Olimpiadi 2026: gli effetti collaterali
Si investe in mattone e nuovi collegamenti. Come negli anni ’60.
Giovanni Malagò vince su tutti i fronti. Non solo nel medagliere olimpico di Tokyo, ma anche sul fronte politico. Durante l’inverno è riuscito infatti a sconfiggere ogni proposta di riforma del CONI isolando i propositi dei 5 Stelle e dell’allora sottosegretario Giancarlo Giorgetti (Lega) che intendevano riportare lo sport sotto il controllo dello Stato. Ora il presidentissimo si sente un intoccabile, può allargarsi e lo fa in modo sempre più sfrontato. Non solo ha già assunto 120 dipendenti nella Fondazione Milano-Cortina 2026 in assenza di un decreto del governo in tema di stanziamento dei fondi, ma organizza gite illustrative nelle diverse località che ospiteranno i prossimi giochi. Ovviamente il tutto a spese del contribuente; per ora le uscite sono pagate con linee creditizie delle banche, che ovviamente dovranno essere rimborsate. L’ultima escursione si è tenuta a Cortina, tre giorni costati oltre 70 mila euro, e trascorsi in hotel di lusso e cene in alta quota. Vi hanno partecipato 100 persone, uno stupendo weekend.
Prossimamente entreremo nel dettaglio delle opere che ospiteranno le gare olimpiche, per ora è importante mettere in rilievo gli effetti collaterali di un simile evento sportivo. Sì, perché per un territorio le Olimpiadi sono simili alle guerre: stormi di speculatori vi si affacciano e si scatenano proponendo infrastrutture per lo più inutili allo sport, ma capaci di alimentare i portafogli privati attingendo ai cospicui finanziamenti pubblici. La solita storia all’italiana: si privatizzano i ricavi e si socializzano le perdite.
Partiamo dalla mobilità. È stato rispolverato un progetto degli anni ’80 che prevede di bypassare i quattro passi alpini con dei tunnel sotterranei sotto il gruppo del Sella. Una grande rotatoria nel ventre del gruppo montuoso smisterà il traffico automobilistico verso quattro direttrici che portano verso il Fodom-Arabba, verso Fassa-Canazei, Gardena-Selva di Gardena e Badia-Corvara. Il costo dell’opera previsto si aggira sui 600 milioni di euro.
La Regione Veneto, sempre pronta a tagliare il traguardo per prima quando si presentino follie in termini di costruzione di strade, ha già detto sì ed ha stanziato fondi per la progettazione dell’opera. Rimangono spettatrici possibiliste le Province di Trento e Bolzano. Come succede ormai per ogni progetto speculativo lanciato in questi tempi, l’opera viene presentata come green e sostenibile: i soldi mancanti si troverebbero nell’inesauribile Recovery plan.
Perché green? Ovviamente perché il traffico di transito da una località all’altra non dovrebbe più salire sui passi e poi ridiscendere: a detta dei promotori si riduce non solo il consumo di carburante, ma si eliminano dalle alte quote i rumori. Il fatto che i turisti vogliano invece godere del paesaggio proprio in cima ai passi sembra questione trascurabile, come sembrano trascurabili gli effetti di una montagna che sarebbe trasformata in groviera. Cosa accadrebbe alle falde idriche? Si è valutato come e dove si trasferirebbero i milioni di metri cubi degli scavi: smaltiti, recuperati, gettati dove? E si è pensato, in vallate ormai succubi della mobilità privata, soffocate dall’inquinamento, che il potenziamento della viabilità si traduce sempre in ulteriore aumento del traffico? Sembrano domande inopportune.
L’altra follia basata su una presunta mobilità alternativa, a detta dei promotori sempre green e sostenibile, riguarda tre proposte di nuovi collegamenti sciistici. Cortina-Badia, Cortina-Arabba e Cortina-Alleghe Civetta. A livello propedeutico si è già realizzato il collegamento Cortina-Son dei Prade-Bai de Donès verso le 5 Torri. Doveva essere terminato in occasione dei mondiali, ma a dimostrazione che queste opere non sono direttamente connesse ai bisogni dell’evento internazionale i lavori si stanno ultimando in queste settimane.
Il collegamento che sale da Pecol sarà il trampolino di lancio verso Passo Falzarego e passo Giau per completare i collegamenti ritenuti strategici. Superski Dolomiti passerebbe dagli attuali 1.100 Km di piste a quasi 1.300, il più intenso e vasto del mondo. Certa imprenditoria è sempre a caccia di record, a spese del territorio naturale.
Verso Badia sembra non vi siano risorse umane, culturali e politiche sulle quali investire per una opposizione convinta, è probabile che il collegamento venga completato nel 2023. Stracciare il Sas de Stria per arrivare ad Arabba sarà più arduo in quanto il comune di Livinallongo ha impostato una severa opposizione. L’idea della cordata di impiantisti era quella di sfondare le rocce della montagna, attraversare il Col de Lana (teatro di cruente battaglie fra austriaci e italiani con migliaia di morti) per poi, attraverso Andraz, arrivare ad Arabba.
Il collegamento attraverserebbe boschi già distrutti al 100% dalla tempesta Vaia, dove si imporrebbero opere paravalanghe di incredibile vastità, un intero paesaggio e un luogo sacro verrebbero sconvolti.
È ovvio, per come operano gli impiantisti in Dolomiti, che una volta realizzato questo collegamento il passo successivo sarebbe un ulteriore assalto a Porta Vescovo per arrivare in vetta alla Marmolada.
Il “Dolomiti No Cars”, così è stato denominato l’assalto al cuore delle Dolomiti, verrebbe completato con la costruzione del collegamento passo Giau-Selva di Cadore-area sciistica del Civetta. Per poi, in un tempo non proprio lontano, tentare nuovamente l’assalto al Monte Pelmo per scendere nella valle del Biois verso Cortina.
Gli impiantisti sarebbero disposti - bontà loro - ad investire nelle operazioni 64 milioni. Ovviamente si attendono un altrettanto cospicuo contributo dalla Regione Veneto, un po’ di spiccioli si raccoglierebbero dal Recovery fund, altri dai fondi dei comuni di confine. In fin dei conti, a loro dire, questa incredibile rete risolverebbe il problema della mobilità su gomma. L'imprenditore Mario Vascellari e i suoi amici dicono che ci si trasferirà da un comprensorio sciistico all’altro rimanendo in quota e con gli sci ai piedi, sostenendo che così finisce in Dolomiti l’epopea dell’auto (ricordate la Val Jumela e la Pinzolo-Campiglio per rimanere in terra trentina?). Sul tutto invocano ragioni di urgenza per evitare (si attraverserebbero zone di rete Natura 2000) le varie VAS (Valutazione Ambientale Strategica) e Vinca (Valutazione di incidenza) e uno specifico interesse generale, quest’ultimo sempre utile per attingere a fondi pubblici a larghe mani, o meglio, a ruspe alzate.
Sulle Dolomiti il ballo del mattone
Accanto alle proposte di nuovi collegamenti non potevano mancare gli investimenti nel mattone. A passo Giau una squadra di imprenditori russi (chissà attraverso quali vie arrivati in questo sperduto e fantastico angolo dolomitico) con la società Tsara Holding Limited e sede in un fantomatico palazzo di Cipro, ha proposto la riconversione di un edificio abbandonato da un decennio in un superalbergo a 5 Stelle. Si tratta del rifugio Enrosadira, che passerebbe ad un volume di 40 mila metri cubi dei quali 24.500 fuori terra, per 150 posti letto. Le dimensioni di oltre 100 appartamenti medi. Anche in questo caso si fa riferimento ai “Progetti turistici strategici di interesse regionale” per poter attingere a fondi pubblici. Si giustifica l’opera come rilancio di qualità di una zona che si sta spopolando, offrendo 100 posti di lavoro per dieci mesi l’anno.
Facciamo attenzione: Colle di Santa Lucia ha solo 357 abitanti. Il fatto che si sia in prossimità di un sito di Natura 2000, dell’area buffer di Dolomiti UNESCO, sembra non preoccupare né i proponenti né alcuni amministratori del Comune.
Un altro grandioso progetto propone opportunità ricettive di lusso. Protagonista è la famiglia di albergatori meranesi Meister. A Cortina d’Ampezzo, in una zona ad alta valenza turistica in quanto panoramica ed esposta al sole, al momento abbandonata e degradata, si vuole costruire un villaggio turistico “per coppie” su capanne, chalets e case sugli alberi con appoggio in un grande centro ristoro, piscina e wellness. Si tratta dell’area Mietres-Guargne verso Col Tondo. Alcuni terreni strategici sono già stati acquistati, ma l’iniziativa è stata male accolta dalla popolazione. Un sondaggio svolto dal Comitato Civico di Cortina che ha interessato quasi 1.300 abitanti ha evidenziato come l’86% dei cortinesi si dica contraria all’opera. In gran massa i residenti chiedono invece il recupero o la riconversione dei tanti alberghi o abbandonati o in situazione di degrado. Sulla base di simili dati anche l’amministrazione comunale è rimasta perplessa, propensa ad opporre un deciso diniego.
Diversa e più preoccupante è la situazione ad Auronzo, ai piedi del lago di Misurina in zona Federavecchia. Qui la famiglia Meister ha fatto inserire analogo progetto con 41 fra chalets e case sugli alberi in un masterplan regionale (in Regione vi sono 3 varianti di questo masterplan, nessuna delle quali resa pubblica o deliberata).
Il governatore Zaia è sempre sensibile alle proposte di cementificazione degli spazi liberi, non solo nella “sua” pianura, ma anche sulle alte quote, identificando ovunque lo sviluppo con colate di cemento e asfalto. In questo caso il progetto è stato depositato in Comune l’8 agosto 2020; è sempre basato su un presunto Interesse regionale, ma incredibilmente il comune non ha mai dato risposta. In questo caso buona parte dell’amministrazione comunale, sia di maggioranza che di opposizione, sembra favorevole all’operazione. Una certa opposizione viene messa in campo, speriamo con incisività, dalle Regole di Villagrande.
Il percorso amministrativo sarà comunque faticoso. È necessaria una variante urbanistica, l’imposizione di deroghe difficilmente sostenibili anche sotto il profilo tecnico e giuridico, una modifica sostanziale del piano d’area Auronzo-Misurina e del Piano territoriale di coordinamento provinciale. Ma qui i Meister vogliono combattere fino alla fine. Affermano di aver già acquistato terreni per un valore di circa 3 milioni di euro e vorrebbero una nuova viabilità di accesso verso Col de Colauto partendo dall’abbandonato Hotel Cristallo sulla strada verso Misurina. Giustificano la ciclopica opera come progetto di “Top quality”, con l’assunzione di almeno 60 addetti con specifica formazione e lavoro esteso su dieci mesi l’anno. A loro dire l’opera va inserita nel PNRR regionale in quanto risponde ad una vera rivoluzione verde, ad una effettiva transizione ecologica. Si investe nella digitalizzazione e nella innovazione. Si mitigano i rischi idrogeologici presenti sul territorio e si tratterebbe di reale “rigenerazione urbana”, contraddicendosi in quanto la zona è oggi libera da ogni insediamento, vi è uno stupendo bosco multispecifico e adulto, un’area a pascolo ricca. Ma a loro dire ben tre parametri del PNRR verrebbero corrisposti.
Rimane il fatto che ad oggi l’area interessata è priva di ogni servizio, dalla accessibilità ai bisogni essenziali, dagli acquedotti allo smaltimento dei reflui, dalla banda larga all’appoggio elettrico, fino ai parcheggi. La zona interessata è una vasta area umida, una rara torbiera di alta quota, affascinante nella sua semplicità e completezza, ampia oltre 20 ettari.
È proprio questa la zona che permette una visione paesaggistica straordinaria: verso le Tre Cime di Lavaredo, verso il Cristallo, il Sorapis. Come scrivono affascinati i fratelli Meister: “Il sogno di ogni bambino è costruirsi una casa tutta sua sull’albero o una capanna nel bosco. Un sogno che non svanisce mai”.
Sulle Dolomiti, grazie all’appuntamento olimpico, si aprono così una serie di “sogni” che sarà nostro impegno seguire nella loro evoluzione. Auspicando che questi spazi rimangano liberi: il regno di foreste basate sull’impronta naturalistica, il regno di vegetazione e fauna rara tipiche delle zone umide, spazi ancora liberi da ogni ulteriore antropizzazione. Zone che devono permettere nel futuro a bambini e adulti di poter non solo sognare natura autentica, ma anche viverla.