sostenere "indispensabili sacrifici" agli italiani. E’ questo un lessico da emergenza economica riesumato dai tempi della crisi della lira e dell’ingresso in Europa; ora, dopo gli ultimi anni di effetttive detassazioni e gli ultimi mesi di promesse mirabolanti, viene riproposto, come linea strategica dello sviluppo; "per far andare le imprese, il tenore di vita deve peggiorare" - ha in sostanza sostenuto il presidente della Confindustria D’Amato, e Berlusconi si è allineato. E’ una posizione sostenibile?
Dall’altra parte il centro-sinistra - con la pur vistosa eccezione di Rutelli - non sembra aver assorbito la sconfitta, né imparato da essa. Aveva vinto quando si era presentato unito, con una coalizione credibile (l’Ulivo), attorno ad un programma chiaro e condiviso (l’ingresso in Europa) personificato da un leader (Prodi). Raggiunto il potere, perseguito l’obiettivo immediato, iniziò a lavorare nella direzione opposta. Attraverso la delegittimazione dell’Ulivo (ricordiamo le sprezzanti dichiarazioni di D’Alema sul rinnovato "primato" dei partiti); la rinata priorità alle tattiche partitocratiche (a iniziare dalla riabilitazione di Berlusconi, riproposto come padre della patria nella Bicamerale); il licenziamento del leader. Momento chiave fu il passaggio da Prodi a D’Alema: quando Prodi, per le bizze del solito Bertinotti, perse la maggioranza, il centro-sinistra rifiutò di andare alle elezioni (sull’onda dell’ingresso in Europa e con il centro-destra diviso); certificò invece - come richiesto da Cossiga! – la fine dell’Ulivo; e con l’acquisto di alcuni parlamentari, passò al governo D’Alema. Ricordiamo la motivazione: "Altrimenti si perdono le elezioni". Così le elezioni le hanno perse tre anni dopo, assieme alle ragioni della coalizione: i Comitati Rutelli sono stati povera cosa, in confronto ai vari Comitati per l’Ulivo, che avevano davvero aggregato persone nella speranza di una nuova fase della politica, brutalmente frustrata.
Di questo oggi il centro-sinistra non parla. I Democratici di Sinistra sembrano assorbiti in meschine rese dei conti, nell’eterna diatriba tra i due "leader" fuggiaschi (Veltroni, il segretario fuggito, in piena campagna elettorale, a curarsi il suo Comune di Roma; D’Alema, rifugiatosi nel ridotto di Gallipoli). Il dibattito, quando c’è, verte intorno a vagheggiamenti sulla costruzione di un fantomatico "grande partito socialdemocratico": discorsi, quand’anche fondati, che riguardano la modellistica politica, i contenitori; non un discorso sul perché non si è riusciti ad aggregare una maggioranza sociale. E così la Margherita, pur baciata da un inaspettato successo, appare disomogenea, e incerta anche sulla propria collocazione internazionale. L’unica vera linea del centro-sinistra sembra la stessa usata nella campagna elettorale: confidare nelle contraddizioni e nell’impresentabilità dell’avversario. Che ci sono, e aumenteranno. Ma bastano a legittimare gli oppositori?
Veniamo al Trentino dove, come è noto, fra destra e sinistra sono ribaltati i ruoli di vincitori e vinti. Il che però non porta, per ora, a maggior chiarezza, né in un campo né nell’altro.
Cominciamo dal centro-sinistra e dalla sua larga vittoria, dovuta anche al felice accordo con la Svp. Nell’articolo Ulivo-SVP, bravo Dellai. Ma ora... Michele Guarda ne illustra aspetti e potenzialità positive. Qui ci soffermiamo su due limiti. Il primo è la sottovalutazione, da parte del centro-sinistra stesso, della positiva novità dei due parlamentari, Peterlini e Bressa, eletti interetnicamente. Nei commenti post-elettorali si è fatto un gran parlare di Autonomia (questa parola finiremo per odiarla), si è sottolineato la sagacia tattica di un accordo che ha tagliato l’erba sotto i piedi del Patt, ma si è sostanzialmente sottaciuto il significato di una campagna elettorale che a Bolzano ha visto unificate le due etnie. E questa non è una dimenticanza, ma il frutto di una delega di fatto alla Svp, che non va disturbata sul fronte delle tematiche etniche. Il che non ci sembra il massimo né della lungimiranza, né della schiettezza dei rapporti con l’elettorato bolzanino (e i frutti li vediamo leggendo i commenti delusi dei frequentatori del nostro Forum su www.questotrentino.it).
Il secondo limite rimanda direttamente al Trentino. Ed è il fatto che con la Svp sembra concordarsi su una visione assistita dell’Autonomia: Trentino e Sudtirolo, Ulivo e Svp, rimangono alleati, perché insieme a Roma pesano di più, per non far diminuire il flusso dei denari: è la Geldautonomie, di cui parla Walter Micheli (Fra successo elettorale e "villaggi in quota"). E qui torniamo in pieno nei problemi di questi anni: se si vuole o meno superare il Trentino delle clientele, che dissipa, finché durano, soldi pubblici e risorse ambientali.
Questi sono i problemi veri, che la campagna elettorale aveva messo in un angolo, perché si doveva stare tutti uniti contro il nemico alle porte. Problemi che qualcuno auspicava sepolti ("Questa giunta va benissimo, non va ridiscussa" - secondo il segretario Ds Mauro Bondi). Ma che subito sono riemersi: Jumela, villaggi in quota, Informatica Trentina… (vedi La spazzatura sotto il tappeto): dopo solo una settimana la Giunta è già in fibrillazione.
Come si pensa di andare avanti?
A sinistra ci sono due scuole di pensiero, non necessariamente confliggenti. La prima è rappresentata soprattutto dal neo onorevole Giovanni Kessler il quale, eletto con il 51,7% ad anni luce di distanza dall’avversario del Polo, ha conquistato sul campo l’autorevolezza di chi, per il proprio successo, non deve essere debitore a nessuno. Kessler lancia la "Casa comune della maggioranza" (se vogliamo per forza dare un nome).
"Non deve essere la Giunta provinciale a dare le indicazioni di fondo, le coordinate di sviluppo del Trentino – afferma – Deve essere l’insieme dei soggetti politici, e non solo. Ci deve essere un’istanza in cui, attraverso regole certe, si forma la volontà politica, che poi saranno gli organi amministrativi a tradurre in pratica. In questa maniera si cementa la coalizione, e si coinvolgono non solo i partiti, ma anche gli elettori, i non incasellati, si lavora per recuperare chi, come i dipietristi, non ha votato per noi."
La proposta di Kessler insomma intende da una parte recintare Dellai, dall’altra costruire l’Ulivo. Disinnescando l’aspetto dirompente degli (inevitabili) prossimi conflitti: se c’è un momento di discussione, se ci sono regole per giungere alle decisioni, si eliminano atti d’imperio, mugugni, minacce di dimissioni. E contemporaneamente si costruisce una dimensione della politica, fondata sulla progettualità e sulla condivisione delle decisioni, che può più facilmente essere aggregante.
L’ipotesi è stata subito abbracciata da Bondi e dai Ds, che vi hanno visto una via d’uscita rispetto al solito triste copione (Dellai impone, la sinistra si oppone ma si adegua). Analogo appoggio è venuto da Pacher e dal grosso del centro-sinistra del Comune di Trento, dove si vivono continue seppur sotterranee frizioni tra il sindaco e il partito degli affari autorevolmente rappresentato nella Margherita.
Ma l’alt è venuto dai dellaiani: con parole soffici :"Proposta interessante", ma "da far maturare", ecc. ecc. Di rinunciare all’attuale potere, derivante dalla capacità di porre ultimatum a tremebondi alleati, non si parla. Anche se questo potere, ad ogni tentativo di imporre nuovi accordi clientelar- affaristici, si logora sempre più.
La seconda scuola di pensiero è quella rappresentata da Costruire Comunità, l’associazione di Walter Micheli e Vincenzo Passerini; che non si oppone alla linea Kessler, ma ritiene prioritario discutere dei contenuti invece che dei contenitori. Dietro questa impostazione c’è un giudizio (anche se non espresso) decisamente negativo su Dellai, ritenuto organicamente compromesso con l’affarismo; la convinzione che un’aggregazione che riparta dai contenuti, che sappia offrire una prospettiva al Trentino, possa attrarre quella parte di elettorato che ha votato la Margherita "per voltare pagina". Di qui una serie di iniziative politico-culturali, che si intrecceranno con le battagliere mobilitazioni ambientaliste preannunciate per la Jumela, il Tesino, ecc.
Insomma, dopo le elezioni nel centro-sinistra grande è la confusione. Ma anche notevoli sono i fermenti, alimentati dallo stesso risultato elettorale.
Passiamo al centro-destra, a Trento sonoramente sconfitto. E che, come il centro-sinistra nazionale, anziché guardare dentro se stesso, si è messo a invocare una serie di alibi poco credibili: la stampa ostile, la Giunta provinciale che ha fatto campagna elettorale (gran novità!)...
In realtà il centro-destra trentino in questi anni, e in campagna elettorale, si è caratterizzato soprattutto in negativo: con le sparate anti-immigrati, alcune piazzate di attivisti roveretani di An, l’ostruzionismo in Consiglio provinciale, un’indifferenza verso la questione morale che ha portato a ripetute voci di ritorni di Mario Malossini, e a contiguità con la sua Compagnia delle Opere (istituzionalmente dedita a mescolare politica, fede e affari, vedi Dietro Malossini e la Compagnia delle Opere). E soprattutto un duro atteggiamento contro un Dellai dipinto come padre di tutti i mali, quando poi se ne condividono le scelte principali (PiRuBi, aeroporto, impianti); tanto da far sospettare che l’ostilità nasca soprattutto dal desiderio di rimpiazzarlo nei suoi rapporti con il mondo degli affari.
Né migliori sono state le reazioni alla sconfitta. Un gruppo di "autoconvocati" di Forza Italia si riunisce per processare il gruppo dirigente; ma sotto accusa non è la linea politica, bensì il fatto che gli eletti non siano di Forza Italia o non siano trentini! Il coordinatore regionale Giancarlo Innocenzi si mette a minacciare Ulivo trentino e Svp, mescolando doveri istituzionali e ricatti partitici: "Da ora in poi per trattare per l’Autonomia dovrete suonare al campanello di Berlusconi". Il consigliere di FI Maurizio Perego invita a dare al centro-destra la presidenza del Consiglio Provinciale, "come risarcimento di una campagna elettorale sopra le righe, e di tutti gli insulti riversati su Berlusconi".
Di questo parliamo proprio con Perego.
La mia proposta sulla Presidenza del Consiglio Provinciale – ci tiene a precisare – è stata brutalmente sintetizzata sulla stampa. Io ho detto che, dopo una campagna elettorale in cui una delle massime autorità, la Presidente della Regione Cogo, si è comportata in maniera molto scorretta - "sgonfieremo le palle di Berlusconi" (vedi Balle ), la serata con Marco Travaglio (vedi L'odore dei soldi)ecc – al fine di ripristinare corretti rapporti maggioranza-opposizione, si dovrebbe ridiscutere la suddivisione degli incarichi, soprattutto la presidenza del Consiglio, che dovrebbe andare all’opposizione.
Vi è stato proposto di variare, in cambio, la composizione delle commissioni consiliari, in cui per il cambiamento di fronte del Patt, voi come opposizioni avete la maggioranza…
Questo è un baratto che non accettiamo. Se lì abbiamo la maggioranza è stato per un errore politico di Dellai.
A questo punto perché gli altri dovrebbero cedervi la presidenza?
Io ho ribadito che a livello nazionale le elezioni le abbiamo vinte noi. Ed è con noi che la maggioranza dovrà fare i conti.
Veniamo alla vostra sconfitta in Trentino. Non è semplicistico attribuirla al peso del governo locale? Con questo ragionamento, tutti i governi sarebbero eterni.
Il fatto è che in Trentino persiste una conformazione sociale favorevole al centro-sinistra: parti dell’autonomismo radicalmente legati all’Svp, parti di società dipendenti dal sottogoverno, il volontariato, la sinistra storica, parte della cooperazione. Questo è un blocco sociale ancora maggioritario, anche se di poco.
Un blocco sociale che voi ritenete negativo?
Molto negativo. Perché lascia il Trentino a rimorchio della Svp, come abbiamo testè visto con la riconferma di Willeit a capo dell’A22. E lo lascia ai margini della spinta innovatrice che avanza nel resto d’Italia, a iniziare dalle vicine Lombardia e Veneto. Sarà un insieme di regioni che si aiutano e collaborano, e noi ne saremo fuori; né potrà esserci un dialogo con il governo nazionale fondato su un idem sentire.
Questo è un discorso di omologazione, per cui si dovrebbe essere tutti governati dalle stesse forze politiche. Gli elettori, già alle ultimissime comunali lo hanno rifiutato.
Non è una richiesta di omologazione; ma il fatto che tra chi parla la stessa lingua ci si capisce meglio. Non certo che chi parla una diversa verrebbe discriminato, ci mancherebbe.
Mi aspetterei che voi contestaste il centro-sinistra sui suoi programmi, non sul fatto che a Venezia e Roma c’è il centro-destra.
Noi ci caratterizziamo per volere le infrastruttre, una scuola e una sanità più libere. Nelle altre regioni le infrastrutture le avranno, mentre noi qui staremo ancora a discutere; e avranno scuola e sanità concorrenziali, e noi no.
Nell’economia non sembra brillare la vostra spinta alla liberalizzazione: siete per i contributi agli impiantisti pur condannati dalla UE, siete contro la privatizzazione di Informatica Trentina…
Non è un discorso di singolo comparto, di singola privatizzazione: è una visione complessiva, che l’attuale Giunta non ha. Noi abbiamo proposto una linea alternativa, sulle infrastrutture, sul turismo, sul buono scuola, sul piano sanitario. Abbiamo dei problemi di visibilità sulla stampa locale.
Su infrastrutture e turismo avete obiettivi analoghi a quelli di Dellai?
Su tante cose, dall’aeroporto alla Valdastico agli impianti sciistici sì. Su altre no, tipo i residence nel Tesino. E’ che noi queste realizzazioni le faremmo perché parte del nostro Dna politico. Altri le fanno perché devono tener fede a promesse elettorali. Ma poi ci sono altri motivi di differenziazione: le illusioni di fare in Trentino una Silicon Valley; con i contributi si chiamano qui i Centri Fiat, e così si realizza il modello Sodalia.
Ritenete fasulla l’enfasi dell’Ulivo su ricerca e tecnologia?
E’ possibile che il Trentino abbia delleeccellenze anche nella ricerca; ma queste possono essere nicchie, non l’impegno prioritario. Mentre altra cosa è, ad esempio, un’università del Turismo, cui vedo con piacere che il rettore sta lavorando. Queste sono le iniziative congruenti con il Trentino.
Su molti argomenti, visione diversa ha Claudio Taverna, segretario di AN. Anche con lui iniziamo a parlare dei motivi della sconfitta trentina.
E’ vero, ci sono stati gli strumenti e l’esercizio del potere, che hanno creato un determinato blocco sociale; come pure il favore della stampa verso il centro-sinistra e l’effetto Svp.
Comunque tutto questo non basta a motivare una sconfitta decisamente pesante. Il fatto è che qualcuno dovrà svegliarsi dal torpore di questi anni: il centro-destra a livello locale non ha saputo darsi un programma alternativo, di rinnovamento, né ha saputo aggregare un blocco sociale.
Quale blocco sociale?
Soprattutto i ceti medi; questo si è verificato in forma molto inferiore che da altre parti. Se facciamo la somma dei voti del proporzionale, sopravanziamo il centro-sinistra: a livello di uninominale no, ed è colpa di una scelta dei candidati affrettata e lontana dal territorio.
Torniamo al blocco sociale.
Anche in questa occasione ci siamo presentati come una sorta di patto elettorale, sorto all’ultimo momento. Ciascuno – e inizio da noi – ha cercato di rappresentare il proprio partito, più che dare un messaggio univoco. E’ un fatto che nel centro-destra convivono anime differenziate: ci sono gli ultraliberisti, e altri come me più attenti al sociale; e chi pensa allo sviluppo solo come cemento e asfalto e chi è attento all’ambiente; e così sulle pensioni, c’è chi dice che sono il problema dell’Italia; e sulla sanità è passata l’idea che noi non copriremmo i bisogni della popolazione. E ancora: certe posizioni sull’immigrazione non pagano; il popolo italiano, i trentini, sono dei buonisti, un conto è dire che l’immigrazione va disciplinata, un altro è farne il problema centrale.
Un’autocritica vera…
Queste sono le mie personali opinioni; e delle diversità bisogna fare sintesi. Per vincere nel 2003 dovremo offrire un modello alternativo: e capire cosa sia sviluppo e progresso e cosa no. Per me non possono esserlo i residence nel Tesino; nè i patti territoriali, se sono solo business per le società di consulenza e per alcuni affaristi.
Infine: è stato un errore affrontare le politiche come un referendum pro e contro Dellai.
Rispetto a Dellai, il resto del Polo sembra essere d’accordo con Jumela, PiRuBi…
Per me questi sono errori strategici. Parte dei nostri alleati non valutano bene i danni che ci saranno sul territorio, per di più in una situazione di piena occupazione e in cui l’ambiente è strategico. La politica del cemento ha il respiro corto, dobbiamo conservare non distruggere le nostre risorse.
Però questo non è il programma del centro-destra.
Deve fare un’analisi profonda su questo. Non ci si può limitare a dire che sono gli ambientalisti, i vincoli che ostacolano il progresso. Queste sono storie; e c’è gente che è affezionata alle storie che racconta. E poi, Di Pietro, che con Scotoni, candidato tutto da discutere, prende il 7%…: sono voti che rappresentano un’esigenza, cui si va incontro tenendo alto il problema della moralità in politica. Sono segmenti elettorali non riducibili né alla destra né alla sinistra, verso i quali anzi nutrono sfiducia, perché troppe volte li hanno visti assomigliarsi nella pratica della gestione del potere.
Torniamo a Dellai…
Lo contesto perché presenta disegni di legge come la privatizzazione di Informatica Trentina. Mentre invece la Lombardia istituisce un proprio sistema informatico attraverso una spa. E in Friuli una società al 50% pubblica e 50% di Finsiel, si occupa dell’informatizzazione di tutti gli enti pubblici. Mentre da noi ogni istituzione va per conto suo, Camera di Commercio, sanità, università.
Lei sta proponendo un’estensione del monopolio pubblico.
Il progetto di Dellai è il massimo della confusione: Informatica viene privatizzata, ma con i soldi pubblici; e rimane una preoccupante ambiguità su tutta la partita delle reti telematiche di proprietà di Informatica Trentina, e su questo si gioca il futuro del Trentino. Sono partite di centinaia di miliardi, dove vanno a finire? Voglio prescindere dagli amici di Dellai interessati all’acquisto; è comunque questo il modo di disegnare il nostro futuro?
Mi sembra comunque che voi non abbiate una linea precisa sulle privatizzazioni.
Le privatizzazioni non possono essere delle svendite. Vanno fatte per quelle attività che possono essere svolte dai privati invece che dal pubblico; a meno che non siano in posizioni strategiche: e questo è il caso sia di Tecnofin che del sistema informatico.