Olimpiadi invernali: una sceneggiata
“Tutto va bene” - dicono lorsignori. Ma c'è qualche (grosso) problema.
C’è agitazione nella Fondazione Milano Cortina 2026. Nonostante gli sforzi e la complicità omissiva della maggioranza del mondo dell’informazione italiano, nonostante l’impossibilità di avere informazioni dirette dalle istituzioni,le preoccupazioni non si riescono più a nascondere. Eppure il presidente del CONI Giovanni Malagò fa il possibile per rassicurare: tutto va bene, stiamo recuperando, saranno le olimpiadi più sostenibili mai tenute. Sembra non crederci neppure il ministro dell’economia della Lega, Giorgetti, che in dichiarazioni pubbliche afferma di essere pentito per aver ospitato l’evento internazionale.
Mancano meno di due anni allo svolgersi delle olimpiadi e paralimpiadi invernali Milano-Cortina 2026. Alcune opere sono appena state iniziate, di altre nemmeno si conosce il progetto.
Nonostante che da oltre due anni ogni opera sia commissariata, con procedure amministrative semplificate, nessuna reale Valutazione d’impatto ambientale, affido delle opere in via diretta senza gare d’appalto europee, alcuni sindaci interessati vengono a conoscenza dei progetti, per lo più stradali, solo quando vengono convocati in Conferenza dei servizi.
E lì non si discute più: si accetta o si subisce, si deve decidere perché non si può perdere tempo in sottigliezze. ANAS, Ferrovie dello Stato, Terna, i tanti progetti di partenariato pubblico privato non possono più attendere.
Il cittadino italiano non è a conoscenza di nulla. La grande stampa informa solo sulla farsa della pista di bob. Perfino tre trasmissioni passate su RAI 3 nazionale, alcune di queste nell’insieme anche ben curate, hanno scelto di evitare le tre grandi emergenze delle prossime olimpiadi, con lo stravolgimento dei contenuti del dossier di candidatura del giugno 2019 grazie al quale L’Italia si è vista assegnare i giochi (in assenza di concorrenza, viste le contraddizioni della candidata alternativa, la Svezia, dove governo e città di Stoccolma erano su posizioni opposte).
Vengono accuratamente evitati i tre pilastri che avrebbero dovuto sostenere l’evento olimpico: costi. sostenibilità, legacy.
I costi
Dovevano essere olimpiadi a costo zero, si spendevano solo i soldi destinati alla gestione dell’evento, 1,35 miliardi di euro (500 milioni dal CIO, 500 milioni dagli sponsor e lotterie, 350 milioni dalle Regioni e Province autonome interessate). Perché? Ovvio, stava scritto: il 92 % delle strutture sono già operanti, abbisognano solo di qualche riqualificazione minimale. Nonostante le evidenti smentite della realtà, Malagò, membro dell’esecutivo del CIO, presidente del CONI, presidente della Fondazione Milano Cortina 2026 e il ministro dello sport Andrea Abodi insistono. Non si informano i cittadini italiani di altri 3,6 miliardi previsti e già stanziati per la costruzione delle opere; e parliamo solo dei soldi stanziati dallo Stato. Non sono compresi i soldi assicurati dalle Regioni, dal PNRR, da Terna e Ferrovie dello Stato. Un totale certo di spesa che supera i 5 miliardi, ma che verosimilmente vola verso gli 8 miliardi.
Perché una forbice tanto divaricata fra previsioni e realtà? Vedremo nei prossimi numeri come molte delle opere siano state demolite e vengano ricostruite: a Predazzo come a Tesero, in Valtellina come ad Anterselva, a Cortina come a Livigno.
Olimpiadi “verdi”?
Il secondo aspetto omesso riguarda la sostenibilità. Il dossier, recependo le indicazioni dell’Agenda olimpica 2020 del CIO, la direttiva europea e la legge nazionale del 2006, sostiene che tutte le opere nel loro insieme e nel profilo nazionale saranno sottoposte preventivamente a una Valutazione ambientale strategica.
Il passaggio invece è stato considerato una perdita di tempo. Solo tale procedura avrebbe permesso di valutare l’impatto ambientale dell’intero evento e delle singole opere, ma anche l’opportunità di costruirle o meno, o se riqualificarle. Sicuramente la pista di bob e il villaggio olimpico di Cortina sarebbero stati cassati da subito, e altre opere, anche trentine e altoatesine, fortemente ridimensionate. La procedura VAS avrebbe permesso lo svolgersi del processo di sussidiarietà, quindi il coinvolgimento dei sindaci interessati, del mondo tecnico–scientifico, del volontariato compreso quello ambientalista. La VAS avrebbe permesso un percorso di trasparenza evitando la evidente militarizzazione dell’evento tramite l’imposizione dei commissari. Con il governo Meloni e la gestione Salvini dell’evento siamo arrivati al punto di commissariare alcuni commissari, fin dentro la società pubblica Si.mi.co, la società pubblica preposta alla progettazione, gare d’appalto, realizzazione e collaudo delle opere (gennaio 2024). I commissari delle opere stradali sono saltati, tutti. I compiti subcommissariati all’ANAS, Non lo si dice, ma oggi la Fondazione Milano-Cortina conta oltre 300 dipendenti e Si.mi.co un altro abbondante centinaio.
Oltre alla sostenibilità si è quindi perso ogni passaggio di trasparenza e si sono violate leggi nazionali e direttive europee.
Questo sistema opaco potrebbe permettere alla malavita di incunearsi in ogni regione italiana: le varie mafie in doppiopetto sono pronte al banchetto. Specie dopo la cancellazione del reato d’abuso d’ufficio, specie ora con l’imposizione della legge bavaglio all’informazione.
Tanta segretezza non può che alimentare sospetti. Ma di cosa sarà accaduto in troppi cantieri ne parleremo dopo l’evento sportivo.
Si sappia che la parola sostenibilità, su 127 pagine, figura ben 97 volte.
E dopo che succederà?
Il terzo aspetto, la legacy (cioè l’eredità che le opere lasceranno alle future generazioni) è il fondamento dell’evento olimpico. Così affermano Malagò e il ministro. Si diffonderà cultura dello sport, formazione, si invertirà la tendenza allo spopolamento delle montagne, ogni opera realizzata avrà la certezza di un suo prolungato utilizzo. Il brutto esempio delle Olimpiadi di Torino 2006 non si ripeterà nemmeno su aspetti minimali. Solo a guardare al passato, non solo italiano, non sembra che sul territorio le olimpiadi abbiano fin qui lasciato impronte positive. Vediamo Torino 2006: gli impianti della pista del bob, i trampolini e stadi del ghiaccio sono stati chiusi, abbandonati e vandalizzati. Come era accaduto in alcune piscine che hanno ospitato i mondiali di nuoto di Roma nel 2009, o a Napoli che nel 2019 ospitò le universiadi: stadi, piscine, palazzetti dello sport e campi di tennis abbandonati. Divenuti spazi utilizzati come discariche. Le federazioni sportive non li hanno utilizzati. E ora il ministro dello Sport, schierato a occhi bendati con Salvini a sostegno della pista di bob di Cortina, in una delle trasmissioni televisive (Mi manda RAI 3) ha serenamente presentato un dossier di 53 grandi impianti sportivi abbandonati nel nostro paese.
Di legacy cosa rimarrà dopo le olimpiadi invernali 2026? Sicuramente la linea ferroviaria della val di Riga (BZ), qualche circonvallazione come Tai e Venas di Cadore, il superamento dei passaggi a livello nella linea ferroviaria della Valtellina, il villaggio olimpico di Milano e il palazzo di Assago.
Ma per il resto è facile prevedere il riversarsi di una colata di cemento che interesserà ancora la viabilità della pianura padana (Malpensa-Lecco), la Valtellina, Bormio, Longarone e Cortina d’Ampezzo, opere nemmeno iniziate che a oggi dovrebbero costare nel loro insieme oltre 3 miliardi di euro. E poi gli inevitabili collegamenti sciistici: Tonale-Bormio-Livigno in Lombardia, il devastante, definitivo assalto alle Dolomiti con i tre collegamenti Cortina-Badia, Cortina-Arabba, Cortina-Alleghe... una pugnalata mortale. È certo che i nostri giovani non avevano bisogno né dell’ulteriore sviluppo delle aree sciabili, né di cemento e asfalto nelle vallate. Nel contempo in tutte le montagne interessate la sanità viene privatizzata, l’accesso al mondo scolastico è sempre più impegnativo, la formazione del lavoro è assente e in troppe vallate manca ancora la banda larga, la mobilità pubblica viene demolita. Che ci si soffermi sullo scandalo della pista di bob per evitare di discutere dei temi strategici per il futuro delle montagne italiane?
Il piano della trasparenza si lega strettamente ai tre obiettivi sopra descritti. I commissariamenti delle opere non aiutano né i cittadini né le associazioni interessate ad avere chiarezza. Si è coperto il tutto con fitti veli, sempre più opachi. L’aver affidato ad ANAS molte delle opere previste preoccupa. Lo denunciava già 60 anni fa Antonio Cederna, parlando di un un ente che progetta senza mai tenere conto né dei diritti di chi guida e men che meno dei bisogni reali delle comunità locali. Vedasi la variante di San Vito di Cadore, le tangenziali di Sondrio e Longarone, o la bretella di Bormio.