Ambiente: una politica senza bussola
La Giunta Dellai travolge anche le valutazioni sulla sicurezza ambientale (valanghe e frane). La struttura burocratica viene piegata alle ragioni degli interessi economici e del consenso elettorale. La politica è afona, ma il conto lo pagheremo tutti.
Ogni bussola nel governo del territorio trentino è stata abbandonata o ripudiata. La Legge urbanistica provinciale del 1991, così come la prima, quella del 1964, indicava in dieci anni la validità del piano urbanistico provinciale.
Per comprendere la situazione presente bisogna ricordare che il piano in vigore è stato approvato nel novembre del 1987, diciotto anni fa, su dati vecchi orami di più di vent’anni. Le previsioni di sviluppo edilizio e insediativo che vi sono contenute sono state tutte completate e ampiamente superate. Nel recepire le indicazioni del piano provinciale, i comuni con i loro piani regolatori se ne sono in questi anni discostati ampiamente e sempre in eccesso.
La scadenza decennale dell’ obbligatoria revisione del PUP per riscrivere un nuovo equilibrio fra sistema ambientale, sistema produttivo e sistema infrastrutturale in Trentino, è scaduto da otto anni. Una scadenza che non è certo alle porte e su cui hanno già fallito le ultime cinque giunte provinciali che si sono succedute in piazza Dante.
La prudenza in questo vuoto di previsione dovrebbe indurre tutti a grande cautela, e ad attivare con il massimo impegno gli strumenti prudenziali di governo del territorio: la valutazione d’impatto ambientale su nuovi impianti e progetti, un’ interpretazione rigorosa della legge di gestione dei parchi, un’intransigente difesa delle residue aree agricole rimaste nei fondo valle.
Non è stato così, si è fatto anzi l’opposto. Alla rinuncia o all’incapacità politica di riprendere in mano in modo unitario la carta fondamentale del territorio trentino, si è risposto dando la stura ad una sagra di varianti e variantine, a livello provinciale e comunale, che ha assunto in questi ultimi mesi una frenesia sconcertante.
Impianti, insediamenti, espansioni edilizie che erano state considerate insensate per ragioni economiche, paesaggistiche, di sicurezza idrogeologica fino a pochi anni - in qualche caso mesi fa - hanno avuto il via libera da organismi tecnici e dalla Giunta. Si sta concretizzando in questi mesi un’abbuffata in stile anni Settanta, di cui pagammo scotti altissimi, con piccoli e grandi tsunami trentini, frane nella zona di estrazione del porfido (Albiano e Lases, 1986 e ‘87), impianti travolti dalle valanghe (Peio, 1985), alberghi e abitazioni invasi da fango e acqua, da Caderzone in Val Rendena a Mazzin in Valle di Fassa, (1987), tutti fenomeni rimossi e dimenticati, collocati nel limbo delle ritualità celebrative, una volta all’anno il 19 luglio, in tempo di Stava.
E non è che i moniti si siano arrestati agli anni Ottanta. Nel novembre 2000, il sistema di sicurezza e prevenzione dimostrò che eravamo giunti ancora una volta prossimi al limite, e il Trentino ancora una volta barcollò, non casualmente, laddove più forte si era avuta una pressione insediativa scriteriata.
Ci sono in Trentino leggi da aggiornare e una straordinaria banca dati di conoscenza del territorio da tenere permanentemente monitorata.
Ma anziché affinare le leggi in vigore le si è svuotate di efficacia, emendandone di anno in anno i contenuti e depotenziandone gli strumenti di gestione. Ciò è accaduto soprattutto alla legge di valutazione di impatto ambientale e ai suoi organismi burocratici operativi che, depauperati e sviliti, si sono contraddetti, hanno balbettato e alla fine perso credibilità nelle decisioni sulle più importanti infrastrutture proposte e preventivate in quest’ultimo quinquennio, dall’aeroporto, agli impianti della val Jumela, al mega-inceneritore.
Le serie indicazioni dell’ottima carta delle situazioni valanghive in provincia di Trento e l’autorevole gestione del territorio trentino da parte del Comitato tecnico forestale, che ha evitato negli anni tanti scempi irresponsabili, resistendo a pressioni politiche e lobbistiche di ogni tipo, sono state archiviate come storie d’altri tempi.
Il presidente della giunta Lorenzo Dellai ha definito quella precisa memoria storica roba vecchia, da anni Settanta, dimenticando che la carta delle valanghe è degli ultimi anni Ottanta e che il comitato forestale si è pronunciato in difformità alle decisoni votate in queste settimane per gli impianti di Daolasa ancora alla fine degli anni Novanta.
Così, dopo il collegamento Pinzolo-Campiglio che altera i siti di interesse comunitario, torneranno nel parco dello Stelvio gli impianti in Val della Mite, dove sono stati messi in sicurezza gi impianti, ma le piste, affidate alla responsabilità degli impiantisti, rimangono in zona ad alto rischio valanghe. E si farà l’arroccamento di Daolasa a quota 1.400 metri come volevano i padroni del vapore in Val di Sole, anziché a quota 1600 come gli organismi tecnici della Provincia avevano indicato per più di un decennio per evitare frane e smottamenti (vedi Val di Sole:
il collegamento Daolasa-Mastellina).
Come sorprendersi se, by-passato il discorso sicurezza per arroccamenti e impianti, tornano di moda anche i villaggi turistici nel Lagorai, il più intonso forziere ambientale del Trentino, e si consumano gli ultimi scampoli dell’infinito assedio all’ultimo fazzoletto di terra libero sulle sponde trentine del lago di Garda sull’area Linfano di Arco?
Hanno un bel dire i professori Daidola e Franch che quel modello di consumo del territorio non regge più nemmeno là dove è stato creato, nell’opulenta Padania lombardo-veneta. Il Trentino tira dritto!
Ovviamente si afferma che i nuovi insediamenti non avranno nulla a
che spartire con le vecchie Marilleva e i vecchissimi progetti Arcoporto. Probabilmente sarà così. Ma non è sul singolo progetto che vale la pena soffermarsi. E’ sempre auspicabile che i nuovi insediamenti abbiano effetti meno impattanti di quelli del passato, che più curati siano i progetti. Ma se una singola previsione si può sempre motivare e sopportare, è l’insieme che non regge, portando tra l’altro zone del Trentino ad una reciproca concorrenza fra poveri. Ne è un esempio l’asfittica area sciabile di passo Broccon, in concorrenza con la deficitaria area della Panarotta, entrambe in disperata emulazione delle grandi aree tipo Sella Ronda.
La politica è afona. Quando va bene c’è un’astensione sui singoli provvedimenti in Giunta provinciale. Niente sulla mancanza di un disegno d’insieme, niente sulla struttura burocratica piegata, niente sulle contraddizioni fra programmi, altisonanti atti di indirizzo e azione concreta. Una completa perdita di memoria di tante battaglie motivate condotte in passato.
La governabilità della Provincia, questa governabilità, non lo consente.
Si fa credere che il problema sia di quattro ambientalisti arrabbiati che non hanno capito i tempi nuovi; che tranne pochi irriducibili, c’è in giro un generale consenso che vale la pena di cavalcare.
La convinzione nostra è che pagheremo cara questa sagra irresponsabile, che lo scotto non lo pagheranno gli ambientalisti sconfitti nelle loro battaglie, ma il Trentino tutto, travolto da una politica senza bussola.