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QT n. 9, 29 aprile 2000 Servizi

Legge ed etica violate

Caso Jumela e simili: come la Provincia contravviene alle leggi e chiama i funzionari a disapplicarle. Dove va a finire la legittimazione morale del centrosinistra?

Per anni ci siamo crogiolati all’idea che il Trentino era, tra quelle italiane, una Provincia pilota nella gestione del territorio e delle risorse ambientali. Si era a tal punto convinti di vivere qui un’esperienza straordinaria che tutti, da destra a sinistra, si trovarono concordi nel contestare il parlamento nazionale ogni qualvolta questo, avviando una riforma organica delle leggi ambientali, sembrava intaccare gli spazi della nostra autonomia.

In successione la Provincia di Trento ricorse alla Corte costituzionale contro la legge Galasso del 1985 a tutela dei più delicati elementi ambientali, contro la legge del 1989 che istituiva le autorità di bacino per la gestione integrata dei nostri fiumi, contro la legge Galli del 1994 che dettava finalmente norme per il recupero e la tutela del patrimonio idrico nazionale.

La Corte costituzionale si premurò, respingendo tutti i ricorsi trentini, di ricordare che anche le forti competenze autonomistiche di Trento (e di Bolzano) non potevano travalicare il principio della solidarietà nazionale per quel che riguardava i principi generali di gestione, coordinamento e tutela del territorio e della tutela dei beni ambientali.

La dura replica delle cose smentì la nostra presunzione e rese risibile la retorica autonomistica. Fummo travolti dal fango di Stava, ci accorgemmo di essere la Provincia alpina che dissipava con maggior disinvoltura il proprio scarso territorio con un’insensata politica delle seconde case, fu dimostrato che malgrado centinaia di miliardi spesi in depuratori e fognature, la qualità dell’acqua dei nostri fiumi e torrenti scadeva rapidamente.

Tentammo di mettere a frutto la lezione patita a causa dell’importazione di un modello economico assolutamente incompatibile con una provincia dalle connotazioni orografiche fragilissime di una provincia che ha il suo territorio collocato per il 70% oltre i mille metri, con aree a rischio d’esondazione, frane e valanghe. Almeno per le leggi votate tentammo un riscatto, anticipando nel 1988 la legislazione sull’impatto ambientale. Un anno prima, con l’approvazione del nuovo Piano urbanistico provinciale, avevamo dato una risposta, concordata con lo Stato, coerente a livello locale a quanto la legge Galasso prescriveva per tutto il territorio nazionale a tutela di coste e ghiacciai, pascoli e boschi, laghi e fiumi.

Tutto sembra ora dimenticato: i moniti della storia, le leggi da rispettare, i limiti da porre a uno sviluppo incompatibile con la qualità del nostro territorio. Sembra esserci una voluttà di sfida dei limiti posti dalla natura. Faccio queste notazioni il 22 aprile, nel giorno in cui ai quattro angoli della Terra si fa memoria del nostro pianeta malato, continuamente sfregiato, e del fatto che l’umanità non ne ha un altro di ricambio.

La ragione per cui è utile tornare su questo tema anche a rischio di annoiare se medesimi è tuttavia un’altra: il disinvolto modo con cui leggi dello Stato e della Provincia vengono qua disinvoltamente svuotate, rese sterili e inoperanti. Il comportamento della giunta provinciale sulla val Jumela è in proposito eloquente, ma purtroppo non è il solo. Il piano del parco Adamello-Brenta, il nuovo parcheggio nell’alveo dell’Avisio a servizio dei nuovi impianti dell’Alpe del Cermis, sono in successione prove di come, in nome dell’emergenza o dell’opportunità politica, le leggi sono diventate un optional. Il lavoro e l’intelligenza della burocrazia provinciale sono orientati da chi ha le responsabilità politiche non ad applicare le leggi, ma a trovare il modo per renderle inoperanti. Si trova il modo per non sottoporre i progetti a procedura di valutazione d’impatto ambientale, com’è accaduto per gli impianti d’arroccamento alla val Jumela con la funivia del Buffaure. Poi, non potendo fare a meno di chiedere il parere della tutela paesaggistica, quando questa si esprime in termini negativi la giunta deroga al parere medesimo e dà l’autorizzazione consentendo la realizzazione di un’opera su cui tutti gli organismi di valutazione tecnica hanno dato un parere negativo. Il Trentino diventa così una sorta di terra franca rispetto a leggi di valenza costituzionale, contravvenendo a patti liberamente sottoscritti dal Consiglio provinciale col resto della comunità nazionale mediante una legge fondamentale quale il piano urbanistico, per quanto concerne la gestione sul nostro territorio dei criteri di tutela ambientale.

"Tovel l’è nòs" - è stato l’improvvido slogan sovversivo con cui Franco Tretter ha avviato le sue fortune politiche. Vent’anni dopo sembra che la giunta provinciale voglia ripetere più in generale l’infausta concezione della gestione autarchica delle risorse ambientali, a dispetto della legge e dell’etica, che danno certo alle comunità locali responsabilità di gestione, ma per tutelare, non per dissipare.

Legge ed etica non sono violate solo con la corruzione delle tangenti, ma più subdolamente disapplicando le leggi e chiamando i pubblici funzionari a fare altro, rispetto alle scelte che in "scienza e coscienza" avevano indicato. Elemento, questo, di riflessione per il centro sinistra trentino che non voglia perdere la sua legittimazione morale e la stella polare che aveva portato al suo successo.