Olimpiadi sprecone: la pista di bob
Progetti faraonici, danni ambientali, ritardi nei lavori e nessun ascolto degli inviti del CIO per una manifestazione più sobria
Fra le opere ritenute necessarie per lo svolgimento delle Olimpiadi invernali 2026 la pista di bob (associata a quelle dello skeleton e dello slittino) è senza dubbio quella più divisiva. Costi elevatissimi, occupa spazi in territori delicati, rimane, per la sua futura gestione, un costo ingiustificato per i territori che la ospitano. La federazione di questo sport è forte di 6 atleti maschi, 2 donne, 7 praticanti e qualche anziano, nostalgico dirigente. Ai tempi della candidatura per le Olimpiadi e Paralimpiadi di Milano-Cortina il Piemonte si era offerto per ospitare le gare di bob e di slittino. Con una spesa di poco più di una decina di milioni di euro venivano recuperate le strutture utilizzate per le Olimpiadi del 2006 e che hanno vissuto breve gloria: in quattro anni hanno ospitato 15 gare, poi sono state abbandonate: il comune di Cesana e la Regione Piemonte non riuscivano più a coprire le ingenti spese di gestione, superiori al milione di euro l’anno. Già allora si era partiti da un preventivo di spesa di 60 milioni, alla fine il costo è lievitato a 110 milioni. Oggi i lavori di ripristino dell’area e demolizione costerebbero altri 15 milioni. Cortina, la nobile e decaduta Perla delle Dolomiti, rifiutò sdegnosamente l’offerta. Oggi si propone la costruzione di una nuova pista sul posto della tecnicamente superata Eugenio Monti, chiusa definitivamente nel 2008. La pista era nata nel 1923 e prima delle chiusura aveva subito quattro costose ristrutturazioni.
In alternativa l’ambientalismo alpino italiano propose, fin dai tempi della candidatura Milano-Cortina, di utilizzare le piste, perfettamente funzionali, di Innsbruck, o quella di Schonau am Konigssee, in Baviera. Non se ne parla assolutamente - fanno capire gli organizzatori veneti dei giochi.
Il CIO soffre questa decisione, chiede con insistenza di evitare un impegno tanto gravoso: al di là dei temi ambientali come il consumo di suolo, energia e paesaggio, a spaventare è il costo dell’opera. I previsti 40 milioni sono già stati portati dalla Regione Veneto a 85 (62.000 euro al metro) e si parla di un costo di gestione minimale e oltremodo ottimistico annuo di 400 mila euro. Da dove attinge questi soldi la Regione? Dal suo capitolo di bilancio di previsione 2020-2022, Missione 06, intestato alle Politiche giovanili, sport e tempo libero. Scandalizzate dalla scelta, alcune associazioni ambientaliste nazionali e locali hanno scritto al Presidente del Consiglio e ai presidenti delle Province e Regioni interessate esprimendo una netta contrarietà e chiedendo un ripensamento delle scelte.
Le piste verrebbero costruite nella zona nord-est delle Tofane, territorio già offeso dalle piste dei mondiali di sci alpino. Quaranta ettari di spazio libero sono oggi alterati da scavi e cemento, se ne aggiungerebbero altri 20.
La pista sarà pronta?
L’Olympic Agenda 2020 del CIO, nel definire i criteri della sostenibilità per le Olimpiadi, raccomanda di evitare la costruzione di nuove strutture che poi non sarebbero utilizzate, aprendo alla possibilità di rivolgersi in zone fuori area (raccomandazione n. 2.1-2). Forte delle esperienze del passato, il CIO affermava e conferma che le strutture vanno costruite solo quando si dimostri una ricaduta positiva di lungo periodo per la loro utilizzazione e una sostenibilità economica nella gestione. La vecchia pista di Cortina, prima di venire chiusa anche per il ripetersi di incidenti mortali, costava alle casse del comune 330.000 euro l’anno. Siamo in presenza di uno sport elitario, estremamente costoso. Laddove si costruisce la pista si deve prestare attenzione anche alla visibilità, alle esigenze televisive, quindi ampi spazi naturali verrebbero liberati dalla vegetazione d’alto fusto che nel frattempo si è insediata. Servono poi spazi adeguati per i parcheggi, la sicurezza, elisoccorso compreso: come conciliare tutto questo con l’espansione edilizia arrivata a ridosso dell’area di gara?
Accanto a questi problemi, non certo marginali, si dovrà affrontare una bonifica del territorio occupato dalla vecchia struttura: abbondanza di amianto, cablature varie e impianti di raffreddamento da smontare e smaltire (ammoniaca). Ad oggi non esiste una relazione tecnica pubblica sul tema, immaginiamoci un progetto: nonostante questo, si ha il coraggio di affermare che il cantiere sarà aperto nella prossima estate. Il CIO, conscio della situazione di emergenza, aveva avanzato perplessità fin dall’autunno 2020 e nella primavera 2021 è ritornato a chiedere con fermezza soluzioni alternative. L’opposizione verso Cortina sta assumendo contorni che dovrebbero preoccupare qualunque amministratore pubblico. Il CIO riconferma che non verserà un euro, la pista se la pagherà solo la Regione Veneto. Il presidente della Commissione di Vigilanza sulle Olimpiadi 2026, il finlandese Sari Essayah, ha definito il progetto, irridendolo, “un parco intrattenimento”. L’interesse del CIO è quindi nullo. Ora gli ambientalisti chiedono esplicitamente al CIO di estromettere questo sport dal programma olimpico, come già avvenne nel 1960 nei giochi di Squaw Valley (USA). Certo è che negli interventi degli amministratori, siano questi locali o nazionali, dei 5 Stelle o di Fratelli d’Italia, non si è mai trovato un riferimento al dovere della sobrietà o ai cambiamenti climatici, quindi un impegno etico e morale per evitare, anche con queste inutili opere, l’aumento della diffusione della CO2 in atmosfera.
Le Olimpiadi posticipate?
Al CIO, agli ambientalisti, ad un affermato sociologo e autonomista bellunese come Diego Cason, risponde sdegnato il Bob Club di Cortina: “Non si tratterà di una struttura utile solo all’avvenimento olimpico, ma sarà un valore aggiunto per la valle intera: infatti si aggiungeranno nella gestione offerte di taxi bob, monobob, parabob”. Lasciamo al lettore ogni commento. Gli organizzatori veneti, dal sindaco di Cortina fino agli amministratori regionali, esprimono tutto il loro affanno con gli atti amministrativi e lanciano un fuoco di comunicati stampa e interviste per diffondere ottimismo; sul loro volto abbonda il solito sorriso di circostanza mentre provano ad accelerare una macchina in stallo. La Regione avvia per ora solo uno studio di fattibilità. Zaia, nelle conferenze stampa rituali, accompagnato dalla sua vicepresidente Elisa Berti, sottolinea evidenti, ovvie ricadute positive dello sport sui giovani: la struttura farà crescere talenti - sottolinea - e conferma il sostegno pieno a un investimento che a suo dire sarà un complemento ludico-turistico dell’offerta di Cortina.
L’assessora Berti invoca un impegno morale nell’evitare gli errori del passato. Così, contraddicendosi, per recuperare tempi ormai difficili da rispettare, chiede di andare in deroga agli strumenti urbanistici. Allo scopo i suoi pellegrinaggi a Roma sono frequenti, anche perché sa di dover recuperare credibilità anche sulla fattibilità di varianti stradali ritenute indispensabili all’appuntamento olimpico, quelle di Longarone e di Cortina. A Roma invoca il “metodo Morandi” e il commissariamento di ogni opera. Se si è arrivati a tanto, è evidente l’indiretta l’ammissione di una sconfitta dell’amministrazione regionale e della politica locale. Ma la perla, comica e tragica al contempo, è offerta dall’assessore regionale bellunese Gianpaolo Bottacin (Lega), che ipotizza di chiedere al CIO il posticipo dell’appuntamento olimpico. Come tempistica ricordiamo che nell’inverno 2024-25 si dovranno tenere le preolimpiadi.
Nel Consiglio regionale veneto siede Andrea Zanoni, un coraggioso politico, già europarlamentare del PD la cui voce rimane purtroppo isolata. Al presidente Zaia e agli assessori egli ricorda come la direttiva europea della VIA del 2014 non preveda deroghe nemmeno per progetti legati ai giochi olimpici. Anche qualora la vicepresidente Berti ottenga poteri speciali e una vagonata di commissari, non potrà comunque evitare la procedura di legge: una VIA su un progetto tanto complesso, oggi ancora da depositare, impiega due anni di procedura. È quindi più che opportuno rivolgersi subito, se non alla Baviera, alla vicina Innsbruck. Un soccorso transalpino è ormai più che opportuno, anche a costo di perdere la faccia.
La Lega padrona delle Olimpiadi
Con colpevole rassegnazione PD e specialmente i 5 Stelle hanno lasciato campo aperto alla Lega sulle Olimpiadi. Dovevano essere un appuntamento a costo zero, invece nel numero scorso abbiamo visto come le spese vengano ricaricate di trimestre in trimestre. Stupisce in particolare il comportamento omissivo del ministro bellunese Federico d’Incà (5 Stelle), che prima ha sostenuto ogni scelta, anche la più devastante, riguardante i mondiali di sci alpino di Cortina e che oggi dimostra una totale disinteresse per quanto accade attorno alle Olimpiadi. Certo, non ci si attendono miracoli, ma almeno chiarezza sulle spese. E un po’ di coerenza.
Invece di giochi internazionali assistiamo all’organizzazione di “Giochi delle autonomie” (Luca Zaia). Infatti le Olimpiadi sono affare solo della Lega, si tratta di un vero e proprio appalto a un partito come ha scritto Lorenzo Vendemiale sul Fatto Quotidiano. A spartirsi il tavolo miliardario sono Giorgetti (ministro dello Sviluppo economico, numero due della Lega e ispiratore strategico del partito), Fontana, Zaia e il piccolo Fugatti.
La capacità di infiltrazione della Lega ha dell’incredibile. Al coordinamento delle attività per i giochi olimpici invernali è stato imposto Alessandro Morelli, per lo Sport la sottosegretaria ed ex fiorettista Valentina Vezzali (giorgettiana), dal ministero di Enrico Giovannini (tecnico) passano tutte le opere infrastrutturali, specialmente strade e tangenziali, ad un altro avvocato vicino alla Lega, Mario Morelli, è stato dato un posto nello staff della Fondazione Milano-Cortina. Nel CdA entra pure Pamela Marassi, sempre in quota Lega e poi commercialisti come Andrea Donnini o il direttore commerciale Antonio Marano (paralleli alla Lega). Insomma, i tecnici grazie al lavoro di demolitore svolto da Renzi sono spariti. Le persone più preparate rimaste, da due anni attendono il varo della promessa Agenzia, la società statale che dovrà occuparsi di infrastrutture, progetti, appalti, finanziamenti, ma che è semplicemente scomparsa dall’orizzonte. Si mormorano nomi su chi dovrebbe guidarla, ad esempio Luigi Valerio Sant’Andrea, uomo vicino al PD, accompagnato dal discusso Luca Lotti. Nel frattempo si spende all’italiana, in allegria, nonostante non vi siano ancora entrate e solo grazie ad anticipi del sistema bancario. Intanto si assume: 60 dipendenti ad oggi, con uno stipendio, per legge, quasi esente da tasse.