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QT n. 11, 2 giugno 2001 Servizi

Fra successo elettorale e villaggi in quota

Dopo il positivo risultato del centro-sinistra nelle elezioni regionali del novembre del 1998, titolammo su questo giornale con comprensibile ottimismo: "C’è qualcosa di nuovo oggi in Trentino". Potremmo ritentare il titolo dopo i risultati delle elezioni politiche del 13 maggio, anche se frenati dalle delusioni subite nell’esperienza precedente.

Il classico progetto di "sviluppo" vecchio stampo: il villaggio di Marilleva.

Sarebbe stolto tuttavia non vedere segni straordinari per significato politico, che vanno al di là di una semplice congiuntura elettorale, nell’esito positivo dei collegi di Bolzano, dove l’accordo tra Ulivo e SVP è riuscito a portare in Parlamento col voto di cittadini italiani e tedeschi candidati che hanno lasciato al palo i concorrenti della destra attardati a bloccare qualsiasi evoluzione del rapporti politici nel mondo altoatesino.

Superficiale non vedere positivamente la sconfitta dell’accordo mercantile fra il centro-destra e il PATT, che ha dato un’altra picconata all’attendibilità dei resti di quello che fu l’antico partito autonomista, rimasto per l’ennesima volta al palo delle sue ambizioni romane.

Autolesionista non cogliere il dato positivo della sconfitta della Lega e del suo candidato simbolo, l’onorevole Rolando Fontan, con tutto il suo armamentario di suggestioni razziste e dissipazioni ambientali (vedi Le pagelle ai parlamentari e Il crudele destino di Rolando Fontan ).

Sarebbe miope non cogliere la tensione ideale che ha portato ad un risultato dell’Ulivo, qui ampiamente superiore alla somma dei consensi dei partiti che al simbolo dell’alleanza dicevano di fare riferimento, prova di una tenace volontà di resistere e credere ad un futuro diverso da quello delle semplici sommatorie di sigle e apparati.

Il Trentino della biodiversità ambientale, il Trentino dei quattrocento campanili e delle mille associazioni non si è piegato dunque, nemmeno in quest’occasione, come non fece in passato, alle suggestioni dei miti e dei condottieri di cartapesta.

Sapranno ora i nostri eroi (cioè titolari del successo acquisito) ben investire il risultato, trarre motivo di correzione di rotta nella politica provinciale, gestire proficuamente la seconda metà della legislatura, cimentarsi in un originale progetto di sviluppo del Trentino e della regione, riscattare le mediocrità che hanno mortificato speranze e fatto temere per lo stesso risultato della consultazione appena alle spalle?

Asoli quindici giorni dal voto voler trarre conseguenze sarebbe arbitrario e tuttavia non è possibile tacere su sintomi, fatti, silenzi, che, se confermati, ci farebbero tornare né più né meno alle stagioni amare che abbiamo appena lasciato alle spalle.

Della Regione si è parlato solo per ribadire i patti di difesa della sua interpretazione più mediocre: quella della Geldautonomie (l’Autonomia dei denari, come sprezzantemente venne definita da Alfons Benedikter nel giorno del suo abbandono della SvVP che pur aveva contribuito a fondare), per cui i temi della responsabilità e dell’autogoverno, dei diritti dei nuovi gruppi presenti in Trentino e in Alto Adige, sono sfumati e censurati per rilanciare forte un’infinita rivendicazione finanziaria nei confronti di Roma; prefigurando quindi la persistenza del modello di sviluppo fondato su clientele e contributi. Per non parlare di un’altra persistenza: quella delle nomine, secondo le antiche consuetudini della lottizzazione partitocratica, realizzatasi pochi giorni dopo le elezioni con il nuovo consiglio d’amministrazione dell’Autobrennero, appaltato (pur con qualche eccezione) a segretari particolari e a partitini in cerca di visibilità.

L'area del passo Brocon, dove si vorrebbe insediare il villaggio turistico in quota.

Veniamo ai nostri Comuni; in troppi dei quali si riscontra un progressivo deficit di democrazia, dove ci sono gli statuti ma mancano gli strumenti attuativi, e dove Usi civici, Regole e Consortele sono considerati residuati di democrazia medievale (come accaduto recentissimamente in val di Fassa per i terreni collettivi della Jumela). Per giungere, in questi giorni, al caso dei "villaggi in quota" nel Tesino, dove un progetto di turismo dirompente, assistito, già esaurito quando non fallito in tutto il sistema alpino, viene riproposto sotto la veste dei Patti territoriali (vedi Difendiamo il Lagorai!); che nel testo (concordato tra i Comuni e la Giunta provinciale) propongono sagge misure di sviluppo basato sul recupero del patrimonio esistente, e invece negli allegati (ignorati da una parte della stessa Giunta) prevedono il contrario, dando il via al progetto dei residence, che comprometterebbe la riserva ambientale e naturalistica più preziosa e intonsa di tutta la provincia. Per poi finire con il Presidente della Giunta che zittisce l’assessore competente (un Pinter finalmente deciso a svolgere la propria parte) e rimanda a decisioni future, con metodi e scenari - il voto a maggioranza - già visti per la Jumela.

Può l’ottimismo per il successo dell’Ulivo in Trentino infrangersi così rapidamente sui villaggi in quota del Tesino e altro cemento sul Lagorai?

Non è un destino scontato. Il risultato elettorale ha reso evidente che proprio così operando, cancellando cioè le antiche fonti della partecipazione e del controllo popolare, abbandonando i propositi di nuovo modelli di sviluppo per riproporre quelli antichi e usurati, pagando a piè di lista le sciagurate richieste di lobby imprenditoriali, il successo naturalmente non arride all’Ulivo, ma a Forza Italia, che questa interpreta senza contraddizioni.

Non solo: l’esito delle urne ha evidenziato che esiste e può essere maggioritaria una cultura antagonista ad affari e clientele, basata sull’etica pubblica e su uno sviluppo con un futuro proprio perché non distruttivo né assistito. Questa cultura però deve tradursi in politica, questi elettori non possono (né si lascerebbero) tradire un’altra volta.

Questo potrà accadere se nei prossimi giorni, dalle dispute forse anche necessarie sui tavoli dell’Ulivo, sul destino e il numero delle sue gambe, si ritorni a parlare delle riforme al palo, della sostenibilità proclamata e disattesa, delle forme di democrazia usurpate e svilite, insomma di tutto quello che in Trentino e in regione si potrebbe fare, per legittimare una diversità positiva, anche rispetto al modello di sviluppo da capannone veneto.