Dellai, i suoi disegni, e quelli che cercano di fermarlo
Val Jumela, legge sul commercio, privatizzazioni, cablatura del Trentino: questioni cruciali, su cui Dellai tenta di imporsi. Senza un progetto, secondo le proprie convenzienze. La sinistra inizia ad opporsi. Ed allora...
Quando dai vari Comuni le notizie arrivavano accavallandosi, ma tutte dello stesso segno, in via Suffragio il nervosismo diventava sempre più palpabile: "Ormai è chiaro, la Margherita vuole emarginarci" - mormorava il segretario dei Democratici di sinistra Mauro Bondi. E all’interno della coalizione di centro-sinistra il clima diventava gelido.
La questione ha due aspetti: uno politico-elettorale, di rapporti tra i partiti; e uno di governo, di visione del Trentino, di connessione con la società e i gruppi di potere. Incominciamo dal primo aspetto.
A far scattare l’allarme rosso tra i Ds è stato l’esito delle tante riunioni nei Comuni in vista delle prossime elezioni: "Si tratta di casi particolari, di singole sensibilità, di situazioni locali"- minimizzava il segretario dei Popolari Mauro Betta. Per Bondi invece questa somma di "casi particolari" finiva con il rispondere a una ferrea legge generale: i sindaci uscenti della Margherita venivano riconfermati d’ufficio, quelli di sinistra messi, anche pesantemente, in discussione; e per far questo, la formazione di Dellai si alleava con disinvoltura, se occorreva, con il centro-destra, mandando a fondo quel che resta dell’Ulivo.
Vediamo, sinteticamente, le situazioni più clamorose.
Levico: sindaco uscente Fontana di centro-sinistra; in contrapposizione scende Stefenelli (de I Democratici) appoggiato dalla Margherita e dal vecchio boss Gaigher.
Cles: la riconferma del sindaco Maria Pia Flaim (Ulivo) viene contestata da parte dei popolari, che la ritengono troppo di sinistra.
Lavis: sindaco uscente Tomasini (Ulivo); la Margherita sta valutando di presentarsi con un proprio candidato alternativo.
Ala: il sindaco uscente Mellarini (Margherita, appoggiato dalla Lega) candida esplicitamente contro la sinistra; gli si contrappone Trainotti, ex-sindaco Dc (vicino all’on. Azzolini), un candidato forte sostenuto dalla sinistra ma non dalla Margherita, che non vuole appoggiarlo continuando nel rapporto con la Lega.
Mori: sindaco uscente Turella con giunta centro-centro; ora risulta appoggiato ufficialmente anche dalla Margherita con esplicite dicharazioni anti-sinistra.
Pergine: i diesse si dichiarano disposti a sostenere il sindaco uscente Anderle (Genziana); ma vengono respinti, in base a una curiosa teorizzazione dei popolari locali, in favore di "un centro-sinistra ma senza la sinistra".
Borgo: oltre al candidato Degaudenz per il centro-destra, sembra che si ripresenti il sindaco uscente D’Andrea che ha governato per 5 anni con Forza Italia, appoggiato ora dalla Margherita, che anche qui ha rifiutato un rapporto con la sinistra.
Dro: sindaco uscente Micheletti (area Ds) con giunta di centro-sinistra, la Margherita vuole un nuovo sindaco scelto fra i suoi.
Rovereto: i Ds (primo partito in città) non intendono presentare nomi propri, ma ragionare su una candidatura dell’area dei Popolari, purché condivisa; la Margherita, con la decisa scesa in campo di Dellai, intende imporre un proprio candidato scelto per conto proprio, Laezza (attualmente).
Come si vede, un insieme di dati univoco, che in via Suffragio hanno letto così: la Margherita si ritiene forte e intende approfittarne per renderci marginali. E’ chiaro che in quest’ottica l’Ulivo, inteso come coalizione, progetto comune, è morto e sepolto; siamo ancora al classico scenario da prima Repubblica: alleanze temporanee tra partiti sospettosi, con il sorriso in faccia e il coltello dietro la schiena.
"Voglio chiarezza - ci dice Mauro Bondi - Io voglio capire se c’è ancora la condivisione di un progetto, o se invece stiamo giocando, tra centro e sinistra, una partita a scacchi: ‘Un sindaco a me, uno a te, Ala vale due Dro..., X è in quota a voi, Y a noi...’ Se siamo a questo punto, non siamo contenti, ma ci adeguiamo."
Il fatto è che i giochi partitocratici sono ripresi alla grande non solo per le particolari perversioni del nostro sistema politico (come per esempio succede a livello nazionale); ma anche - e forse soprattutto - per l’emergere sempre più evidente di approcci diversi e confliggenti ai problemi del governo.
Anche qui facciamo parlare i fatti. Il più clamoroso riguarda i progettati impianti della Val Jumela, previsti dal Pup ma bocciati dal VIA per l’impatto su una zona di grande pregio naturalistico e ambientale. Servirebbero piste dalla scarsa sciabilità, ma che collegherebbero l’asfittica (sciisticamente) zona del Buffaure con quella del Ciampac e, in prospettiva, con il Sella Ronda (Val di Fassa: il collegamento Buffaure-Ciampac).
Sul problema si sono scontrate due impostazioni: quella di Dellai ("Gli operatori economici fassani, e gran parte della popolazione vogliono gli impianti, su di essi ci siamo spesi in campagna elettorale, ora dobbiamo mantenere") e quella della sinistra ("Sul territorio non si può decidere caso per caso sull’onda di spinte particolari: dobbiamo ragionare sull’insieme dello sviluppo del Trentino, su un progetto complessivo di turismo, sul posto dello sci; e di qui poi prendere le decisioni anche per la Jumela, e poi per il collegamento Pinzolo-Campiglio, Daolasa-Mastellina, Roen, ecc." - ci dicono, all’unisono Mauro Bondi dei Ds, Iva Berasi, assessore all’ambiente, dei Verdi, Mauro Leveghi, presidente del Consiglio regionale, socialista).
La Val Jumela e la questione impianti è solo il primo a venire al pettine di una serie di nodi legati all’ambiente: terza corsia dell’Autobrennero, PiRuBi, aeroporto. Insomma, tutte le scelte che rappresentano la declinazione pratica degli slogan sul tipo di sviluppo. Il tutto aggravato da dei blitz del presidente della Giunta, che con atti d’imperio ha ripetutamente depotenziato il ruolo dell’assessore all’Ambiente, la Verde Berasi (la sottrazione delle competenze sulle foreste; la proposta alla Commissione dei 12 per modificare l’unitarietà della gestione del Parco dello Stelvio, in buona sostanza per permettervi la caccia; e ora, sembra, il pratico smantellamento del fastidioso ufficio Via).
"Dal discorso generale sullo sviluppo del Trentino, sulla qualità del turismo, devono scendere le soluzioni alle singole questioni, non viceversa - afferma Leveghi - Se vogliamo i caroselli, il turismo del bip, dobbiamo deciderlo e attrezzarci di conseguenza, con più strade, maggiori collegamenti, per permettere alla gente di affluire e defluire con rapidità. Ma deve essere una scelta complessiva e meditata, non il risultato casuale - e magari non voluto - di una serie di delibere."
"Ci dicono che lo sviluppo sostenibile è un’ipotesi fragile? Può darsi- incalza Bondi - Però lo sviluppo economico serve per stare meglio, non per stare peggio: perché dobbiamo rovinare il Trentino per fare più soldi nell’immediato? E’ evidente che occorre un altro modello: ed è per questo che siamo al governo."
Il momento delle scelte sta disvelando la finzione dei programmi dell’Ulivo alle elezioni del ‘98: che attraverso silenzi e giri di parole, come QT aveva a suo tempo evidenziato, coprivano confliggenti idee sul futuro del Trentino. E ora i nodi vengono al pettine.
Secondo episodio: il recepimento della legge Bersani sul commercio e il problema della grande distribuzione. L’assessore competente Andreolli (Ds) presenta un disegno di legge organico, che non nega nuovi spazi alla grande distribuzione (ipermercati, centri commerciali, ecc) ma li subordina a una procedura che ne valuti l’impatto sul tessuto sociale-economico. Dellai che fa? Sconfessa il suo assessore e presenta un proprio emendamento che - in soldoni - è rigidissimo per il futuro, e sbraca per il presente, accogliendo con apposita sanatoria tutte le domande già presentate dalla grande distribuzione (Orvea, Poli, e soprattutto Sait dell’amico margheritino Fiorini). E’ il solito metodo: si manda a quel paese il disegno organico, per concedere favori agli amici.
In questo caso, prima della sinistra (Andreolli si limita a dissentire educatamente) si mobilita l’opposizione di centro-destra che annuncia ostruzionismi; e soprattutto insorgono i piccoli commercianti, che - già in difficoltà per motivi strutturali - non ci stanno ad essere anche presi per i fondelli.
Dellai imbocca una precipitosa marcia indietro e ritira l’emendamento. Ma il problema del metodo e degli obiettivi di governo rimane grosso come una casa.
Terzo episodio, la partita in formatica, con la privatizzazione di Informatica Trentina e la cablatura della provincia affidata a Infostrutture (vedi Informatica Trentina: azienda decotta o miniera d'oro?). Questioni nuove, sconosciute ai più, sulle quali ci si è mossi a tentoni. Dellai ha preso in mano di persona il problema, si è mosso con grande decisione, ma...
Andiamo per ordine. Su Informatica Trentina si è individuata una soluzione teoricamente corretta: privatizzare l’ente, che trovi la sua strada sul mercato, e scegliere il fornitore dei servizi informatici della Pat attraverso gare d’appalto tra più soggetti (tra cui ovviamente Informatica). Solo che, come abbiamo già scritto alcuni numeri fa, si è stabilita una lunghissima fase di transizione (5 anni) in cui Informatica, pur privatizzata, godrebbe dell’esclusiva della fornitura dei servizi alla Pat: a questo punto un foraggiamento pubblico (di almeno 150 miliardi) a una società privata, in barba ai conclamati principi di concorrenza, qualità dei servizi, convenienza. E’ ovvio che, con queste premesse, l’acquisto di Informatica sia un affarone, e i pretendenti si affollino.
Su Infostrutture il discorso è più complesso. La società, già proprietaria di 150 km di linee telematiche, dovrebbe provvedere alla cablatura con fibra ottica (il mezzo attualmente al top della tecnologia) dell’intero Trentino, per un totale di 680 km.
Che la cosa sia un grosso business lo si è capito quasi per caso. Attualmente sotto l’A22 ci sono già 30 cavi: una società americana ha chiesto l’affitto di uno di questi, l’A22 la ha invitata a proporre una cifra, e - con sua grande e gradita sorpresa - si è vista offrire un canone annuo di 650 milioni. Ovviamente la richiesta è stata prontamente accolta; e si è subito fatta una moltiplicazione: 650 (milioni) x 30 (cavi) fanno quasi 20 miliardi all’anno. Questo è il business del futuro: non è un caso che in ben dodici società stiano cablando Milano.
In Trentino - si dice - dei 680 km, quasi la metà non sarebbero "economicamente convenienti": di qui l’idea di una società come Infostrutture, a partecipazione pubblica, che avrebbe il compito di cablare (costo 90 miliardi) l’intero Trentino, senza creare zone svantaggiate. E qui è entrato in gioco Dellai: che con una serie di missive ha inteso far dismettere all’Autobrennero la sua partecipazione (maggioritaria) in Infostrutture, a favore prima di Informatica Trentina, poi di Trentino Servizi (la società che raggruppa le municipalizzate Sit e Asm, proprietari rispettivamente i Comuni di Trento e Rovereto) poi a favore dell’una ma solo come fase di parcheggio in attesa che... Un attivismo personale, sotterraneo, contraddittorio, non discusso con alcuno.
Un pessimo esempio di politica leaderistica e, come vedremo, velleitaria. Che per di più non poteva, intrecciandosi alla nota propensione dellaiana a piazzare suoi fidi in posti chiave, non ingenerare ulteriori sospetti. La troppo ricca privatizzazione di Informatica Trentina, non sarebbe finita con l’andare a foraggiare la Delta Informatica dell’amico Diego Schelfi, margheritino doc? I vorticosi giri di valzer attorno a Infostrutture, non finivano tutti con l’incrementare il potere di due uomini-chiave dell’entourage dellaiano, Giovannini e Duiella, ai vertici di Sit e Trentino Servizi?
E più in generale, che democrazia economica è mai questa? In cui un socio di minoranza (nell’Autobrennero la Pat conta il 4%), tenendo all’oscuro quello di maggioranza (la Regione, la cui presidente Margherita Cogo è stata bellamente scavalcata come non esistesse), "ordina" a una società privata di fare della propria proprietà prima questo e poi quello e poi altro ancora? E che modello di economia è sotteso a tutto questo lavorio? In cui i servizi (la cablatura del Trentino) non vengono affidati al mercato, ma in condizioni di monopolio a società pubbliche, gestite da amici di partito? Non è il modello Iri dell’Italia anni ‘60 velleitariamente riproposto nell’autonomo Trentino anni 2000?
Sotto il peso di queste contraddizioni il progetto di Dellai è entrato in crisi. Mentre scriviamo l’A22 ha soprasseduto alla cessione delle proprie quote di Infostrutture, e tutto il balletto di passaggi proprietari (Autostrada, Informatica, Trentino Servizi, Trento-Malè...) si è interrotto.
E’ tutto questo sistema di società parapubbliche a scatole cinesi che non funziona - commenta Leveghi - Abbiamo scarsissima trasparenza e pochi controlli su decisioni private in merito a risorse pubbliche."
"C’è un enorme problema di trasparenza e collegialità delle decisioni. Ma oltre a questo- afferma Bondi, ampliando il discorso - ci troviamo di fronte a due modelli economici: chi pensa si debbano creare delle holding pubbliche che forniscano i servizi; e chi dice che, per l’interesse del cittadino-utente, anche tra i fornitori di servizi deve esserci concorrenza, e l’interesse generale lo salvaguardi attraverso le convenzioni. Come l’immmondizia viene portata via dappertutto, anche nelle case fuori mano, così la cablatura dell’intero territorio la garantisci con le regole, non tanto con la costituzione di una società pubblica."
All’ultima direzione dei Ds, Margherita Cogo, presidente della Giunta regionale, ha parlato chiaro: "Oggi in Consiglio sulla questione Infostrutture ho fatto la figura della cretina, dicendo fesserie e sapendo di dirle. Tutto per coprire Dellai. Non si può andare avanti così." (vedi successiva precisazione della Cogo:Centrosinistra: cambiamo musica! n° 7 del 1.4.2000)
E'inevitabile che queste contraddizioni si ripercuotano a livello politico. Il cambiamento, brusco, è avvenuto con l’avvicendamento alla segreteria dei Ds. Fino a che segretario era Albergoni, che tranquillamente affidava a Dellai un ruolo di indiscussa leadership, e sull’altare del quieto vivere sacrificava i contenuti dell’azione di governo, problemi non ce n’erano. Ma con Bondi è subito stata un’altra musica.
Di qui due dinamiche. Da una parte la reazione dei dellaiani, che hanno iniziato a considerare la sinistra un alleato ormai ingombrante, da ridimensionare di brutto. Ed ecco spiegata la guerriglia sulle candidature ai Comuni, l’emarginazione - ove possibile - dell’alleato, gli accordi sempre più diffusi con spezzoni del centro-destra. Fino a far serpeggiare il sospetto di manovre preparatorie a un prossimo ribaltone.
Dall’altra un inatteso ricompattamento della sinistra. I troppi mesi di sudditanza al super-leader, avevano indotto nelle varie formazioni politiche di sinistra comportamenti da satelliti: scarsa convinzione nelle proprie ragioni, rissosità reciproca, smarrimento perfino dell’idea di appartenere al medesimo filone culturale.
"Indubbiamente si era smarrita la consapevolezza di rappresentare, nell’alleanza di centro-sinistra, una parte, con cultura e valori propri - ci dice Leveghi - Basti pensare che i Ds di Albergoni avevano rifiutato la nostra proposta di agire unitariamente in maggioranza, perchè così ci si sarebbe contrapposti alla Margherita..."
Ora l’unità della sinistra nella maggioranza è una questione di sopravvivenza: "E’ chiaro che io, di fronte alle aggressioni sul fronte ambientale, da sola non posso fare niente. Posso dimettermi, ma sarebbe una mera testimonianza - confessa l’assessore Verde Iva Berasi - Altra cosa è se tutti i consiglieri della sinistra rifiutano l’impostazione di Dellai su problemi come la Val Jumela..."
"Bisogna condurre assieme una battaglia all’interno della maggioranza - rincara l’on. Marco Boato, anch’egli dei Verdi - Perchè, prevalentemente nella Margherita ma non solo, c’è una carenza di cultura ambientale, rimasta in Trentino indietro rispetto a tante altre situazioni. E’ questo il dato da combattere, assieme al forte deficit di collegialità, e alla subalternità alla Margherita."
Mentre scriviamo non sappiamo l’esito della questione Val Jumela (in discussione in Giunta provinciale il giorno prima dell’uscita di QT). Comunque, a Dellai che ricordava "la sinistra ha tre assessori su undici" Bondi ha risposto a muso duro "su queste questioni non si vota, se si è una maggioranza si deve avere una visione comune"; e su questo tutta la sinistra si è trovata compatta.
Ed ha trovato alleati nella società. Non solo, come prevedibile, nelle associazioni ambientaliste; ma anche nella Sat, che in un duro comunicato ha condannato la distruttiva smania impiantistica, minacciosamente ricordando il peso dei propri 20.000 soci.
"Noi non siamo intervenuti pubblicamente - riconosce Ermanno Monari segretario della Uil - per la preoccupazione forse eccessiva di evitare il sindacalismo tuttologo. E forse abbiamo sbagliato, perchè non c’è dubbio: un modello di sviluppo basato ancora oggi su impianti sciistici impattanti, sulla PiRuBi ecc, è quanto di più regressivo si possa proporre al Trentino."
"I Patti territoriali, firmati da 80 associazioni della società civile, pongono con chiarezza alcuni punti - precisa Bruno Dorigatti, segretario della Cgil - Si parla di sviluppo sostenibile, e quello deve essere. Ora intendiamoci, siamo disponibili a fare passi indietro, anche sulla Val Jumela, ma solo se la cosa ha senso all’interno di un progetto complessivo e condiviso. Mentre qui sembra che la Giunta intenda rafforzarsi con operazioni meramente clientelari, onorando inamissibili cambiali elettorali. Su questa strada non ci stiamo; e siamo disposti ad andare allo scontro.
Così sui temi economici. C’è grande confusione, mancanza di chiarezza sulla partita di privatizzazioni, esternalizzazioni, cablatura: occorrerebbe un progetto chiaro e condiviso, che manca. E questo logora la Giunta; ma logora anche noi che ne siamo interlocutori nel sociale. Se si continua così ci troveremo a dover incalzare il governo con azioni adeguate."