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QT n. 13, 30 giugno 2001 Servizi

Privatizzazione rinviata: una sconfitta

Il monopolio di Informatica Trentina non ha più ragione di esistere e blocca lo sviluppo del settore informatico.

Sulla privatizzazione di Informatica Trentina si è formato un inedito fronte: da una parte la Giunta di centro-sinistra di Dellai insieme all’Unione Industriali (la nostra Confindustria) a favore della privatizzazione, dall’altra l’opposizione di destra, assieme ai sindacati dei lavoratori, contraria in tutti i modi ad ogni ipotesi di dismissione. Onestamente, il cinismo dell’opposizione ha dell’incredibile: con quale programma intendono presentarsi alle elezioni del 2003? La nazionalizzazione degli impianti da sci?

La vicenda si è conclusa con un nuovo rinvio, ma ciò rappresenta la peggiore "decisione" per l’azienda, che naviga su prospettive future sempre più incerte. Ed è anche una cattiva politica industriale, perché il mercato informatico rappresenta una possibilità grazie alla quale la Provincia potrebbe fare veramente una politica a favore dello sviluppo delle reti, delle tecnologie e delle conoscenze. Ciò non può avvenire, almeno in ambito pubblico, se il monopolio di tutti i servizi informatici è appannaggio di una sola azienda, per di più di proprietà provinciale. In questo modo la Provincia – come big spender - non può più fare da volano per lo sviluppo delle società di informatica private della regione. A ben guardare, sarebbe molto meglio a questo punto che i tecnici di Informatica Trentina diventassero semplicemente tecnici provinciali. Almeno sparirebbe un monopolio del tutto innaturale.

La storia di Informatica Trentina risale ai primi anni Ottanta, quando la Provincia ebbe l’intuizione di creare una società assieme a Finsiel, allora del gruppo IRI, per sviluppare le tecnologie informatiche per la Pubblica Amministrazione. Ricordiamo che a quei tempi i personal computer non erano quel prodotto di massa che sono attualmente, ed il settore informatico era ancora in evoluzione. La condizione per lo sviluppo della società era la convenzione con la Provincia. Quest’ultima affidava ad Informatica Trentina la gestione di tutti i supporti informatici, cioè gestione delle reti, banche dati, creazione di software specifico, fino alla manutenzione delle macchine, dietro compenso di X miliardi. Con questa cassa sicura, Informatica Trentina doveva però emanciparsi e conquistare quote di mercato anche tra la clientela privata.

Sappiamo che ciò non è avvenuto: per l’80% del fatturato Informatica Trentina dipende ancora dalla Provincia e questa dipendenza è ancora più acuta se si guarda lo stile della società. Clima e ritmi di lavoro del classico servizio pubblico, giovani promettenti che letteralmente scappano, difesa feroce del monopolio, ormai messo in crisi dall’enorme diffusione delle tecnologie informatiche. Non a caso, quando al termine dell’assemblea di Dellai con i dipendenti, il Presidente ebbe a chiedere: "Insomma, volete restare provinciali?", "Siiii!" – rispose unanime il coro dei dipendenti. Ecco che allora per eliminare questo monopolio pericoloso per lo sviluppo del Trentino – e tramontata per ancora qualche anno l’ipotesi di privatizzazione – sarebbe opportuno ridimensionare la società.

Ipotesi tutt’altro che semplice:Informatica Trentina è troppo grande per potere essere sciolta - 220 dipendenti per 50 miliardi di fatturato – e, con questi chiari di luna, troppo piccola per giocare un ruolo importante nel mercato delle telecomunicazioni - l’80% del fatturato deriva dalla convenzione con la Provincia. Non si può che rimanere sconcertati di fronte al cinismo del centro-destra, che, rifiutando l’ipotesi di privatizzazione, di fatto condanna la società ad un ruolo marginale e, quel che è peggio ipocrita, perché non si vede la ragione perché a questo punto Informatica Trentina non possa diventare una branca della Amministrazione pubblica. L’Unione Industriali, sottovoce, mormora il proprio dissenso, ma non sembra in grado di esprimere posizioni di emancipazione dal tutoraggio politico della Casa della Libertà.

Su questo punto grava un equivoco. Molti - non tutti - degli oppositori della privatizzazione di Informatica, ne paventano, in pubblico o nei privati conversari, il passaggio, magari lautamente sovvenzionato, a Delta Informatica, società di proprietà di Diego Schelfi, grande elettore del presidente Dellai.

A noi sembra che le due questioni vadano scisse: una cosa è decidere se privatizzare Informatica, un’altra vigilare sulle modalità del processo, affinchè non si traduca in graziosi regali agli amici politici. Tenendo presente che Delta è una società seria, di recente ulteriormente rafforzatasi attraverso la fusione con altre società regionali: e che quindi un suo acquisto di Informatica non può esssere demonizzato a priori, ma serenamente valutato per il progetto industriale che saprà proporre.

Afianco dell’ipotesi privatizzazione - sostanzialmente sfumata - rimane l’ipotesi spezzatino: è assolutamente necessario non rinnovare più la convenzione di monopolio con Informatica Trentina, ma delegare solo alcuni servizi. Costringere l’azienda a suddividersi, e progettare quindi il passaggio di alcune di queste sue parti alle dirette dipendenze di qualche assessorato.

Cosa in ogni modo non facile, perchè, come abbiamo già detto, l’azienda è troppo grande per essere semplicemente assorbita.

E perchè Informatica Trentina è così grande? Perché fa tutto, ma anche perché la sua condizione di monopolio le ha permesso di chiedere di tutto.

Al contempo, l’azienda non si espande:si limita a vivere sul cliente Provincia. Pensiamo alle opportunità che può offrire il mercato informatico. La "Cad.it" (leader del software bancario) faceva 38 miliardi di fatturato nel ‘97, diventati 94 nel 2000. In mezzo c’è stata una quotazione nel nuovo mercato ed ora l’azienda progetta di espandersi nell’est europeo, in particolare in Slovenia. E noi siamo ancora qui a dire - per l’ennesima volta da quanti anni?- che Informatica Trentina dovrebbe cercare di trovare qualche contratto fuori dal Trentino.

La privatizzazione di Informatica Trentina costringerà la Provincia ad indire gare di appalto per i servizi attualmente forniti dalla società parapubblica. E’ questa la ragione principale di coloro che si oppongono al progetto di privatizzazione.

Vediamo allora quale è il ramo di attività di Informatica Trentina. In realtà, proprio per il regime di monopolio nella quale si è sviluppata, l’azienda fa cose eterogenee. Essenzialmente le attività più importanti sono tre.

La prima è la gestione della rete privata Telpat, una rete totalmente dedicata alle Pubbliche Amministrazioni del Trentino, sviluppata negli anni Ottanta. E qui già emerge qualche dubbio. Per esempio, la rete è proprietà Telecom e la Finsiel siede in Consiglio di Amministrazione proprio per salvaguardare gli interessi di Telecom. Ma l’esplosione di Internet permette oggi di utilizzare molte alternative ad un rete "privata". Quanto costa la manutenzione di Telpat rispetto al semplice affitto di una banda privata su rete telefonica, tanto per fare un esempio? E le tecnologie future non saranno forse tali da permettere risparmi su questa voce? Sul mercato ci sono piccole compagnie che gestiscono i traffici su rete per le grandi aziende, a Trento c’è la Cyber, per esempio. Ma è ovvio che la condizione di monopolio perpetuerà l’uso di Telpat, anche se questa può diventare - e forse già è - una soluzione non ottimale. E poi, perché non conferire la rete Telpat ad Infostrutture, che ha esattamente come obiettivo servizi di cablatura e di telefonia?

La seconda attività dell’azienda è la gestione della banca-dati provinciale (stipendi, pratiche, eccetera) e le rispettive macchine, grossi calcolatori IBM che necessitano di competenze specifiche. Questa attività è forse la più difficile da appaltare, perché non è facile trovare sul mercato tecnici in grado di comprendere il funzionamento di questi mega-calcolatori. Se proprio non si privatizza, allora forse val la pena di scorporare questa attività da Informatica Trentina e passarla direttamente sotto il controllo provinciale.

Infine la terza attività è ormai quasi bassa manovalanza e non ha più ragione di essere gestita a livello di monopolio: si tratta dello sviluppo del software dedicato all’attività della Provincia, per esempio le pagine web o le reti Microsoft locali, e dell’assistenza tecnica per le riparazioni dello hardware, per esempio la sostituzione del disco rigido. Un’attività che ormai – del tutto paradossalmente – la stessa Informatica Trentina delega spesso a ditte più piccole!

Insomma, è difficile non riconoscere che l’azienda necessita di essere messa al passo con i tempi. Si riconosca che il ruolo propulsivo dell’azienda si è esaurito (la pubblica amministrazione è ormai dotata di tutti i servizi informatici necessari per il suo funzionamento), ed Informatica Trentina non ha saputo guadagnarsi un ruolo autonomo dalle commesse provinciali.

Perciò non si vede la ragione di perpetuare l’ipocrisia di un monopolio pubblico mascherato da azienda privata.