Il teatrino della val Jumela
Fra rozza speculazione e ambientalismo di facciata.
Nella legislatura 1988-1993, la Giunta votò all’unanimità il no alla realizzazione degli impianti di risalita del Buffaure ed escluse categoricamente un utilizzo a fini sciistici della Val Jumela.
Chi l’ha detto, insomma, che "sulla Val Jumela bisogna decidere"? Si è già deciso e da ben due lustri: altro che ritardi della politica! Il problema è che di fronte ai no le pressioni economiche non si fermano, continuano a riproporre sempre la stessa domanda, a chiedere un "sì", e fino a quando la politica non cederà, ogni "no" sarà sempre e soltanto provvisorio.
Nella successiva legislatura, la scorsa, di fronte alle insistenti pressioni delle società impiantistiche la Giunta provinciale decise, ancora una volta all’unanimità, di dare il via libera alla realizzazione dell’impianto del Buffaure, ma a condizione di dichiarare definitivamente chiusa la partita. La Giunta strinse una specie di patto con gli impiantisti fassani: "Pur di lasciarvi realizzare l’impianto del Buffaure non lo sottoponiamo a valutazione d’impatto ambientale, ma in cambio dev’essere chiaro che questo impianto è davvero l’ultimo".
Quella delibera escludeva quindi ancora una volta - e, pareva, definitivamente - la possibilità di realizzare degli impianti di risalita in val Jumela. Anzi, la delibera impegnava la Giunta addirittura a modificare di conseguenza il Piano Urbanistico Provinciale, togliendo la val Jumela dalle aree sciabili. E siccome quella delibera non è mai stata annullata, teoricamente l’attuale Giunta è tuttora impegnata a rispettarla.
Sono passati solo pochi anni ed oggi ecco rispuntare fuori il solito ritornello: "Sulla val Jumela bisogna decidere". Questa volta con la valutazione d’impatto ambientale si fa addirittura peggio: la si trasforma in oggetto di trattativa tra partiti. Di questo passo, tra non molto, a decidere se una diga di terra sopra Stava sta su o crolla saranno chiamati i segretari di partito. E sarà dichiarato in maniera ufficiale che la diga è o meno sicura, secondo l’esito della spartizione delle nomine nel consiglio di amministrazione dell’Autobrennero. In ogni caso, la riduzione dell’istituto della VIA a carta straccia è stato considerato un prezzo accettabile pur di mettere la parola fine a questa vicenda.
Dopo il conchiuso di Giunta che ha approvato la realizzazione degli impianti di risalita in val Jumela, gli assessori della sinistra si sono infatti affrettati a dichiarare che "questo è l’ultimo errore".
Ma, diciamoci la verità, chi ci crede più, ormai?
Iportieri sono cambiati, ma siamo alle prese con lo stesso campionato, la stessa partita e lo stesso campo da gioco. Ad ogni gol subìto, tutti ci rassicurano del fatto che, però, questo è davvero l’ultimo. Ma chi si beve questa frottola è un ingenuo. Perché in una partita nella quale non c’è mai un arbitro che fischia la fine, se la nostra squadra gioca soltanto in difesa e se metà dei nostri giocatori cercano di fare autogol, sarà solo questione di tempo, ma è certissimo che subiremo altri gol.
Non è colpa di Pinter o della Berasi: in porta potremmo anche metterci Gianluigi Buffon, ma giocando soltanto in difesa, in una partita di durata illimitata, non si può sperare nemmeno in un pareggio. Se poi, per un attimo, Buffon esce dal campo, ci fanno trenta gol in dieci minuti.
Uscendo di metafora: lo sviluppo lo si può governare, ma di sicuro non lo si può fermare. Adesso, facendo la voce grossa, potremmo anche ottenere di approvare un Piano Urbanistico Provinciale ultrarestrittivo (magari pagando il prezzo di lasciar passare gli impianti in val Jumela), ma se non ci decidiamo a governare l’economia, ad indirizzare le spinte del mercato verso direzioni diverse, ecologicamente sostenibili, domani una qualsiasi altra giunta senza la sinistra cambierebbe nuovamente il Pup e in tre anni al massimo darebbe il via libera a tutto: Pirubi, Roen, aeroporto, terza corsia dell’autostrada e quant’altro. E nemmeno a quel punto sarà finita, perché il fischio dell’arbitro non arriverà mai.
E allora vien da chiedersi: l’obiettivo di questa sinistra è quello di promuovere lo sviluppo sostenibile o soltanto quello di far mettere a verbale che si è battuta per tutelare l’ambiente, raccogliendo i voti degli ecologisti? Se sul quaranta a zero Gianluigi Buffon, magari sincero e piangendo, andasse a dire ai suoi tifosi "ma io ho cercato di parare", loro, a differenza degli ambientalisti di casa nostra, come minimo lo inseguirebbero inferociti fin dentro gli spogliatoi.
Qui c’è la Provincia che con una mano concede contributi pubblici per realizzare impianti di risalita, facendo prendere all’assessore che concede i contributi i voti degli impiantisti, e che con l’altra mano dice che quegli impianti non si possono fare, facendo prendere all’assessore che dice "no" i voti degli ambientalisti. È un teatrino. Il punto di mediazione è sempre lo stesso: si fanno tre impianti, ma in cambio se ne fermano dieci. E tutti sono contenti. Dopo due o tre anni, però, quando torna fuori il solito "bisogna decidere", si fanno altri tre impianti e se ne fermano altri dieci.
Sulle piccole centraline idroelettriche, nella scorsa legislatura, accadeva più o meno lo stesso: la Provincia ricopriva i comuni di contributi per realizzare le centraline; di conseguenza, sul tavolo della Giunta arrivavano dai comuni decine di richieste per realizzarle; dopodiché, c’era un assessore che cercava di impedirlo perché "le centraline danneggiano la qualità delle acque".
A Bolzano, invece, dell’ambiente la Provincia se ne fregava altamente: la Giunta decise che avrebbe detto sì a tutti i comuni che avessero richiesto di realizzare una centralina idroelettrica; ma siccome la Provincia non sganciava nemmeno un soldo, sui tavoli della Giunta non arrivò quasi nemmeno una richiesta.
In un eccellente articolo su QT del 18 marzo, Luigi Casanova ha dimostrato che l’industria dello sci è profondamente in crisi. Di Casanova, però, qualcuno potrebbe dire che sia un estremista dell’ambientalismo. E lasciamo pure perdere anche tutti quegli esperti che sono intervenuti sulla stampa a dichiarare che la realizzazione di impianti di risalita in val Jumela è un investimento in perdita. Macché! A dirci questa verità sono gli stessi che chiedono di realizzare quegli impianti. Perché la società che gestisce il Buffaure non è venuta in Provincia a dire: "Lo sci tira tantissimo, la nostra società sta facendo un sacco di soldi e siccome vogliamo farne ancora di più vi chiediamo di lasciarci costruire nuovi impianti in val Jumela". Tutt’altro. Sono venuti a dire: "Lo sci è in crisi, la nostra società è nei guai fino al collo, per cui dateci i soldini per fare un altro impianto che così tiriamo avanti ancora qualche anno".
Poi magari, siccome (dannazione!) non nevica nemmeno più, l’unica possibilità di tirare a campare è far venire ancor più turisti in quelle poche settimane di neve: cosicché, per agevolare l’afflusso in quei pochi giorni, si chiede alla Provincia di realizzare nuove strade e di fare la terza corsia dell’Autobrennero. Tutto, ovviamente, a spese dei contribuenti.
Morale della favola: basterebbe che mamma Provincia la smettesse di foraggiare imprese in perdita e forse chiuderebbero anche gli impianti del Buffaure. E avremmo fatto giustizia di dieci anni di accondiscendenze, ritornando a quanto stabilito dal buon Walter Micheli. Come dire: l’economia di mercato tutelerebbe l’ambiente più della legge sulla VIA.
Vabbè, non siamo a tal punto estremisti da pretendere di tutelare l’ambiente come fanno nella patria del capitalismo, gli Stati Uniti, dove nei parchi è vietato toccare le rocce (che rispetto alle nostre Dolomiti sono dei banali sassi) perché il sudore disturba la digestione ai microorganismi e i rangers sparano a vista ai trasgressori. Ci accontenteremmo soltanto di non distruggere l’ambiente come hanno fatto in Unione Sovietica.
Qualcuno potrebbe dire che se chiudesse il Buffaure, o più in generale se non arrivassero più contributi pubblici, si perderebbero un sacco di posti di lavoro e la val di Fassa sprofonderebbe nella povertà. Ma è ovviamente una bugia. Semplicemente, si svilupperebbe un’economia diversa, probabilmente non orientata soltanto sul turismo o comunque orientata su un turismo diverso. E’ su questo punto che dovrebbe giocarsi la capacità della sinistra di governare l’economia, facendo in modo che s’indirizzi verso uno sviluppo compatibile con l’ambiente, di qualità, ad alto valore aggiunto di tecnologia.
Per quale motivo in Sardegna nasce Tiscali, che vale più della Fiat, non danneggia l’ambiente e crea posti di lavoro altamente qualificati, mentre in Trentino continuiamo a pensare che il nostro futuro sia fare i camerieri o gli addetti alle seggiovie? Qualunque studente al primo anno di ragioneria saprebbe rispondere: perché sino a quando si potrà mungere mamma Provincia, la propensione al rischio d’impresa sarà sempre soffocata.
E se oltre a questo i contributi della Provincia vanno pure ad imprese che distruggono l’ambiente ed a basso contenuto tecnologico, la frittata è fatta. In sintesi: qui non siamo di fronte ad una contesa tra gli interessi economici, da una parte, che distruggono inevitabilmente l’ambiente, e la politica, dall’altra, che cerca di tutelarlo; qui siamo di fronte ad una politica che da un lato indirizza l’economia verso la distruzione dell’ambiente, con operazioni oltretutto economicamente perdenti, e che dall’altro lato finge di voler tutelare la natura, limitandosi però ad un ambientalismo di pura facciata. Insomma, se a rinunciare al clientelismo proprio non ci riusciamo, e se i soldi della Provincia non si sa davvero dove buttarli, per favore, diamoli almeno a qualcun altro!
Detto questo, una seria riflessione andrebbe aperta sulla logica dei contributi, chiunque ne benefìci. Perché in un sistema nel quale l’abilità degli imprenditori non è quella di stare sul mercato, bensì quella di ottenere contributi pubblici, gli interessi economici e quelli politici rischiano d’incontrarsi.
C’è un solo modo per far funzionare un sistema economico bloccato: ungerlo. In un tale sistema, insomma, prima o poi le tangenti diventano inevitabili. O forse ci sono già?